Il magnifico ritratto dell'arcivescovo napoletano Humbert d'Ormont (tav.) è prova indubbia, se ce... more Il magnifico ritratto dell'arcivescovo napoletano Humbert d'Ormont (tav.) è prova indubbia, se ce ne fosse bisogno, di come la cultura italiana, e in particolare quella storico-artistica, abbia gerarchizzato opere e artisti, di fatto marginalizzando episodi di qualità altissima che non riescono ad entrare nelle top ten "nazionali" perché non coincidenti con valori e scale assestati-in questo caso, perché meridionali. Napoletano è il ritratto d'Ormont, o meglio lo è per collocazione e destinazione; perché ritrae un arcivescovo cittadino (ma borgognone), perché era originariamente situato nella sua cappella funebre in cattedrale, e soprattutto perché solo nella letteratura su Napoli ha trovato spazio: invano lo si cercherebbe negli studi sul ritratto, invano nei manuali di storia dell'arte che tracciano, o dovrebbero tracciare, la "via maestra" degli svolgimenti artistici in Italia. È invece un picco di qualità, all'incrocio dei grandi assi problematici che toccano trasversalmente le questioni di scultura e pittura all'inizio del Trecento. Sono le grandi domande incardinate in figure come quelle di Arnolfo e di Giotto; sono i temi del "naturalismo" e del rapporto con la realtà, del linguaggio elaborato per reggere questa sfida, dei modelli e delle categorie rappresentazionali che lo sostengono. Restaurato non molti anni orsono, il dipinto ha guadagnato moltissimo dalla pulitura; prima confinato in una delle stanze dell'arcivescovado napoletano e quindi non facile da vedere e studiare, è ora sano e salvo al Museo Diocesano. 1 Ha perso nel tempo lo scabello, dunque la predella, testimoniata dal D'Engenio che riporta l'iscrizione, "Anno Domini 1320. III. Ind. Die 13. Iulij obijt Dominus Umbertus de Monteaureo natione Burgundus venerab. Neap. Archiepiscopus qui sedit annos XII. Mens. III. D. XXVIII": 2 quasi un annuncio funebre, la nota di un libro di necrologi, completa del giorno della morte. Che questa forte personalizzazione fisionomica abbia luogo in un' opera di ambito funerario non è certo sorprendente: così era avvenuto già nel tardo Duecento, quando i primi segnali della volontà di individuazione fisionomica di una "persona" affioravano dapprima all'interno di specifiche convenzioni (pensiamo al ritratto di Clemente IV nella tomba viterbese), poi via via allargate all' esigenza di definire, specificare, dettagliare una forma reale in quanto tale e non solo come pertinente ad una categoria. 3 Ma siamo nel 1320. In una Napoli dove è già approdato Pietro Cavallini, dove Simone Martini ha appena mandato il suo Ludovico da Tolosa, dove Giotto sta per arrivare e certo è già noto alle cerchie regie e alle élites cittadine, qual è l'impasto che genera un' opera la cui attribuzione a "Lello", con buona probabilità pittore romano ("de Urbe") non è mai messa in causa? 4 Diciamo subito che "Lello" non appare mai capace di prodotti di questa qualità. Le opere raggruppate attorno al suo nome lo indicano quale pittore in grado di muoversi con efficacia in un territorio compreso fra Roma e Napoli e includente centri di rilievo come Anagni; nasce alla congiunzione del successo e della fortuna della maniera cavalliniana e fa da tramite fra quella stagione e quella giottesca che "colonizzerà" Napoli. Certamente era parte, probabilmente essendone il capo, di una bottega in cui lavoravano anche maestri di più approssimative capacità, messi a collaborare nel caso di cantieri piuttosto vasti e/o di committenza meno pregiata: penso alle Storie di San Benedetto di Sant' Agnese fuori le mura a Roma, le cui soluzioni spaziali e narrative zoppicano vistosamente. Altre attribuzioni sono di
This conference aims to explore the ways in which the sacred space of Late Antiquity has been rec... more This conference aims to explore the ways in which the sacred space of Late Antiquity has been reconstructed (in materials and historiography) in a retrospective manner through the most important reforms in the two millennia of the Western Church.
