Dipartimento di Lettere, Filosofia, Comunicazione

Athena's rejection of the αὐλός is an Athenian mythical episode connected to the specific local sensibility and willingness; other places' legends, indeed, promote Athena's role within the art of αὐλητική, especially in the regions where such a τέχνη was particularly cultivated. The presentation aims to explore some sources related to the perception and the description of Athena's patronage of αὐλητική in 5th century Boeotia.

It is common knowledge that personal names, in ancient Greece, often originated from elements of the milieu naturel (rivers, plants, animals…): suffice it to mention the dissemination of the name ‘Μέλισσα’, ‘bee’, widely attested in epigraphic sources (about twenty occurrences in Attica, little less in central Greece; the same amount appears disseminated in the Peloponnese, in the western regions and in Magna Graecia, as the Fraser-Matthews’ Lexicon of Greek Personal names shows). Another female ‘insect’ name is documented, that may seem surprising to our taste: ‘Μυῖα’ (‘Myia’, ‘Fly’) appears in ancient Greek literary texts (for the first time in Luc., Enc. Musc., 10-11, then in other authors such as Clemens Alexandrinus, Strom., 4, 19, 121, Porphiry, VP, 4, Iamblichus, VP, 36, 267, in the Suda lexicon, s.v. Μυῖα, μ 1361, 1362, 1363 and s.v. Κόριννα, κ 2087, 2088, 2089), both as a proper name and as a nickname. This study aims to explore the personalities, proposed by the textual tradition, carrying such a name or nickname (as the Boeotian female poet Corinna), through the investigation of their role and/or career; on the basis of this preliminary examination, the analysis of the occurrences of the fly in literature and of its behaviour seems to suggest an unexpected connotation of the name, that might reveal, among other characteristics, a slight musical attitude.

New trends in classics show an increasing interest in local cultures, as independent from the Athenocentric perspective (Beck 2020): in particular, ancient Boeotian ‘ethnogenesis’ (Kühr 2006, Larson 2007) received new attention, and local historiography has been recently enlightened as an original production (Tufano 2019). What seems to emerge is that the process of Boeotian identity construction lays on the intentional promotion of an epichoric culture.
This can be observed through the interest in mythical foundations, or in history of religious sites, showed by local authors. In the preserved literary tradition, the use of performativity of language can be identified as a useful instrument to build a common past or to give a peculiar interpretation to some events: etiology seems to be much employed. Hence, the many cases of mythological unica are explainable thanks to the local, inner perspective.
Collins focused on the specific politic intention in Corinna’s narratives, depicting her compositions not as ‘parochial’ (Page 1953) but as regional, in their non-Athenocentric point of view. Therefore, every version of a mythological episode carries its own motivation, related to a specific will. So it is when, in Corinna’s fragments, we read of ancient legendary kings (671 PMG), or of Oedipus as killing the Teumesian Fox (672 PMG).
The aim of the paper is an attempt to collocate Corinna’s production in her regional context, instead of, as usually, in the mere literary tradition, comparing some Boeotian local historiographers’ sources to some Corinna’s texts.

The poetry of Corinna, whose chronology is debated, is characterized by a distinctive narrative content, and reveals a local, inner point of view, devoted to a regional, 'ethnic' mythology. This means that a 'female' voice appears to be appointed to celebrate local heroes and episodes: Corinna's compositions are not confined to female audiences and themes. Her poetry also shares some interests with local historiographers, engaged in discussion about foundations, etiologies, identity of places: they focus significant places, as the Ogygian gates or the Teumesos promontory in the Theban area. Corinna's mythography pays attention to the eastern side of the region too: her poems preserve references to eastern towns, such as Aulis, Hyria, Tanagra; to eastern heroes, such as Euonymos and Orion; to eastern genealogies and religious activities, (marriages, sacrifices, consultation of oracles...).
The aim of the presentation is to compare Corinna's fragments concerning eastern Boiotia (including Boeotica incerti auctoris, with a few new readings and interpretations that may reveal an interest in traditions concerning Aulis) to local historiographers' sources and material finds, to investigate eastern mythology and ritual practices; this might even enlighten women's involvement in shaping local identity.

