CH677613A5 - - Google Patents
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Description
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Descrizione
L'invenzione si riferisce ad una miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, con una fase solida pulverulenta costituita prevalentemente da polimeri ed una fase liquida costituita prevalentemente da monomero. La miscela e definita nella rivendicazione 1. Dette fasi vengono quindi unite ai momento dell' uso per formare una resina di consistenza plastica, che poi con il tempo indurisce.
Detta miscela, chiamata comunemente cemento osseo, è nota per essere utilizzata in chirurgia ortopedica per fissare tenacemente, nei più svariati punti dello scheletro umano, protesi di vario tipo. Il termine «cemento» potrebbe indurci a considerarlo impropriamente un collante. In realtà la sua azione consiste invece nel perfetto riempimento degli spazi esistenti tra la protesi, generalmente metallica, e la cavità ossea preparata per il suo impianto. Tale azione di riempimento, associata ad una minima espansione fisica della resina durante la polimerizzazione, assicura un ancoraggio meccanico e la perfetta congruenza dell'impianto all'osso. L'impiego più conosciuto di detto cemento osseo, al quale faremo riferimento senza con ciò limitare la portata dell' invenzione, è quello legato all'applicazione della protesi dell'anca.
Tale tecnica operativa viene ora di seguito schematicamente illustrata, al fine di meglio comprendere la stessa invenzione. Una volta diagnosticata la necessità di sostituire la testa del femore con una protesi, si raggiunge chirurgicamente la detta testa e la si mette a nudo, in modo da poter eseguire la resezione della stessa. Quindi si procede con l'alesatura del canale midollare, in modo che la cavità si adatti alla forma della protesi.
Si procede quindi alla preparazione del cemento, unendo la fase liquida a quella solida ed amalgamando il tutto fino ad ottenere un impasto plastico. Il cemento cosi ottenuto viene introdotto nel canale midollare, e mentre è ancora plastico si immerge la protesi e la si posiziona accuratamente. Si attende da dieci a quìndici mi nutì perchè avvenga l'indurimento del cemento, quindi si riposiziona il femore con la nuova testa nella posizione corretta.
Analogo procedimento viene riservato per il posizionamento dì una coppa protesica acebolare fissata alla componente articolare del bacino. Si procede quindi alla chiusura del taglio aperto chirurgicamente, concludendo così l'intervento.
Poiché il cemento ortopedico è posto a contatto diretto con il tessuto osseo, illustriamo la composizione chimica di quest'ultimo. Il tessuto osseo presenta due componenti: una componente inorganica, detta anche minerale, elle costituisce l'Impalcatura rigida del tessuto, ed una componente organica, detta anche biologica, che rappresenta la parte «vivente» della struttura.
La componente minerale è costituita da idrossiapatite calcica, che precipita nei tessuto sotto forma di cristalli, a seguito dì una reazione biochimica che avviene nella matrice organica del tessuto, in particolari condizioni di ambiente ( PH, concentrazione, etc.) e in presenza di enzimi.
La componente organica della struttura è riconducibile ad un tessuto connettivo, cioè un insieme dì cellule più o meno specializzate ed attive, immerse in una matrice prodotta dalle cellule stesse, in questa matrice, prodotta dagli osteoblastì, cioè le cellule specializzate nella formazione del tessuto osseo, precipitano i cristalli minerali dando origine a idrossiapatite.
II tessuto osseo così strutturato, una volta maturo, si organizza in lamelle che possono formare trabe-cole ossee o tessuto osseo più compatto, detto anche corticale.
Le cellule contenute nel tessuto osseo metabolicamente stazionario sono dette osteociti, mentre le cellule deputate alla demolizione ed al riassorbimento del tessuto sono dette osteoclasti. Sia gli osteoblasti che gli osteoclasti sono cellule metabolicamente attive e soggette a numerose regolazioni sia di tipo fisiologico che dì tipo indotto artificialmente, siano esse di natura chimica, biologica o fisica, trasmesse alle suddette cellule da sostanze chimiche, quali ormoni o farmaci, o da sollecitazioni fisiche, sia dì tipo meccanico che di tipo elettrico o elettromagnetico. Dalla pratica clinica, a seguito di un impianto protesico ortopedico cementato con resine acriliche, si è riscontrato che l'uso dei cementi ossei noti presenta i seguenti inconvenienti.
