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Disambiguazione – Se stai cercando il romanzo di fantascienza, vedi Universo (romanzo).

Il termine Universo designa in astrofisica l'insieme delle componenti materiche e dei campi di forza che esistono ad ogni dato momento. Osservativamente, la componente dominante dell'Universo è costituita da galassie, che sono la fonte della maggior parte dell'emissione in quase tutte le bande osservative (fanno eccezione le onde millimetriche, ove domina il fondo di radiazione cosmica detto CMB). Il motivo è che la materia comune (detta barionica) si trova concentrata in galassie, e la materia barionica è l'unica fonte di radiazione elettromagnetica. Ma recentemente è emersa evidenza che l'Universo contenga anche, e sia in effetti principalmente costituito da, componenti buie, ancora da identificare fisicamente, che vengono indicate con i nomi di materia oscura ed energia oscura [1][2].

L'Universo come concetto fisico

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Considerato nella sua globalità, l'Universo è un concetto di recente introduzione nella scienza moderna. Nel 1800 non erano ancora state scoperte le galassie, ed erano inoltre emersi due paradossi [3]

che rendevano chiara l'inadeguatezza delle conoscenze contemporanee allo studio dell'Universo. Il primo paradosso è che la forza gravitazionale di un Universo omogeneo ed infinito, come era allora postulato essere, si annullava esattamente per un semplice argomento di simmetria, ma sarebbe risultata invece infinita se l'Universo si fosse discostato anche solo minimamente dalla condizione di perfetta simmetria, il che rende tutti i calcoli per l'Universo nella sua globalità, tranne quelli locali, privi di senso. Sulla stessa linea, il paradosso di Olbers mostrava che, sotto le medesime condizioni (Universo omogeneo ed infinito) il cielo notturno avrebbe dovuto essere altrettanto luminoso di quello diurno, anzi, a rigore, esso avrebbe dovuto essere infinitamente luminoso, rendendo la vita sulla Terra impossibile.

La soluzione di questi paradossi avviene con la Relatività Generale (GR) di Einstein, secondo la quale l'influenza dell'intero Universo su un suo qualunque elemento non dà affatto origine ad effetti infiniti, e questo rende possibile la trattazione globale della sua evoluzione. La GR fornisce dunque immediatamente la cornice teorica entro la quale tutta la cosmologia scientifica seguente si collocherà. Quasi simultaneamente, la scoperta delle vere dimensioni della nostra Galassia, dell'esistenza di galassie esterne, e dell'espansione dell'Universo forniscono un poderoso incentivo osservativo per la costruzione di una nuova cosmologia scientifica.

Cosmologia Relativistica

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Punto di partenza di questa costruzione è l'ipotesi che l'Universo sia omogeneo (e cioè, sembri identico ovunque ci si trovi) e isotropo (appaia cioè lo stesso in qualunque direzione si guardi); in GR, l'isotropia deriva dall'omogeneità. Sebbene il senso comune ci dica che lo spazio vicino a noi non è omogeneo (c'è una differenza fra guardare il Sole e guardare in una direzione diversa), l'ipotesi fisica è che, se facciamo la media su regioni di spazio abbastanza grandi (da contenere almeno molte galassie) ma sempre piccole rispetto a tutto l'Universo, le disomogeneità locali di questo tipo sscompaiano, e l'Universo sia in effetti quasi perfettamente omogeneo ed isotropo: dunque, l'ipotesi è che la densità media dello spazio sia (circa) la stessa ovunque ci troviamo e ovunque guardiamo.

All'inizio del 1900 omogeneità ed isotropia sono due ipotesi, ma da allora numerose osservazioni sono giunte a confermarle. Fra queste ricordiamo la funzione di autocorrelazione della materia di Peebles, che dimostra l'omogeneità e isotropia dell'Universo presente su scale più grandi di circa 6 Megaparsec; la quasi uniformità del fondo di radiazione cosmica, che dimostra omogeneità e isotropia (entro una parte su 100.000 circa) ad un'epoca di soli 300.000 anni dopo il big-bang, e la produzione cosmologica di elio solo 1 milionesimo di secondo dopo il big-bang.