Mappare significa identificare dei luoghi, ossia associare la produzione poetica delle poetesse liriche a delle realtà concrete, storicamente esistite e abitate da comunità. Questa operazione prevede un costante dialogo con le fonti archeologiche, epigrafiche, documentarie e storiografiche. Scopo della mappatura è ricercare se, e dove, l'autorialità femminile, in ambito di composizioni poetiche liriche, possa aver avuto spazio d'azione di rilevanza pubblica, attraverso l'analisi delle occasioni performative e della localizzazione (e circolazione) delle saghe mitiche.

L’umanità da tempi remoti avverte l’impulso di spingersi verso l’alto: lo sguardo, costretto a cogliere un flusso ininterrotto di immagini, cerca una posizione di distacco per soddisfare la curiosità di scoprire il mondo. Cosa e quanto possiamo osservare giunti alla sommità? L’uomo si è interrogato, ha rappresentato la apoteosi fin dall’antichità: E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti […] (Aug. Conf. X, 8, 15). Esemplare per riflettere sul simbolismo dell’alto l’epistola sull’ascesa al monte Ventoso di Petrarca (Familiari IV, 1). Il poeta che ha messo in scena un rovesciamento radicale della percezione teologico-medievale introduce nella potenzialità visiva la dimensione della temporalità. Petrarca conquista una meta, forse con la volontà di emulare l’esperienza di grandi personaggi antichi, ma ancor più interessa l’orizzonte che dalla vetta descrive. Il lettore scopre territori che universalmente ci appartengono, si inoltra in un luogo mentale, in cui confluiscono biografia e memoria storica. Ecco dunque spalancarsi sotto di noi una geografia concreta, europea e uno spazio mitologico che è la nostra patria, una terra perduta in cui sono fiorite le lettere e le arti, custode della propria storia. Dall’alto si indaga dunque una duplice dimensione, verso l’interiorità e verso il passato, alla ricerca di una riqualificazione del presente.

L’articolo è dedicato all’interpretazione di alcuni passi del noto testo medievale di ambito ravennate intitolato “Liber pontificalis ecclesiae Ravennatis”, di Andrea Agnello (IX secolo), ritenuto da molti studiosi proto-storico della realtà cittadina. Si è cercato di fornire una lettura comparata tra fonte letteraria e scoperte archeologiche, in adesione con la recente metodologia archeologica sempre più coinvolta nella comprensione dei lineamenti costituenti del passaggio dall’antichità al Medioevo, sotto il profilo monumentale –urbanistico, di una città che è stata un centro vitale di scambi sociali, culturali ed economici nella tardo antichità: Ravenna. Il caso di studio che si è preso in esame ha riguardato quattro specifiche realtà architettoniche: la cinta muraria, il palazzo di Teoderico, le basiliche di S. Severo e Petriana.
Uno studioso di storia dell’arte come Carlo Bertelli ci ha ricordato tempo fa che si può cogliere molto di Ravenna per via indiretta di monumenti che hanno dato dignità e decoro alla città, cercando di indagare in statue e rilievi, ma anche nelle citazioni letterarie, tratte dai testi e da pavimenti e pareti musive.
Agnello nel IX secolo si è posto tra gli altri anche questo obiettivo e gli archeologi oggi, con progetti supportati culturalmente ed economicamente, stanno cercando di ricostruire gli scenari descritti, restituendo voce e sforzandosi di motivare le recenti scoperte anche attraverso l’analisi attenta delle antiche testimonianze. L’immagine che si presenta e anche questo breve saggio si auspica di alimentare è quella di una città in fermento: in età romana e ancora tardo antica il suo porto, Classe, ha rappresentato uno dei poli più vitali dell’Adriatico anche in considerazione del ruolo di “sedes regia”. Oggi si evince il dinamismo di una realtà impegnata nel recupero e nella valorizzazione della propria memoria storica, modello culturale esemplare per la promozione storico-artistica dell’Adriatico e, con ambizione, dell’intera nostra penisola.