In un certo numero di casi si verifica uno scollamento o mobilizzazione asettica dell'impianto dopo un periodo variabile di tempo. Detto fenomeno costituisce la complicanza maggiore di questa tecnica chirurgica, ed è in definitiva l'elemento condizionante ii risultato dell'intera operazione.
Detto scollamento awiene a livello dell'interfaccia cemento-osso e si manifesta con il riassorbimento localizzato del tessuto osseo circostante l'impianto, e con la sostituzione di detto tessuto da parte di un tessuto fibroso reattivo, anche di notevole spessore, che provoca la mobilizzazione dell'impiantò.
La letteratura mondiale attribuisce un ruolo primario, nel meccanismo che provoca tale scollamento, all'elevata temperatura raggiunta dall'impasto durante l'indurimento, a seguito delle reazioni esotermiche prodotte dalla polimerizzazione. La temperatura raggiunta dall'impasto durante la polimerizzazione varia, nell'uso clinico, dai 70°C ai 90°C a seconda dei cementi usati, come illustrato da Mjoberg B., Rydholm A. et Al. nell'articolo «Low-versus high-viscosity bone cernent» pubblicato su Acta Ortop Scand: 58, 106-108, nel 1987.
L'impasto ad elevata temperatura a contatto con la superficie ossea interna del canale midollare produce una scottatura del tessuto osseo, che in seguito dà origine alla formazione di una membrana necro-tico-fibrosa, costituita da cellule ossee morte, che avvolge completamente la massa cementizia introdotta nell'osso. Tale membrana aumenta continuamente col passar del tempo.
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In seguito aile ripetute sollecitazioni della protesi, determinate dal carico trasferito ad essa, detta membrana viene compressa e portata a schiacciamento, creando quindi un gioco tra l'impianto protesi-cemento e l'osso.
Tale gioco consente alia protesi cementata un movimento sempre maggiore, il quale innesca ed amplifica l'usura dei materiali fino al fallimento dell'articolazione ricostruita.
In taluni casi, subito dopo l'introduzione del cemento nella cavità midollare dell' osso, si verìfica nel paziente una depressione cardio-respiratoria, dovuta alla eccessiva quantità di monomero liquido entrato in contatto con il tessuto osseo.
Il verificarsi di detta depressione rende necessaria la somministrazione di opportuni farmaci al paziente ancora sotto intervento, al fine di evitare allo stesso possibili collassi cardio-respiratori. Questo effetto può essere quantomeno ridotto diminuendo la quantità del monomero liquido necessario al corretto impasto.
Il ricorso ai sali di fluoro per via orale nel trattamento delle sindromi osteoporotiche, cioè di rarefazione patologica della struttura osseo, si basa sulle osservazioni condotte dal dott. Roholm sui lavoratori professionalmente esposti all'assunzione per inalazione o ingestione di notevoli quantità di composti fluorurati. I meccanismi di azione dei fluoruri sul tessuto osseo sono controllabili e riproducibili, come riportato in articoli di vari autori sulla rivista «Fluoride in medicine» VischerT.L. Ed., del 1970.
L'azione del fluoro si esplica con un duplice meccanismo, uno di tipo biochimico e l'altro di tipo biologico.
Nel meccanismo biochimico si ha l'incorporazione dello ione fluoro nella struttura minerale dell'osso, con conseguente aumento delle dimensioni dei cristallo di idrossiapatite. Ciò determina la diminuzione della idrosolubilità dell' idrossiapatite e l'aumento della forza di legame tra la matrice organica e gli stessi cristalli, con conseguente miglioramento delie caratteristiche più propriamente meccaniche della struttura ossea. Un aumento dell'indice di cristallinità è stato determinato sperimentalmente mediante misurazioni allo spettrometro ai raggi infrarossi.