Sotto queste ipotesi, è possibile derivare in GR una serie di modelli matematici (di Friedmann) per l'espansione dell'Universo, che prevedono che l'Universo abbia avuto inizio in un momento preciso nel passato. Inizialmente rigettati da Einstein perchè in disaccordo con le idee del tempo secondo cui l'Universo era statico, furono immediatamente ri-adottati in seguito alla scoperta di Hubble del 1929 che l'Universo non era statico bensì in espansione, e costituiscono ancora adesso il fondamento della cosmologia scientifica.

La novità di questi modelli consiste nell'esistenza ineluttabile di un momento preciso di formazione dell'Universo, detto big-bang perchè l'Universo ne esce con velocità di espansione infinita, che poi va via via rallentando a causa dell'effetto deceleratorio della gravità, proprio come in una violenta esplosione. Questo big-bang è inevitabile nella Relatività Generale, come mostra questo semplice ragionamento. Se per un attimo ci dimentichiamo dell'esistenza della forza di gravità e ipotizziamo dunque che la velocità di espansione sia stata sempre la stessa nel passato, chiamando la separazione di due galassie qualunque nell'Universo che si allontanano a velocità , vediamo che l'Universo ha impiegato solo un tempo per espandersi. Se ora re-introduciamo nel nostro ragionamento la forza di gravità, vediamo che la velocità nel passato era più grande di quella presente (la gravità è una forza decelerante), e dunque il big-bang può essere avvenuto al massimo un tempo fa. E d'altro canto, a causa di omogeneità e isotropia, il collasso in un singolo punto deve avvenire per tutte le diverse parti dell'Universo simultaneamente. Altre alternative pure ipotizzabili (per esempio che l'Universo sia sempre esistito, espandendosi allo stesso ritmo da sempre con creazione di energia come postulato dal modello dell'Universo Stazionario di Fred Hoyle) sono incompatibili con la Relatività Generale e la conservazione dell'energia.

L'esistenza di un istante preciso di formazione dell'Universo implica immediatamente che, anche se l'Universo non fosse infinito, non potremmo vederlo tutto: infatti, se è la velocità della luce e l'età dell'Universo, tutto ciò che si trova oltre una distanza da noi non avrebbe avuto abbastanza tempo per inviarci i suoi segnali luminosi. Si tratta in questo caso di un orizzonte delle particelle, cioè un orizzonte diverso per ogni osservatore (l'orizzonte degli eventi che circonda un buco nero è lo stesso per ogni osservatore).

Uno degli aspetti più insoliti della cosmologia derivata dalla relatività generale è che la dimensione dell'Universo (se cioè esso sia finito o infinito),la sua geometria (se sia sferico, piatto o a forma di sella) e il suo destino futuro (se esso cioè ricollasserà su sè stesso, oppure se continuerà ad espandersi per sempre) sono determinati da un unico parametro, la densità media dell'Universo. In particolare, se l'Universo contiene molta massa, esso sarà finito, a geometria sferica e ricollasserà su sè stesso nel prossimo futuro, mentre un universo quasi vuoto sarà infinito con una geometria di tipo iperbolico (o a sella, che dir si voglia), e si espanderà per sempre; per il valore di densità che separa questi due casi limiti, l'Universo è infinito, ma ha una geometria Euclidea (e cioè, quella che ci insegnano a scuola), e si espanderà per sempre ma ad una velocità che diventa sempre più piccola fino a tendere a zero. Questo modello intermedio viene spesso chiamato critico.

La densità totale di materia non è determinata dalle equazioni della Relatività Generale, e dunque l'unico modo per determinare queste fondamentali proprietà dell'Universo nel quale viviamo consiste nel cercare di misurarla, il che rappresenta uno dei compiti fondamentali della cosmologia moderna.