Analisi dell’epistolario riconducibile a Eugippio, monaco latino vissuto tra V e VI secolo e personaggio-chiave in una rete di rapporti culturali, religiosi e politici intessuti con la Chiesa africana (Fulgenzio, vescovo di Ruspe e Ferrando, diacono di Cartagine) e con l’eterogeneo contesto romano (aristocrazie locali, clero e intellettuali dall’Oriente).
Sullo sfondo di un dibattito sulla ricezione degli scritti di Agostino e di contrasto ai movimenti ereticali emergono spunti idonei anche alla comprensione delle necessità culturali del periodo e allo sviluppo delle prime istituzioni monastiche, come centri di conservazione e trasmissione di testi.

Il capitolo 44 della Vita sancti Severini, testo agiografico scritto nel 511 dall’abate latino di Lucullano, Eugippio, si conclude con la seguente espressione:  Linteaminibus igitur immutatis in loculo multo ante iam tempore praeparato funus includitur, carpento trahentibus equis inpositum mox euehitur, cunctis nobiscum provincialibus idem iter agentibus, qui oppidis super ripam Danuvii derelictis per diversas Italiae regiones varias suae peregrinationis sortiti sunt sedes (VS 44,7).
La “peregrinatio” che viene descritta può essere analizzata almeno secondo tre diverse prospettive: 1) come metafora di una trasformazione storica e antropologica di una frontiera imperiale, 2) come esito di una necessità di ordine socio-economico e 3) come richiamo al topos religioso dell’esodo biblico, che costituisce uno dei maggiori temi trattato nell’opera di Eugippio, ma anche una delle principali tematiche sviluppate nella tradizione letteraria cristiana, da sant’Agostino ai suoi successori.
L’Italia è stato lo scenario protagonista della migrazione dei monaci che hanno accompagnato le spoglie di san Severino, dal Norico attraverso diversas Italiae regiones: nella mia relazione cercherò di presentare una ricostruzione dell’iter effettivamente percorso. Per conseguire l’obiettivo, oltre ad avvalermi di quanto descritto nella Vita Severini, farò opportuni richiami  alla documentazione riguardante gli antichi itinerari stradali, agli elementi iconografici e architettonici disposti lungo il supposto itinerario e alle possibili tracce rintracciabili nella toponomastica.
Cercherò di ripercorrere l’iter attraverso la penisola italiana alla ricerca di denominazioni attribuite a Severino dalla fede popolare, nel tentativo di ricostruzione di un percorso che esplicita in modo efficace il  connubio tra Storia e Geografia.