Nel meccanismo biologico avviene invece la stimolazione diretta degli osteoblasti, rilevabile dall'aumento del loro numero e della loro attività, sia pur con transitorie modificazioni morfologiche degli stessi, e quindi con conseguente neoproduzione di matrice ossea non calcificata. Conseguenza istomòr-fometrica di tale successione è l'aumento di volume delle trabecole che può raggiungere il 20% già nel primo anno di trattamento.
Con riferimento al meccanismo biochimico, si deve notare che lo ione fluoro viene rapidamente captato dal tessuto osseo, ed incorporato nella struttura minerale dell'idrossiapatite, dove spiazza il gruppo idrossilico (-OH), formando fluoridrossiapatite (FAP). Lo ione fluoro può spiazzare fino al 25% dei radicali idrossilici della idrossiapatite, con una concentrazione massima alla saturazione dell'osso pari 20 000-35 000 parti per milione, equivalenti a 40-70 mg di fluoruro di sodio (NaF) per grammo di tessuto osseo.
Tale valore rappresentà però il massimo teorico in corrispondenza della saturazione chimica dell' osso.
I valori reali sia dosabili in corso dei trattamenti per via orale, che misurabili nella fluorosi ossea professionale, sono ovviamente molto più bassi a causa dello stato di equilibrio che si viene ad instaurare tra la quantità assunta, la quantità eliminata per escrezione renale, la quantità captata dalle ossa e la quantità liberata per effetto del tempo di dimezzamento del fluoro presente nelle ossa, che è di circa due anni.
Tale somministrazione del fluoro sistemica, ovvero pervia orale, presenta r seguenti inconvenienti.
II farmaco assunto in elevate dosi può determinare un accumulo eccessivo in tutto lo scheletro, con conseguente fluorosi ossea patologica, e manifestare tossicità su alcuni organi del paziente, la qual cosa rende necessario una riduzione del dosaggio del farmaco, e può inoltre indurre un livello inaccettabile dell'accumulo locale, ovvero nella sede dell' impianto.
il compito dell' invenzione è di almeno minimizzare gli inconvenienti citati.
Il compito è stato risolto come detto alla parte distintiva della rivendicazione 1.
Le ricerche svolte sui fenomeno dello scollamento hanno condotto a individuare i seguenti fattori determinanti Io scollamento stesso:
- la reazione infiammatoria cronica provocata dai detriti dei materiali impiegati per le protesi;
- il cedimento meccanico del cemento, e degli altri materiali impîgati, dovuto ai carichi notevoli e ciclicamente variabili, cui sono sottoposti i materiali durante il quotidiano uso della protesi;
- la lesione del tessuto osseo, provocata dal contatto diretto con la resina acrilica durante la polimerizzazione, dovuta all' elevato calore liberato dalla resina a seguito di una reazione di polimerizzazione esotermica; come illustrato in letteratura, la soglia del danno termico per le strutture biologiche è di circa 70°C, oltre tale soglia dette strutture vengono irreversibilmente denaturate;
- reazione biologica del tessuto osseo in senso «autodistruttivo» o catabolico, provocata dalle abnormi stimolazioni biomeccaniche, dovute all'impianto protesico sotto carico ed esercitate in corrispondenza dell' interfaccia cemento-osso.
individuate le suddette cause dello scollamento, al fine di prevenire od almeno limitare tale fenomeno ci si è orientati alla realizzazione di un cemento osseo caratterizzato da migliori prestazioni di resistenza meccanica, da basso calore di polimerizzazione, al di sotto della soglia del danno termico alle strutture biologiche, ed associato con sali dì fluoro, i quali possono liberare localmente ioni fluoro, in concentrazione sufficiente e non nociva, in modo graduale e prolungato nel tempo.
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II vantaggio principale, offerto dall'invenzione, è costituito dal fatto che, grazie ad una accurata scelta della granulometria e della forma delle particelle costituenti la fase solida del cemento osseo, la quantità di monomero liquido, necessaria per portare una intera dose di polvere di cemento a reagire completamente e ad ottenere così una accurata ed omogenea miscelazione, è ridotta drasticamente rispetto alle 5 usuali quantità utilizzate.