Sviluppi della Cosmologia relativistica

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La prima predizione della cosmologia relativistica, che cioè l'Universo sia in espansione, non fu una vera predizione, perchè il pregiudizio contro l'esistenza di un Universo non statico era così forte che la predizione non venne fatta, e anzi Einstein modificò le equazioni della GR per poter ottenere un Universo statico. Quando Hubble annunciò la scoperta dell'espansione dell'Universo, l'immediata compatibilità con queste osservazioni dei modelli cosmologici di Friedmann (senza modifiche) ne assicurò il successo immediato.

La seconda predizione dei modelli fu che la materia che usciva dal big-bang non sarebbe stata composta da solo idrogeno, bensì anche da elio e da tracce di altri elementi. Al momento del big-bang, la temperatura della materia è in effetti infinita, e decresce poi monotonicamente. Questo implica che, almeno inizialmente, non solo gli atomi presenti sono tutti ionizzati, ma anche che tutti i nuclei sono scomposti in particelle singole, protoni e neutroni, così la materia è composta principalmente da protoni, neutroni ed elettroni. Ma quando la temperatura scende, alcuni dei protoni e dei neutroni avranno la tendenza a ricombinarsi per formare nuclei compositi. A questo fenomeno, chiamato nucleosintesi cosmologica, si deve la spiegazione di un fatto misterioso che gli astronomi avevano simultaneamente scoperto, e cioè che l'abbondanza di elio nelle stelle non evolute (che non hanno avuto il tempo per incrementare oppure per distruggere la componente di elio con la quale sono inizialmentee formate) è universale: è la stessa cioè ovunque si sia riusciti a misurarla. Questa proprietà osservativa dell'elio, detta abbondanza primordiale, è condivisa da pochi altri nuclei leggeri (deuterio, litio, e un isotopo più raro dell'elio, l'elio-3), ed è perfettamente spiegata, sia qualitativamente che quantitativamente, dalla nucleosintesi primordiale. Inoltre, col passare del tempo ci si è resi conti che questo accordo fra teoria è osservazioni è piuttosto delicato, e per rovinarlo basta poco: per esempio, se l'Universo fosse disomogeneo non ci sarebbe osservativamente nessuna abbondanza universale dell'elio e i calcoli non produrrebbero alcun valore universale. Ne segue che l'Universo deve essere omogeneo al tempo della nucleosintesi, circa un milionesimo di secondo dopo il big-bang. Ma inoltre, perfino la presenza di neutrini privi di massa disturba questo accordo (cambiando il tasso di espansione dell'Universo), il che è stato utilizzato per mostrare che possono esistere al più 3 famiglie di neutrini diversi, in accordo con le misure ottenute nei laboratori terrestri. Questo argomento è uno dei primi esempi di quella che diverrà nota come Fisica Astroparticellare, e cioè l'utilizzo dei fenomeni celesti per lo studio della Fisica Fondamentale.

La terza predizione dei modelli cosmologici di Friedmann è che l'Universo debba essere pervasivamente riempito dalla radiazione elettromagnetica con uno spettro termico, ad una temperatura di circa (tre gradi assoluti). E' facile capire l'origine di questa radiazione: quando l'universo è piccolo e caldo, ci sono tantissimi elettroni liberi in ogni volumetto di spazio, e le diffusioni fra elettroni e fotoni assicurano che i due abbiano la stessa temperatura. Ma man mano che l'Universo si espande, il numero di elettroni per volumetto diminuisce (sempre lo stesso numero di elettroni in volumi sempre più grandi), e inoltre, diminuendo la temperatura, essi tendono a ricombinarsi con i nuclei formando atomi neutri. E' il momento della ricombinazione. Ne segue che, da questo momento, i fotoni non subiranno più diffusioni da parte degli elettroni, e si espanderanno liberamente: dunque lo spettro, che era termico, in mancanza di diffusioni resta termico, e soprattutto la sua intensità deve essere la stessa in qualunque direzione, se l'ipotesi di omogeneità ed isotropia è corretta. La scoperta del cosiddetto Fondo di Radiazione Cosmica (CMB) ad opera di Arno Penzia e Robert Wilson nel 1967 di una radiazione con temperatura di ed esattamente le proprietà spettrali e di isotropia previste, confermò completamente questa previsione.

