Capitolo 1
Workers’ buyout: definizioni e caratteristiche
Salvatore Monni, Giulia Novelli, Laura Pera, Alessio Realini 1
1.1 Le radici storiche
La letteratura sulla storia del movimento cooperativo fa risalire al
1844 l’anno di nascita della prima cooperativa di consumo di beni di
prima necessità a Rochdale, nei pressi di Manchester (Bernardi, 2007;
Solera, 2012). La Cooperativa di Rochdale, a differenza di altre esperienze
precedenti, deve il suo successo all’idea di fidelizzare i soci attraverso il
meccanismo della ripartizione degli utili in proporzione agli acquisti,
ossia al numero delle operazioni effettuate con la cooperativa (Bernardi,
2005; Memorie Cooperative, 2014). L’idea semplice quanto rivoluzionaria (Hansmann, 1996) resta tuttora alla base del successo del movimento
cooperativo: ad esempio, la produzione diretta dei beni per la vendita e la
raccolta di depositi da parte dei soci quale strumento di capitalizzazione
della società (Bernardi, Treu, Tridico, 2011). Qualche anno più tardi,
nel luglio 1849, si assiste alla nascita della prima cooperativa in Italia: la
Società Operaia e Cooperativa di Consumo (Scalera, 2011). Oltre a fornire
sussidi ordinari, la cooperativa ha svolto una serie di attività utili per soddisfare i bisogni essenziali dei soci tra cui le scuole serali, un magazzino
sociale e una panetteria (Gera, Robotti, 1989).
Osservando i primi casi di autogestione, Humberto Miranda riporta
il primo caso in cui i lavoratori di una fabbrica inglese di tabacco decidono, nel 1819, di occupare l’impianto che li aveva impiegati fino a
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Gli autori desiderano ringraziare il Dott. Gianluca Laurini di Coopfond, il Dott.
Giuseppe Daconto di Fondosviluppo, i rappresentanti di General Fond e il Dott.
Alessandro Viola di CFI per aver condiviso i dati aggiornati sui workers’ buyout italiani.
Un ringraziamento sentito ad Alberto Zevi per le molte discussioni e alla Dott.ssa Keti
Lelo per aver contribuito alla realizzazione delle mappe sulla distribuzione geografica dei
workers’ buyout per regione.
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quel momento per iniziare a produrre in maniera del tutto indipendente
(Humberto Miranda, 2011). In Italia, il fenomeno può essere fatto risalire al 1874 quando il proprietario di una fabbrica di stoviglie e maioliche
dona l’impresa ai lavoratori che la trasformano nella Cooperativa Ceramica
d’Imola, diventando così la più antica cooperativa italiana di produzione e
lavoro (Briganti, 1976; Reggi, 1974).
1.2. Le definizioni di workers’ buyout
Il fenomeno dei workers’ buyout (WBO) è un’operazione di Mergers &
Acquisitions (M&A) e «fa riferimento all’operazione di acquisizione del
capitale di un’impresa da parte dei dipendenti della stessa» (Cataudella,
2016: 437) prevedendo
«un fenomeno di ristrutturazione aziendale o di riconversione in cui i
lavoratori acquistano una quota di maggioranza dell’impresa che li impiega, o di una divisione o di una sussidiaria, e presenta spesso la partecipazione attiva dei lavoratori nella gestione dell’azienda» (Bernardi,
Monni, 2016; CECOP-CICOPA, 2013; Vieta, 2014, 2015: 5).
Inoltre, l’antropologo argentino Andrés Ruggeri li descrive come «unità
economiche che attraversano un processo di transizione dal modello di
proprietà e gestione privata, alla gestione collettiva da parte dei lavoratori»
(Ruggeri, 2016b).
Sono storicamente due gli scenari che determinano l’avvio del processo
di WBO e che sono stati esaminati nel corso degli anni dai ricercatori: la
mancanza di un successore alla guida dell’azienda oppure il rischio di fallimento o bancarotta (CECOP-CICOPA Europe 2, 2013). Nel primo caso
l’impresa, pur offrendo un prodotto o un servizio apprezzato dal mercato,
manca della presenza di un familiare o di un successore pronto a rilevare il
business. Per questo, il proprietario decide di lasciare che siano i lavoratori
stessi ad acquistare l’azienda convertendola in una cooperativa di lavoro.