Tale riduzione della quantità di liquido, tenuto conto che il calore sviluppato nella reazione di polimerizzazione è proporzionale alla quantità di liquido, determina un proporzionale abbassamento della quantità di calore emessa dalla reazione di polimerizzazione, la qua! cosa si traduce poi, a parità di massa di cemento, in una diminuzione della temperatura di polimerizzazione assoluta.
io Tale temperatura viene così contenuta entro i 55°C rispetto ai 70°/90°C raggiunti nell'impiego clinico dai cementi noti, senza per questo influire negativamente sulle caratteristiche meccaniche di resistenza dei prodotto.
Un secondo vantaggio, determinato sempre dalia riduzione della quantità di fase liquida impiegata per ottenere l'impasto cementizio, è dato dal fatto che diminuiscono le probabilità di rischio di un collasso car-15 dio-respiratorio del paziente, a seguito della somministrazione del monomero liquido.
Altro vantaggio, confermato dagli esperimenti eseguiti su campioni di cemento secondo invenzione, condotti in laboratorio rispettando le normative inglesi ISO/DP 5833/1, è dato dal miglioramento delle caratteristiche meccaniche del cemento stesso rispetto alle analoghe caratteristiche meccaniche dei cementi noti, ottenute con le stesse prove effettuate e riportate nella tabella 11. Un ulteriore vantaggio, può 20 essere prodotto dall'aggiunta facultativa del fluoro, sotto forma di sale, direttamente nel cemento osseo. Infatti la somministrazione del fluoro in loco, a contatto con l'osso che deve riceverlo, eliminando gli inconvenienti della somministrazione per via sistemica, migliora notevolmente la disponibilità di fluoro da parte dell'osso, mettendolo a disposizione per un lungo perìodo di tempo. E' infatti noto che l'entità del rilascio è legata a diversi fattori quali: la dimensione delle molecole dell'additivo, la temperatura e I'idrata-25 zione dell' ambiente, l'estensione della superficie di contatto cemento-ambiente.
Inoltre è stato appurato che l'entità del rilascio è maggiore in presenza di:
- mìnimo od assente legame chimico tra additivo e polimero costituente il cemento;
-pìccole dimensioni delle molecola dell'additivo;
- temperatura elevata;
30 -grande superficie di contatto tra polimero e tessuto osseo;
- liquidi biologici a contatto con il polimero.
Alla luce di tali studi, ed uscendo dal ristretto campo dell' applicazione degli antibiotici, si è giunti alla conclusione che il fluoruro di sodio è una sostanza particolararmente adatta ad essere rilasciata localmente, con modalità lenta e controllata.
35 infatti il fluoruro di sodio presenta le seguenti caratteristiche:
- contiene fluoro in quantità maggiore per unità di peso;
—la molecola è semplice e di dimensioni assai limitate;
- non sono possibili legami chimici tra atomo di carbonio e ione fluoro, e quindi tra polimero e fluoruro addizionato;
40 - la diffusione del fluoro in forma ionica dal cemento all'ambiente esterno, è dovuto a erosione-contatto di superficie dell'acqua presente nell'ambiente che porta in soluzione il fluoruro di sodio, estraendo Na+e F-;
- non è stato evidenziato legame chimico tra la idrossipatite dei tessuto osseo ed il polimetracrilato di metile del cemento, al contrario lo ione fluoro possiede un tropismo documentato assai spiccato per tale
45 struttura minerale ed è da essa elettivamente captato, per spiazzamento dì gruppi idrossili (-OH-).
Tenuto conto che la percentuale in peso secco di fluoro presente nel tessuto osseo oscilla ai livelli fisiologici tra lo 0.06% e lo 0.10%, e che l'intervallo terapeutico di sicurezza oscilla tra 0.21% e 0.4%, ne consegue che il dosaggio del sale di fluoro mira al contenimento della concentrazione di F~ localmente entro detto intervallo.