Parametri cosmologici

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I modelli cosmologici sono determinati da due soli parametri, la costante di Hubble e la densità della materia nell'Universo. Fino a pochi anni fa, le misure dirette di queste quantità erano soggette a forti incertezze, ed è solo dopo il lancio dello Space Telescope Hubble che è stato possibile iniziare una nuova era nella cosmologia osservativa, che viene definita l'Era della Cosmologia di precisione.

La costante di Hubble determina essenzialmente le dimensioni fisiche dell'Universo osservabile, e quindi l'età dell'Universo. Essa può essere misuata direttamente attraverso la cosiddetta scala delle distanze cosmiche, una costruzione che permette agli astronomi di determinare le distanze di classi di oggetti vieppiù lontani, sulla base delle distanze di classi di oggetti più vicini. Il valore esatto dipende dal metodo di misura utilizzato ma è compreso fra il valore ottenuto con il Telescopio Spaziale Hubble, H0 = 73.8 ± 2.4 (km/s)/Mpc.[4][5] e il valore ottenuto con gli ammassi galattici, H0 = 67.0 ± 3.2 (km/s)/Mpc.[6][7]

La conoscenza della costante di Hubble consente di determinare la densità del modello critico, e ulteriori misure cosmologiche consentono di misurare il rapporto fra la densità di materia effettivamente presente e quella del modello critico. Modelli con minori di uno sono quelli aperti, iperbolici e in espansione perpetua, mentre quelli con maggiore di 1 sono quelli sferici, chiusi, e destinati a ricollassare su sè stessi nel futuro. Misure recenti danno [8] Questo genere di studi combina i risultati di tre diverse tecniche di misurazione dei parametri cosmologici (la distanza delle SuperNovae di tipo Ia, la struttura della distribuzione di materia su larga scala, e la dipendenza delle fluttuazioni della temperatura del CMB dalla scala angolare), consentendo così una notevole riduzione degli errori nelle misurazioni, e in più permettono una importante disambiguazione: la decomposizione della densità totale presente nell'Universo nelle sue componenti principali, la materia odinaria, (barionica), la materia oscura, e una nuova forma di materia che è stata definita energia oscura. La somma delle tre componenti è, entro gli errori sperimentali, uguale alla densità critica, la materia ordinaria spiega circa il di questa densità, la materia oscura il , e l'energia oscura il restante .

L'età dell'Universo è determinata sia dalla costante di Hubble, che da una proprietà della materia presente nell'Universo: come essa varia al variare del volume. Per la materia ordinaria, oscura e barionica, purchè non relativistica, questo è facile: la densità è inversamente proporzionale al volume, per via della conservazione della massa. Per i fotoni e per la materia relativistica, non si conserva la massa ma l'energia, e quindi la variazione della densità con l'espandersi dell'Universo è facilmente determinata. Ma per l'energia oscura questo comportamente è assolutamente ignoto. Se l'energia oscura è una costante, e cioè se l'energia oscura è data dalla famosa costante cosmologica intodotta da Einstein, allora l'età dell'Universo è anni. Se invece l'energia oscura è data da un qualche campo variabile, come la quintessenza, il risultato dipende dalle ipotesi specifiche fatte, e cambia leggermente.


La struttura a grande scala

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Il primo dato dell'Universo che salta agli occhi è che, sebbene esso sia omogeneo su grande scala, tuttavia su piccola scala esso è fortemente disomogeneo: la totalità della luce deriva dalle galassie, che sono però separate da grandi distanze (in media circa 5 Megaparsec) di spazio quasi completamente vuoto. Comprendere come si sia potuti passare da una condizione omogenea ad una di disomogeneità è uno dei problemi fondamentali della cosmologia moderna.