Nel secondo caso, l’impresa registra una perdita di fatturato dovuta a cause
come una tecnologia obsoleta, carenze di efficienza, sovradimensionamento, etc. I lavoratori si confrontano quindi con la possibilità che l’azienda
venga chiusa o che questa sia già stata dichiarata fallita o in bancarotta e,
attraverso un percorso istituzionale, decidono di salvarla trasformandola
in una cooperativa (CECOP-CICOPA, 2013).
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La CECOP-CICOPA è la confederazione europea delle cooperative industriali e dei servizi.
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Le forme attraverso cui può essere realizzato un buyout sono molte e
variano in base al soggetto che porta a compimento l’operazione. Si possono
dunque rilevare le seguenti tipologie:
• Management Buyout (MBO), dove un gruppo di manager acquista
l’azienda in cui lavora, assumendo la figura di manager/imprenditori. Solitamente tali operazioni hanno successo in quanto i soggetti
promotori conoscono a fondo l’impresa (Cataudella, 2016).
• Leveraged Buyout (LBO), dove un gruppo di investitori professionali (un fondo di venture capital e private equity) acquista la
società con lo scopo di rivenderla dopo averne incrementato il
valore ottenendo un margine (Montalenti, 1991). Si possono avere
LBO amichevoli e ostili a seconda del fatto che la società approvi
o meno l’acquisizione. Anche le operazioni di MBO possono assumere l’appellativo di Leveraged Management Buyout nel caso in cui
si tratti di un caso di MBO in cui i manager fanno ampio ricorso
alla leva per perfezionare l’operazione di acquisto (Morano, 1989).
• Family Buyout, a cui si ricorre soprattutto in occasione del passaggio
intergenerazionale in aziende a conduzione familiare. Si tratta di una
tecnica che permette al familiare o al ramo familiare interessato all’acquisizione del controllo totalitario dell’azienda di finanziarsi attraverso
l’azienda stessa per ottenere i mezzi necessari all’acquisto delle partecipazioni di altri membri della famiglia non interessati a rimanere
all’interno dell’impresa (Bausilio, 2014).
• Il workers’ buyout (WBO), in cui, come detto, i soggetti promotori
sono i dipendenti dell’azienda stessa i quali procedono all’acquisizione
e assumono un ruolo imprenditoriale.
I MBO e i WBO ricadono all’interno di una realtà ben definita: l’azienda vive un forte periodo di crisi interna e i gruppi interessati all’acquisto procedono ad una ristrutturazione della compagine proprietaria con
l’intento di risanare l’impresa. La prima differenza tra i due strumenti, che
emerge fin dal nome dell’operazione, consiste nel soggetto che compie
l’operazione: i lavoratori nel WBO e i manager dell’azienda nel MBO.
In secondo luogo i WBO si caratterizzano per un ridotto ricorso alla leva
finanziaria dal momento che, nella maggioranza dei casi, il problema strutturale dell’azienda target è l’eccessivo livello di indebitamento. Inoltre, il
ricorso alla leva può essere evitato grazie all’intervento di intermediari
specializzati, tra cui una serie di investitori istituzionali e finanziatori che,
come vedremo in seguito nel caso italiano, apportano le risorse finanziarie
necessarie per effettuare l’operazione.
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È altresì importante sottolineare che una forma differente di acquisto
e conversione aziendale, spesso erroneamente considerata sullo stesso
piano rispetto al WBO, si è affermata negli ultimi decenni tra i paesi
sudamericani e che prende il nome di empresas recuperadas por sus trabajadores (Petrovic, Cvejic, 2015; Ruggeri, 2016a; Ruggeri, Vieta, 2014;
Vieta, 2013, 2014, 2016; Vigliarolo, 2011, 2016). Il fenomeno, nato in
Argentina e cresciuto sia numericamente che d’importanza in seguito alla
crisi economica del 2001, si differenzia dai WBO poiché «i lavoratori
subentrano ai legittimi proprietari attraverso un processo di occupazione
fisica dei beni aziendali e di lotta operaia che continua anche per settimane
o mesi fino a che l’azienda non viene riaperta solitamente come cooperativa di lavoro» (Vieta, 2013: 7) Anche se non sono così conosciuti come le
storiche ERT sudamericane, i WBO europei promettono allo stesso modo
di salvare posti di lavoro, aziende e comunità locali.