50 Pertanto l'alterazione delle caratteristiche di resistenza meccanica del cemento, a seguito dell'aggiunta di sali di fluoro in percentuale adeguata all'ottenimento delle condizioni di cui sopra, risulta trascurabile, come è dimostrato dai test di laboratorio. Infatti l'entità delle variazioni delle caratteristiche di resistenza (5-10%) rientrano perfettamente entro i limiti di una accettabile oscillazione dei valori medi delle dette caratteristiche, oscillazione dovuta ad esempio alle diverse composizioni dei polimeri, o alla visco-- sità durante la fase di polimerizzazione od ancora alle diverse tecniche di preparazione e cementazione attuate.
Altri vantaggi appariranno nel corso della seguente dettagliata descrizione di alcuni esempi realizzativi dell'invenzione, riportati a titolo di esempio non limitativo dell'invenzione stessa.
Con riferimento ad una dose di cemento ortopedico necessaria per fissare una protesi dell'anca, la fa-60 se solida del cemento osseo secondo invenzione è costituita da 40 g di polvere la cui composizione è la seguente:
—polimetil metacrilato (-(CsHsOaV-) 97%
- benzoile perossido (C14H10O4) 3%
La fase liquida è costituita invece da 14 mi delia seguente soluzione;
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-monometil metacrilato (C5H8O2) 99,10%
- N-N-dimetil-p-toluidina (C9H13N) 0,89%
- idrochinone ~20 ppm
Riportiamo un secondo esempio in cui il cemento osseo contiene un sale di fluoro, in tal caso la composizione della fase solida è la seguente:
-fluoruro sodico (Na F) 5,0%
- polimetil metacrilato (-(CsHsC^n-) 82,3%
- benzoiie perossido (Ò14H10O4) 2,7%
La fase liquida presenta invece una composizione identica a quella del caso precedente.
Le prove sperimentali svolte in laboratorio hanno preso in esame differenti tipi di cemento osseo, reperibile in commercio, oltre naturalmente al cemento secondo invenzione.
La strumentazione utilizzata per ottenere i dati che sono poi stati riordinati in apposite tabelle riportate più avanti, sono:
- per la documentazione fotografica si è utilizzato un microscopio OPTIPHOT-M, dotato di sistema fotografico MICROFLEX FX della NICON.
- per la documentazione granulometrica ci si è avvalsi di un sistema SYMPATEX, granulometro Laser.
I tipi di polvere di cemento ortopedico presi in esame sono i seguenti: campione n. 1 della ditta CMW1 ; campione n. 2 della ditta SIMPLEX; campione n. 3, secondo invenzione; campioni n. 4, e n. 5, ottenuti in laboratorio variando la granulometria delle polveri. Dalle analisi al microscopio ed al granulometro Laser e dalle prove di laboratorio su dosi standard di 40 g di polvere si è visto che:
- il campione n. 1, dal punto di vista morfologico, si presenta come una polvere costituita da poche sfere, da un certo numero di sferoidi di forma irregolare, di dimensioni paragonabili alle dette sfere, e dalla presenza di polverino amorfo.
Per ottenere un impasto dotato di una determinata lavorabilità sono occorsi 22 mi di monomero liquido. Dal punto di vista delle caratteristiche meccaniche di resistenza, le prove standard, svolte secondo le dette normative inglesi Standard B.S. 3531 (parte 7), hanno dimostrato che detto campione sono conformi ai valori richiesti dai test.
Per quanto riguarda poi l'analisi granulometrica è da notare che la percentuale di passante al setaccio ottico da 0,90 um è del 3,40%, al setaccio da 10,50 um è del 16,87%, al setaccio da 103,00um è del 100%. La superficie specifica calcolata è pari a 0,127 m2/cm3.
- il campione n. 2, dal punto di vista morfologico, si presenta come una polvere costituita da un certo numero dì sfere con la presenza di polverino amorfo, mancano completamente gli sferoidi.