In questo convivium compiremo un viaggio, nell'antichità e nel presente, ma per viaggiare dobbiamo prima preparare la nostra valigia o zaino e quindi interrogarci sul significato attribuito, circa millecinquecento anni fa, a termini come il latino iter o il greco ὁδός, da cui deriva appunto l'espressione "letteratura odeporica" ovvero narrativa di viaggio. Potremmo dunque affrontare il tema leggendo antiche testimonianze storico-etnografiche, ma anche attraverso racconti o diari di pellegrini tardo antichi o medievali; invece utilizzeremo una risorsa documentaria che integra l'approccio di indagine sia etnografico sia religioso: il racconto agiografico ovvero la descrizione della vita di un santo. Nell'antichità e ancora nel periodo tardo antico, quindi tra IV e VI secolo, esistevano almeno quattro motivazioni principali per viaggiare: migrare per ragioni politico-economiche, esplorare nuovi territori e osservare le usanze di popolazioni diverse, raggiungere luoghi sacri oppure diffondere nuovi culti 1 . Alcune testimonianze sembrano capaci di includere tutte e quattro le finalità, descrivendo la trasformazione di un individuo da migrante-esploratore a pellegrino e infine profeta. Lo schema letterario più frequente, almeno nelle sue prime fasi (migrante-esploratore), potrebbe ritrovarsi nello stile di uno dei più importanti etnografi dell'antichità: Pausania e la sua Guida della Grecia. Nella descrizione di ogni luogo possiamo trovare qualche cenno alla storia del sito e alla presenza o meno di edifici di culto, la menzione di presenze indigene e la narrazione delle modalità di incontro tra l'elemento straniero e le popolazioni locali. I viaggi che nell'etnografia classica si presentano quindi anche come strumenti per spiegare il confronto con l'Altro, nell'agiografia tardo antica rappresentano l'occasione per introdurre l'immagine di viandanti al servizio di una missione con finalità religiose oltre che, spesso, politicosociali. Il santo è presentato come una figura storica e letteraria che si muove entro un mondo reale e al tempo stesso simbolico, in cui la geografia può essere esplorata in molti modi differenti. In genere lo sviluppo di un racconto agiografico tardo antico presenta una serie di episodi che possiamo provare ad affrontare ancora attraverso l'approccio formalista di Propp, individuando le funzioni cardine della narrazione: il santo itinerante raggiunge una località e inizia la predicazione, si sposta e interrompe il cammino quando coinvolto nelle problematiche specifiche di un luogo, ritorna poi a predicare fondando comunità di discepoli, acquisisce quindi fama e si confronta con il soggetto o soggetti detentori del potere sul territorio, assume pertanto infine il ruolo di guida carismatica per la collettività. Gli studi agiografici per evolvere hanno tuttavia dovuto compiere un passo successivo, cioè verificare la fattibilità del modello quando contestualizzato in un'oggettiva situazione storica. Presento dunque una ricerca storica, ma parimenti non dobbiamo mai dimenticare che le fonti che sto per considerare si inseriscono in una tradizione letteraria che mescola storia e narrazione biografica religiosa 2 . L'esordio del "nostro iter odierno" data al V secolo d.C., un'epoca di crisi di una civiltà, quella del mondo romano occidentale, nella quale gli uomini, cristiani e pagani, avvertono la necessità di peregrinare. In Occidente, nel V secolo, la peregrinatio non è ancora per tutti il pellegrinaggio verso 1 Harland, Travel and religion in antiquity, 2011 2 Amata, Marasco, Convegno internazionale "storiografia e agiografia nella tarda antichità. Alla ricerca delle radici cristiane dell'Europa" Roma, 21-22 gennaio 2005 6 Sulp. VM 5,4; 6,1 7 DGRG II, s.v. Lerina and Leron, p. 163; s.v. Stoe'chades, p. 1037: Isole menzionate da Strabone e dagli itinerari geografici tardoantichi che si trovavano al largo della costa meridionale della Gallia Narbonese, nei pressi dell'odierna costa marsigliese. Lero è oggi chiamata isola di Saint Marguerite. 8 Enn. VE 58; 93; 109; 123.4; 184 9 Reydellet, La royauté dans la littérature latine de Sidoine Apollinaire à Isidore de Seville, Roma

Along the Upper Danube, into the ancient province of Noricum (nowadays Austria), Severin, a monk, who
arrived in this area in 452 for a religious mission, decided to establish an economic and political agreement
with the Germanic population called Rugians, who settled on the upper side of the Danube in front of an
ancient town known as Favianae (nowadays Mautern am der Donau). Eugippius, who wrote the life of
Saint Severin in 511, used items like rex, regnum frequently, only writing about the Rugians. Different
elements from material culture allow understanding the influence of the Rugians’ presence on Roman
society during the period of Severin’s preaching

This contribution examines the connections between Byzantium and the
Arabs found in the lexicon of an anonymous hagiographic work, which is titled Vita Michaelis Syncelli (BHG 1296) and was written in the second half of the IXth C. Primary focus is placed on the use and different meanings of the word “Hagar” in the aforesaid source and others, earlier and later ones. This paper examines two versions existing in the Byzantine tradition: “Hagar and Saracens”. A similar analysis is devoted to the word “fatherland”. Then there is a shift from the linguistic level to the historic and literary context which testifies a kind of interchange between the Palestinian monastic society and Arabs before Harun al-Rashid’s death (809). In the end, looking back to religious and hagiographic works perhaps appears the real glance of imperial power concerning the whole question: the religious conflicts among Christians regarding the right dogma were a possible mean for adopting a protective policy against Arabs.