1.3. Le tipologie di workers’ buyout
Il percorso che i lavoratori intraprendono per convertire le aziende
in difficoltà in cooperative o in altre forme di imprese autogestite non
è unico. I WBO e in generale le conversioni delle imprese sono percorsi
influenzati da una serie di fattori: il contesto economico nazionale e regionale, la presenza di forti organizzazioni sindacali e di un movimento cooperativo, il supporto statale attraverso benefici economici di natura fiscale
e un quadro normativo di riferimento (Borzaga, 2015). In generale, è
possibile suddividere i WBO in base al processo che seguono per acquisire
l’azienda target (Vieta, 2016):
• WBO in forma cooperativa nati da conflitti lavorativi;
• WBO in forma cooperativa nati da piani negoziali;
• WBO - Employee Share Ownership Plan (ESOP).
La prima tipologia sta testimoniando una grande espansione in termini
numerici, in particolar modo nelle comunità più colpite da fallimenti di mercato e dalla crisi economica (Birchall, Ketilson, 2009). Questi casi emergono
in contesti caratterizzati da un certo grado di conflitto tra capitale e lavoro
come accade per le imprese recuperate sudamericane, oppure tra operai,
management e autorità locali (Vieta, 2015, 2016). I sindacati svolgono spesso
un ruolo attivo nell’assistenza dei lavoratori e nella lotta per la salvare l’azienda
(Vieta, Depedri, 2015). Solitamente, la trasformazione dell’azienda in cooperativa di lavoro garantisce la risoluzione dei conflitti. In questo primo scenario,
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il processo di WBO inizia in seguito all’occupazione dell’azienda da parte del
collettivo operaio e la nuova cooperativa nasce durante il periodo di conflitto.
La seconda tipologia prevede invece un negoziato collettivo per il controllo o l’acquisto dei beni aziendali tra proprietari, lavoratori, autorità locali e
tribunali fallimentari (Vieta, 2015, 2016). Contrariamente alle esperienze in
cui si arriva al conflitto tra proprietà e lavoratori, i WBO negoziati prevedono
una chiara legislazione in materia, come nel caso italiano con il quadro di
riferimento dato dalla Legge Marcora3, il sistema di ‘pagamento unico’ (pago
unico, in spagnolo) in Spagna oppure le normative francesi, svedesi e belghe
sulle ‘cooperative di occupazione e impresa’ (Parlamento Europeo, 2013). Il
modello negoziale richiede una forte mediazione delle autorità politiche locali,
regionali e, nei casi più importanti, nazionali. Solitamente, i lavoratori hanno
già costituito una cooperativa e, al termine della tavola negoziale, i soci hanno
l’opportunità o meno di partecipare alla gestione dell’azienda, o di un suo
ramo, a seconda degli accordi raggiunti con i proprietari e gli amministratori
(Lanzavecchia, D’Aurizio, 2013).
In ultimo, i WBO che si basano sul modello ESOP. Questo modello
è proprio degli Stati Uniti, risale agli anni cinquanta, ed è riemerso negli
ultimi anni in tutto il mondo anglosassone (Caragnano, Caruso, 2010).
Il meccanismo prevede l’acquisto dell’impresa da parte dei suoi lavoratori
attraverso un trust. Il proprietario che vende le proprie quote di maggioranza ha diritto a benefici di natura fiscale per aver liquidato la sua partecipazione. Importante differenza rispetto alle altre due tipologie, la nuova
proprietà viene suddivisa tra i lavoratori e altri azionisti più ‘tradizionali’.
La nuova impresa non si caratterizza, quindi, come cooperativa di lavoro
non essendo il processo decisionale e i beni aziendali sotto il controllo
diretto dei lavoratori (Delgado et al., 2014). Un famoso esempio di ESOP
è l’acquisizione della compagnia aerea United Airlines nel 1994 per mano
di una parte dei dipendenti dell’azienda. L’acquisto è stato determinato
dalla prolungata crisi in cui versava l’impresa e dal completo fallimento di
ogni piano di salvataggio (Rosen, Case, Staubus, 2005).
La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese può rappresentare un valido strumento imprenditoriale per affrontare le sfide del futuro
(Stiglitz, 2009) e salvaguardare i livelli occupazionali ma anche, come testimoniato da diverse esperienze a livello europeo e mondiale (Bernardi, Treu,
Tridico, 2011; Monni, Novelli, Pera, Realini, 2017), per contribuire a uno
sviluppo sostenibile dell’economia e della società (Caragnano, Caruso, 2010).
3
La legge n. 49 del 1985 – cd. Legge Marcora – è la legge nazionale che ha riconosciuto il
ruolo socio-economico ricoperto dai WBO e ne ha favorito la costituzione disciplinando
un sistema organico di agevolazioni in favore delle cooperative.
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