La quantità di fase liquida assorbita è di 20 mi.
Le caratteristiche meccaniche di resistenza del detto campione sono conformi ai valori richiesti dalle citate norme.
Dai dati dell'analisi granulometrica si nota che la percentuale di passante al setaccio da 0,90 p.m è del 2,38%, al setaccio da 10,50 |im è del 25,23%, al setaccio da 103,00 um è del 100%.
La superficie specifica è pari a 0,122 m2/cm3.
- il campione n. 3, che è una forma realizzativa della presente invenzione, dal punto di vista morfologico, si presenta come una polvere costituita essenzialmente da particelle perfettamente sferiche dì varia granulometria, ed è assolutamente priva di particelle provenienti da macinazione dei polimero.
La quantità di fase liquida assorbita è di 14 mi.
Le caratteristiche meccaniche di resistenza del campione del cemento osseo secondo invenzione sono conformi ai valori richiesti dalle normative Standard B.S.
Dai dati dell' analisi granulometrica si nota che la percentuale di passante al setaccio da 0,90 firn è del 1,12%, mancano completamente le classi granulometriche da 2,60-3,10-3,70 um, la percentuale di passante al setaccio da 10,50 p.m è del 6,68%, mentre al setaccio da 87,00 um la percentuale passante ha già raggiunto il 100%. La superficie specifica misurata è pari a 0,061 m2/cm3.
- il campione n. 4, dal punto di vista morfologico, si presenta come una polvere costituita solamente da sfere, mancano quindi completamente il polverino amorfo e gli sferoidi.
La quantità di fase liquida assorbita è di 13.
Le caratteristiche meccaniche di resistenza del detto campione non raggiungono i mìnimi previsti dai test
Dai dati dell'analisi granulometrica si nota che mancano completamente le classi granulometriche fino al setaccio da 5,00 firn, la percentuale di passante ai setaccio da 10,50 p.m è solo del 0,51%, mentre al setaccio da 103,00 |im è del 100%.
La superficie specifica è pari a 0,022 m2/cm3.
- il campione n. 5, dal punto di vista morfologico, si presenta come una polvere costituita solamente da sfere, mancano quindi completamente il polverino amorfo e gli sferoidi.
La quantità di fase liquida assorbita è di 13 mi.
Le caratteristiche meccaniche dì resistenza dei detto campione non raggiungono i minimi previsti dai test.
Dai dati dell'analisi granulometrica si nota che l'andamento della distribuzione è molto simile a quello del campione n. 4, infatti mancano completamente le classi granulometriche fino al setaccio da 4,30 |im, la
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percentuale di passante al setaccio da 10,50 jim è solo del 1,31%, mentre al setaccio da 103,00 jim è del 100%. La superfìcie specifica è pari a 0,025 m2/cm3.
Riportiamo in tabella I, per semplicità di confronto, i dati più significativi, relativi all'anàlisi granulometrica effettuata sui cinque campioni esaminati.
TABELLA!
CAMPIONE n. 1 2 3 4 5
SETACCIO da
3,40%
2,38%
1,13%
0,00%
0,00%
fino a 0,90 jim
0,914-2,20 firn
4,84%
3,71%
1,13%
0,00%
0,00%
2,21-^3,70 um
1,92%
2,71%
0,03%
0,00%
0,00%
3,71-^10,50 Jim
6,71%
16,43%
4,39%
0,55%
1,31%
10,514-25,0 um
15,85%
24,00%
17,64%
4,75%
9,32%
25,01-^51,0 um
42,66%
27,87%
49,76%
39,59%
42,66%
51,01-r-73,0 Jim
20,09%
16,88%
22,10%
38,13%
34,85%
73,01-^87,0 Jim
4,28%
4,82%
3,82%
12,42%
9,66%
oltre 87,01 Jim
0,26%
1,21%
0,00%
4,55%
2,20%
SUPERFICIE SPECIFICA
0,12749
0,12246
0,05935
0,021894
0,02552
m2/cm3
MONOMERO ASSORBITO
22
20
14
13
13
da una dose mi
Come precedentemente detto i cinque tipi di cemento sono stati sottoposti a prove di compressione, utilizzando dei provini preparati tutti nelle stesse condizioni ambientali ed utilizzando un apposito stampo cilindrico delle dimensioni di 25 mm di diametro e 10 mm dì altezza, come previsto dalla normativa inglese citata.