Il magnifico ritratto dell'arcivescovo napoletano Humbert d'Ormont (tav.) è prova indubbia, se ce... more Il magnifico ritratto dell'arcivescovo napoletano Humbert d'Ormont (tav.) è prova indubbia, se ce ne fosse bisogno, di come la cultura italiana, e in particolare quella storico-artistica, abbia gerarchizzato opere e artisti, di fatto marginalizzando episodi di qualità altissima che non riescono ad entrare nelle top ten "nazionali" perché non coincidenti con valori e scale assestati-in questo caso, perché meridionali. Napoletano è il ritratto d'Ormont, o meglio lo è per collocazione e destinazione; perché ritrae un arcivescovo cittadino (ma borgognone), perché era originariamente situato nella sua cappella funebre in cattedrale, e soprattutto perché solo nella letteratura su Napoli ha trovato spazio: invano lo si cercherebbe negli studi sul ritratto, invano nei manuali di storia dell'arte che tracciano, o dovrebbero tracciare, la "via maestra" degli svolgimenti artistici in Italia. È invece un picco di qualità, all'incrocio dei grandi assi problematici che toccano trasversalmente le questioni di scultura e pittura all'inizio del Trecento. Sono le grandi domande incardinate in figure come quelle di Arnolfo e di Giotto; sono i temi del "naturalismo" e del rapporto con la realtà, del linguaggio elaborato per reggere questa sfida, dei modelli e delle categorie rappresentazionali che lo sostengono. Restaurato non molti anni orsono, il dipinto ha guadagnato moltissimo dalla pulitura; prima confinato in una delle stanze dell'arcivescovado napoletano e quindi non facile da vedere e studiare, è ora sano e salvo al Museo Diocesano. 1 Ha perso nel tempo lo scabello, dunque la predella, testimoniata dal D'Engenio che riporta l'iscrizione, "Anno Domini 1320. III. Ind. Die 13. Iulij obijt Dominus Umbertus de Monteaureo natione Burgundus venerab. Neap. Archiepiscopus qui sedit annos XII. Mens. III. D. XXVIII": 2 quasi un annuncio funebre, la nota di un libro di necrologi, completa del giorno della morte. Che questa forte personalizzazione fisionomica abbia luogo in un' opera di ambito funerario non è certo sorprendente: così era avvenuto già nel tardo Duecento, quando i primi segnali della volontà di individuazione fisionomica di una "persona" affioravano dapprima all'interno di specifiche convenzioni (pensiamo al ritratto di Clemente IV nella tomba viterbese), poi via via allargate all' esigenza di definire, specificare, dettagliare una forma reale in quanto tale e non solo come pertinente ad una categoria. 3 Ma siamo nel 1320. In una Napoli dove è già approdato Pietro Cavallini, dove Simone Martini ha appena mandato il suo Ludovico da Tolosa, dove Giotto sta per arrivare e certo è già noto alle cerchie regie e alle élites cittadine, qual è l'impasto che genera un' opera la cui attribuzione a "Lello", con buona probabilità pittore romano ("de Urbe") non è mai messa in causa? 4 Diciamo subito che "Lello" non appare mai capace di prodotti di questa qualità. Le opere raggruppate attorno al suo nome lo indicano quale pittore in grado di muoversi con efficacia in un territorio compreso fra Roma e Napoli e includente centri di rilievo come Anagni; nasce alla congiunzione del successo e della fortuna della maniera cavalliniana e fa da tramite fra quella stagione e quella giottesca che "colonizzerà" Napoli. Certamente era parte, probabilmente essendone il capo, di una bottega in cui lavoravano anche maestri di più approssimative capacità, messi a collaborare nel caso di cantieri piuttosto vasti e/o di committenza meno pregiata: penso alle Storie di San Benedetto di Sant' Agnese fuori le mura a Roma, le cui soluzioni spaziali e narrative zoppicano vistosamente. Altre attribuzioni sono di
This conference aims to explore the ways in which the sacred space of Late Antiquity has been rec... more This conference aims to explore the ways in which the sacred space of Late Antiquity has been reconstructed (in materials and historiography) in a retrospective manner through the most important reforms in the two millennia of the Western Church.
Convivium. Exchanges and Interactions in the Arts of the Premodern World is a doubleblind, peer-r... more Convivium. Exchanges and Interactions in the Arts of the Premodern World is a doubleblind, peer-reviewed academic journal that revives and continues the famous Seminarium Kondakovianum, with the desire to deepen Nikodim Kondakov's scholarly work in Byzantine and medieval studies and his mission to build bridges between worlds and cultures. Convivium welcomes papers on a wide range of topics dealing with pre-modern art, across a broad geography beyond the traditional Eurocentric boundaries of medieval studies. It also covers a wide chronological range, from Late Antiquity onwards, but also deals with the historiographical reception of the Middle Ages in later periods.
Convivium VII/1, 2020 will focus on Venice as extraordinary commercial and artistic clearinghouse... more Convivium VII/1, 2020 will focus on Venice as extraordinary commercial and artistic clearinghouse during its rise and triumph as a cultural hub. Too often, the artistic development of Venice is seen as dependent exclusively on Constantinople and the Byzantine tradition. By emphasizing the role of Venice as a cultural hub, we would like to shift the focus onto the processes, opportunities and contexts that produced monuments and works of art, which reveal the intense cultural exchange fostered in the city by commerce and trade. The horizons of the artistic ambitions of Venice, a city at the center of a vast web, were wide: from Byzantium and the larger Mediterranean world to Northern Europe, Hungary, Austria, France, all the way to Spain and Portugal.
The Master of Art in Art History in Rome from Late Antiquity to the Present is a two-year program... more The Master of Art in Art History in Rome from Late Antiquity to the Present is a two-year programme taught entirely in English, thus internationally open and practice oriented. It offers the opportunity to study art history from a privileged standing point: living in Rome, in direct contact with art works in their original context. Its hallmark rests in its intensive nature, concentrated on the exceptional quality of Rome monumental heritage.
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