L'idea fondamentale (chiamata l'Ipotesi Gravitazionale da Peebles) è che l'unica forza in gioco sia la gravità, e, sulla base di quello che sappiamo finora, nulla è in conflitto con questa ipotesi di lavoro. Ma perchè essa possa agire, è necessario che nell'Universo siano presenti delle disomogeneità inizialmente piccole, ma che, siccome esse generano un po' più forza di rallentamento delle zone circostanti (per colpa della forza di gravità più intensa dovuta alla loro maggiore massa), cesseranno di espandersi insieme al resto dell'Universo e raggiungeranno una dimensione costante col tempo (detta raggio viriale). Lo spettro di queste piccole perturbazioni (e cioè, quante ce n'è di grandi, quante di piccole, quante di intermedie) fu derivato in maniera euristica per la prima volta da Zel'dovich nel 1970, ed è ancora, almeno a grandi linee, corretto a tutt'oggi.


File:Simu1.jpg
Esempio di simulazione: immagine di una regione dell'universo come viene idealizzata dai teorici, poco dopo il Big Bang: si noti la mancanza di struttura, e cioè di galassie e di ammassi di galassie.
File:Simu2.jpg
Esempio di simulazione: immagine di una regione dell'universo come viene calcolata dai teorici, oggi: si noti la forte presenza di struttura, e cioè di galassie e di ammassi di galassie.
























La crescita di queste piccole perturbazioni viene oggi seguita con tecniche numeriche, e ha portato ad una buona comprensione della distribuzione della materia nell'Universo, non senza però aver riservato una grossa sorpresa. L'ampiezza delle piccole perturbazioni (e cioè, di quanto una perturbazione eccede la densità media dell'Universo) è limitata dalle osservazioni del CMB, che è quasi perfettamente uniforme. Però piccole variazioni nella temperatura sono state rilevate dall'esperimento Boomerang di Paolo de Bernardis a seconda della direzione in cui si osserva. Queste piccole variazioni sono di circa una parte su 100.000, e cioè, posta uguale a 100.000 la desnità media, quella della perturbazione è di 100.001. Ma queste perturbazioni sono troppo piccole perchè, nel tempo che trascorre fra quando si forma la radiazione di fondo (circa 300.000 anni dopo il big-bang) e ora (circa 13 miliardi di anni dopo il big-bang) esse possano crescere fino a diventare le galassie che ora osserviamo. In altre parole, se l'Universo fosse fatto di soli fotoni, elettroni, neutroni e protoni, esso dovrebbe essere ancora quasi perfettamente omogeneo (entro 1 parte su 100), in ovvio contrasto con le osservazioni. Le osservazioni cosmologiche richiedono perciò una modifica del contenuto dell'Universo. Poichè altri problemi astrofisici richiedono la presenza di una forma di materia (detta oscura) senza interazioni se non gravitazionali con la materia normale, si è pensato di introdurre questa componente nella cosmologia. E in effetti, questa materia oscura risolve il problema dell'eccessiva omogeneità dell'Universo. Infatti, poichè la materia oscura non interagisce con i fotoni, essa non può contribuire alle perturbazioni del CMB come osservate da Boomerang, Dunque è possibile che le piccole perturbazioni nella distribuzione di materia oscura siano più pronunciate di quelle dellamateria barionica, che vediamo rispecchiate nelle perturbazioni alla temperatura del CMB. Quste buche di potenziale di materia oscura sono profonde, ma i barioni non possono cadervi dentro fino al momento della ricombinazione a causa di una serie di fenomeni fisici, come un forte attrito dovuto ai fotoni (detto Compton drag). Dopo la ricombinazione, non c'è più attrito con i fotoni (la materia è neutra) e i barioni sono immediatamente liberi di cadere nelle ampie buche di potenziale che la materia oscura ha preparato per loro. Con questa interessante modifica alla cosmologia (l'introduzione della materia oscura) si trova un ottimo accordo fra i modelli teorici e le osservazioni al riguardo della distribuzione della luce (l'unica cosa osservabile) nell'Universo.