Tutti i provini sono stati preparati il giorno precedente alla prova stessa e le modalità di esecuzione della prove stesse hanno rispettato i dettami delle dette norme.
Riportiamo di seguito in tabella II i valori medi delle resistenze a compressione, relativi a 20 prove ciascuno, ottenuti come rapporto tra carico di cedimento ed area della sezione del provino.
TABELLA II
CAMPIONE n. 12 3
4
5
RESISTENZA A COM- 84,5 89,0 106,0 PRESSIONE MPa
65,0
60,0
RESISTENZA MINIMA A COMPRESSIONE: 70,0 MPa (secondo norme BS 3531)
Dal confronto dei campioni sopra citati appare chiara l'importanza di una accurata scelta, sia dal punto di vista morfologico che granulometrico, della polvere polimerica da utilizzarsi per l'ottenimento del cemento osseo.
Infatti se la scelta ricade, come nei campioni 1 e 2, su un tipo di polvere costituita da una mescolanza di polimero in forma di sfere di varia granulometria, mescolate con polverino amorfo e/o con sferoidi irregolari, le conseguenze che scaturiscono datale scelta sono principalmente due:
a) la polvere, per poter raggiungere una determinata lavorabilità standard, deve necessariamente assorbire una quantità notevole di monomero liquido;
b) si ottengono cementi ortopedici con caratteristiche meccaniche di resistenza superiori ai limiti imposti dalle norme di accettazione Standard B.S.
Se d'altra parte la scelta cade invece, come per i campioni 4 e 5, su un tipo di polvere costituito solo da sfere di diametri pressoché tutti uguali, o comunque tali che non vengano rispettate determinate proporzioni tra le percentuali passanti ai vari setacci ottici, ie conseguenze che scaturiscono da tale scelta sono le seguenti:
a) la polvere, per poter raggiungere una determinata lavorabilità standard, assorbe una quantità minima di monomero liquido;
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b) si ottengono cementi ortopedici con caratteristiche meccaniche di resistenza inferiori ai limiti imposti dalle norme dì accettazione Standard B.S.
Si vede pertanto che nel primo caso si ottengono i vantaggi derivanti dalle buone caratteristiche meccaniche del cemento, ma non si riesce ad eliminare gli inconvenienti dovuti alla presenza di una eccessiva quantità di monomero liquido, e cioè elevate temperature di polimerizzazione e shock cardio-respiratorio.
Nei secondo caso, invece, si evitano gli inconvenienti dovuti alla quantità eccessiva di monomero liquido, ma non si raggiungono caratteristiche meccaniche di resistenza sufficienti per garantire il buon esito finale per l'impianto della protesi artificiale.
Nel caso del campione 3, cioè net caso del cemento secondo invenzione, la scelta di un particolare tipo di polvere con le citate caratteristiche morfologiche e di granulometrìa, consente di raggiungere contemporaneamente entrambi i vantaggi, sia quelli derivanti da una limitatà quantità dì monomero liquido, sia quelli derivanti da ottime caratteristiche meccaniche di resistenza.
Da quanto finora detto, appare chiaro che la scelta di una polvere polimerica costituita da sole sfere è valida solamente se sono rispettate sia la granulometria che la percentuale relativa delle varie frazioni di passante al setaccio.
Infatti, la presenza di una frazione passante ai setaccio da 0,90 p.m pari al 1,13% svolge una funzione importantissima, cioè quella di riempire gli spazi vuoti lasciati dalle particelle più grandi in contatto tra di loro. Questo fatto permette dì ottenere un cemento più compatto e quindi molto più resistente, e pertanto adeguato agli usi ortopedici.