Rev. R.W. Mathisen, "Sources in Ancient Mediterranean Civilizations. Texts, Maps, and Images, New York – Oxford, Oxford University Press 2017";
C. Bearzot, A. Barzanò, "Istituzioni di Storia Antica. Dalla preistoria all'espansione araba", Roma, Studium 2018; G. Geraci, A. Marcone, "Storia Romana. Editio Maior", Firenze, Le Monnier Università 2017; E. Andreoni Fontecedro, M. Agosti, . Senni, "Guida alla traduzione l testo latino", Roma, Studium 2017

Secolo IV d.C., antica Voghera (Pv). Aurelio Cassiano, un artigiano proveniente da Cirro, piccola città dell’entroterra siriaco, è nominato decurione della colonia. L’epigrafe in suo ricordo fu scoperta dopo secoli, a miglia di distanza dalla piccola cittadina pavese. Un esempio di testimonianza del viaggio che compirono uomini, donne, famiglie, partiti dalle province orientali dell’Impero romano tardo antico per raggiungere il territorio transpadano, alla ricerca di una nuova sorte.
Celebri contributi di studio del secolo scorso sottolinearono già la presenza di orientali nell’Italia settentrionale tardo antica, ma la ricerca che presento si pone lo scopo di trovare un collegamento tra precisi settori geografici (Oriente e il territorio lombardo, prima ancora che fosse effettivamente denominato “Lombardia”) e le motivazioni che indussero a migrare da e verso quei luoghi definiti. In sintesi, si intende suggerire una riflessione su almeno un paio di questioni:
1. Quali motivi spinsero mercanti, artigiani, religiosi, ad abbandonare piccoli villaggi orientali nei secoli IV/V per giungere nelle nostre terre?  (economici, demografici, entrambi?),
2. Il tessuto culturale, politico e sociale, del territorio pre-lombardo si trasformò a fronte di questi fenomeni migratori?

This paper’s born from a prosopographical research about the mobility between East and West during Antiquity and Late Antiquity. In the ecclesiastical context of the historic centre of Angera on Lake Maggiore (Italy) was found a funerary marble, which was dated to 4th/5th century AD. It was about a Syrian from the village of Kaprotabis, not far from Apamea (nowadays Qalaat al-Madiq, Syria) (David, Mariotti 2005:267-278).
It wasn’t the only case, a whole family (5 persons) which came from another village, Maraotaton, belonging to the territory of Apamea again, reached Pavia and lived there for a long time. An inscription (CIG IV, 9871 – which is dated exactly at 471), which is kept in the Civic Archaeological Museum, reminds of them.
In a small town near Pavia, which was named Forum Iulii Iriensium (nowadays Voghera), a votive altar, which was devoted to a Syrian craftsman specialised in the working from precious materials, was found (CIL V, 785). He probably lived between 4th/5th c. too.
In an epitaph into the church of St. Carpophore in Como (IG XIV, 2300) was honoured a Syrian merchant, who died in this city before 401.
These were only examples of a more extensive phenomenon, which was translated into the development of homemade guilds in the neighbourhoods of Milan, imperial seat. With my paper I will analyze these main arguments:
1. Different motifs which had caused Syrians’migration (economic and demographic ones),
2. Kinds of transformation happened into the social fabric of mediolanensis area, when Syrians, largely craftsmen or merchant, arrived in:
a. Development of a social and economic network among urban centres surrounding Milan, which ensured that syriac settlers made profits (“regional economy”) and that they could create new trades, in particular around lake areas (“local economy”),
b. Development of new opportunities for social mobility again, thanking to increased economy, and creation of a more stratified society,
c. Setting-up of a melting pot community (families with eastern and western people, christians and pagans, for example)