Inoltre, la presenza della materia oscura spiega un fenomeno curioso: mentre la materia esce dal big-bang muovendosi sempre in linea retta, la totalità delle galassie ruota attorno ad un suo asse, e in particolare ruotano velocemente le galassie a spirale, le più comuni fra tutte. Qual'è l'origine di questa rotazione? L'ingegnosa spiegazione, dovuta a Fred Hoyle, richiede l'interazione mareale fra galassie vicine. Ma quando questa ipotesi è stata messa alla prova quantitativa, utilizzando cioè dati osservati, essa fallisce. Quello che pensiamo ora è che, poichè le osservazioni non sono in grado di rivelare la materia oscura, esse trascurano una grande quantità di rotazione (momento angolare) che è nascosto nella componente oscura delle galassie. Quando però si eseguono simulazioni numeriche, le quali implementano automaticamente le forze mareali postulate da Fred Hoyle, si può tenere conto della quantità di momento angolare nascosto nella materia oscura, ma si vede anche quanto ruotano le componenti luminose (e cioè osservabili) delle galassie, e in questa maniera si ottiene un buon accordo statistico con i dati osservativi.

Detto semplicemente, la cosmologia relativistica richiede la presenza della massa oscura per poter spiegare soddsfacentemente le proprietà della distribuzione di massa nell'Universo.

Problemi aperti

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Le conoscenze accumulate finora hanno consentito la risoluzione di un gran numero di problemi, ma ne hanno aperti anche di nuovi. Ne menzioniamo alcuni brevemente.

  • In vicinanza del big-bang sappiamo con sicurezza che la Relatività Generale non è la

teoria corretta per descrivere l'evoluzione dell'Universo. Il motivo è che l'Universo, vicino al big-bang, è così denso, caldo e piccolo che i fenomeni quantitstici diventano altrettanto importanti di quelli gravitazionali. Ciò avviene per un periodo piccolissimo, , dopo il big-bang, la cosiddetta Era di Planck. Per descrivere questo regime fisico è necessaria una teoria della gravità quantistica, teoria che al momento non possediamo. Per questo motivo resta in dubbio se l'Universo abbia o no attraversato la singolarità iniziale (il big-bang vero e proprio), ma da un punto di vista osservativo ciò purtroppo non ha al momento alcuna importanza poichè la differenza si estende per un periodo così breve da essere del tutto inosservabile.

  • La cosmologia descritta sopra ha un certo numero di difficoltà, che sembrano essere

legati fra di loro. Da una parte, non viene specificata l'origine delle piccole perturbazioni che andranno a formare le galassie: la teoria si limita a fissarne lo spettro e l'ampiezza necessari per spiegare le osservazioni, ma non l'origine. D'altro canto c'è anche la quasi perfetta uniformità del Fondo di Radiazione Cosmica, che è difficile da spiegare quando si consideri che la costanza della sua temperatura si applica anche a regioni così distanti da non essere mai state in connessione causale, e dunque tali che non possono mai aver raggiunto l'equilibrio termico. Altri problemi dello stesso tipo, e connessi fra di loro, sono la mancanza di monopoli magnetici, la grandissima entropia specifica dell'Universo, e la straordinaria piattezza dell'Universo ad altissimi redshifts. La possibile spiegazione che viene data è l'inflazione cosmologica, e cioè l'esistenza di un nuovo campo, chiamato per il momento semplicemente Inflatone, che genera una fase accelerata nell'espansione dell'Universo, per un breve periodo di tempo fra l'era di Planck e il momento della nucleosintesi. Almeno qualitativamente, si tratta di una spiegazione affascinante. Ma mentre da un canto non esiste traccia della particella Inflatone, dall'altro, tranne la soluzione dei paradossi, il modello ha un'unica predizione (che l'Universo sia critico, e cioè Euclideo, con ottima approssimazione), che però non è sufficientemente specifica. Inoltre, una particella simile, detta Bosone di Higgs, che dovrebbe svolgere un ruolo non dissimile nella Fisica delle Particelle Elementari, non è ancora stata trovata, il che getta dubbi sul modello.