Nel caso in cui detta frazione di passante fosse maggiore, ad esempio eccedente il 2.0%, come nei casi dei campioni n. 1 e n. 2, gli effetti superficiali si farebbero preponderanti, e pertanto occorrerebbe aumentare la quantità di monomero liquido per portare a reagire l'intero impasto, e per raggiungere la predeterminata lavorabilità. Se inoltre le particelle non sono più sferiche ed hanno perciò una elevata superficie specifica, il fenomeno viene ulteriormente accentuato.
Nel caso in cui detta frazione passante fosse completamente assente, come nei casi dei campioni n. 4 e 5, gli spazi tra le particella di dimensioni maggiori, rimarrebbero riempiti dal solo monomero, ed il risultato finale sarebbe un cemento friabile, con deboli caratteristiche di resistenza, inadatto all' uso ortopedico, pur anche se la temperatura di polimerizzazione risulta contenuta entro valori non nocivi.
Claims (6)
1. Miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, composta da una fase solida, costituita da un polimero polimetil metacrilato (-(CsHsOafo-) e da un catalizzatore benzoile perossido (Ct4Hio04), e da una fase liquida a sua volta costituita da un monomero' monometil metacrilato (C5H8O2), da un accelerante N-N-dìmetil-p-toluidina (C9H13N), e da uno stabilizzatore idrochinone, caratterizzata dal fatto che:
a) - la fase solida è costituita esclusivamente da particelle di forma sferica,
b) - che le particelle sono presenti nel vaglio secondo differenti diametri fino a 87,00 um, e c) - che le particelle di diametro fino a 0.90 um costituiscono la parte compresa fra lo 0.6% e ed il 2.0% in peso.
2. Miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, come detto a rivendicazione 1, in cui la fase liquida, necessaria per far reagire una dose standard di 40 g di fase solida, costituita da 14 mi, ed in cui detto polimero in polvere, a particelle di forma esclusivamente sferica, risulta costituito da:
-sfere del diametro sino a 0,90 um, con percentuale compresa tra 0,60% e 2,00% in peso;
-sfere del diametro da 0,91 a 3,70 um, con percentuale compresa tra 0,80% e 2,00% in peso;
- sfere del diametro da 3,71 a 10,50 jim, con percentuale compresa tra 3,00% e 500% in peso;
- sfere del diametro da 10,51 a 25,00 um, con percentuale compresa tra 15,00% e 19,00% in peso;
- sfere del diametro da 25,01 a 51,00 jim, con percentuale compresa tra 45,00% e 55,00% in peso;
- sfere del diametro da 51,01 a 87,00 um, con percentuale compresa tra 22,00% e 28,00% in peso; essendo la percentuale totale di polimero in polvere passante al vaglio da 87,00 um pari al 100%.
3. Miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, come detto a rivendicazione 1 0 2, caratterizzata da un contenuto, compreso tra il 3,0% e il 9,0%, di fluoro F in forma di sale di fluoro, il quale è in grado di liberare gradualmente ioni fluoro F~, mettendoli a disposizione dell' osso.
4. Miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, come detto a rivendicazione 3, in cui alla fase solida viene aggiunto, nelle proporzioni specificate, almeno uno dei seguenti sali: sodio fluoruro (NaF); ammonio fluoruro (NH4F); sodio monofluoro fosfato (NaaPOsF); sodio silico fluoruro (NaaSiFe); stagno fluoruro (SnFz); potassio fluoruro (KF); magnesio fluoruro (MgFg); litio fluoruro (LiF); zinco fluoruro (ZnF2); potassio esafluorofosfato (KPFe); ammonio esafiuorofosfato( NH4PF6); sodio esafIuorosilicato(Na2SiF6).
5. Miscela cementifera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici, secondo rivendicazione
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4, in cui la fase solida ed il sale di fluoro sono messi in commercio congiuntamente entro la stessa confezione.
6. Miscela cementìfera a due fasi, particolarmente adatta per usi ortopedici secondo rivendicazione 4, in cui la fase solida ed il sale di fluoro sono messi in commercio in confezioni separate.
8
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