  • Ovviamente, fra i problemi irrisolti, c'è la questione di cosa sia la materia oscura,

per la quale abbiamo al momento solo speculazioni e nessuna osservazione specifica. Ma ancora più grave è il fatto che la maggior parte del contenuto dell'Universo non è costituita nè da materia barionica ( del contenuto totale), nè dalla materia oscura ( del contenuto totale), bensì da una nuova componente chiamata energia oscura (per distinguerla dalla materia oscura), che contribuisce in questo momento per il del contenuto totale dell'Universo. Questa differisce profondamente dalla materia ordinaria. Essa è stata introdotta per spiegare il fatto che l'espansione dell'Universo, come viene determinata grazie alle SuperNovae di tipo Ia, sta accelerando negli ultimi 10 miliardi di anni circa. Come ripetutamente sottolineato, la gravità rallenta l'espansione, e nessuna componente di materia ordinaria si sottrae a questo rallentamento. L'energia oscura, invece, è la responsabile di questa accelerazione, in quanto agisce come un fluido con pressione negativa, il quale tanto più viene compresso, tanto meno si oppone alla compressione. E' possibile identificare questa energia oscura con lo stesso termine (una costante cosmologica) che Einstein introdusse per permettere l'esistenza di un Universo statico (ma in quel caso, la costante cosmologica deve assumere uno specifico valore altrimenti l'Universo evolve). Alternativamente, è possibile visualizzare questo termine di energia come il contributo di un nuovo campo (talvolta chiamato quintessenza), oppure ancora come l'energia del vuoto. La chiarificazioni del ruolo di questo termine è uno dei principali problemi aperti della fisica.



  1. ^ Gary F. Hinshaw, What is the universe made of?, in Universe 101, NASA website, January 29, 2010. URL consultato il 17 marzo 2010.
  2. ^ Seven-Year Wilson Microwave Anisotropy Probe (WMAP) Observations: Sky Maps, Systematic Errors, and Basic Results (PDF), su lambda.gsfc.nasa.gov, nasa.gov. URL consultato il 2011-2-4. (consultare a p. 39 la tabella con i migliori valori stimati per i diversi parametri cosmologici)
  3. ^ Steven Weinberg, I primi tre minuti, Mondadori, 1986, ISBN 8804177527.
  4. ^ Lucas Macri, Stefano Casertano, Hubert Lampeitl, Henry C. Ferguson, Alexei V. Filippenko, Saurabh W. Jha, Weidong Li, Ryan Chornock, A 3% Solution: Determination of the Hubble Constant With the Hubble Space Telescope and Wide Field Camera (PDF), in The Astrophysics Journal, vol. 730, n. 2, 1º April 2011, DOI:10.1088/0004-637X/730/2/119.
  5. ^ [https://www.sciencenews.org/view/generic/id/71286/title/New_study_gives_dark_energy_a_boost 'New Study Gives Dark Energy A Boost'] (Ron Cowen), Science News, 16 March 2011.
  6. ^ Chris Blake, Matthew Colless, D. Heath Jones, Lister Staveley-Smith, Lachlan Campbell, Quentin Parker, Will Saunders, Fred Watson, [https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1365-2966.2011.19250.x/abstract;j sessionid=0F472A593911C228E1BCEBBF545843EC.d02t02 The 6dF Galaxy Survey: Baryon Acoustic Oscillations and the Local Hubble Constant], in Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, 25 July 2011, DOI:10.1111/j.1365-2966.2011.19250.x.
  7. ^ [https://www.sciencedaily.com/releases/2011/07/110726101719.htm 'Hubble Constant: A New Way to Measure the Expansion of the Universe'], Science Daily, 27 July 2011.
  8. ^ [https://www.sciencenews.org/view/generic/id/71286/title/New_study_gives_dark_energy_a_boost 'New Study Gives Dark Energy A Boost'] (Ron Cowen), Science News, 16 March 2011.

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