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Scartamento ferroviario

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Sezione trasversale di rotaia; la parte in alto è detta "fungo".

Lo scartamento ferroviario è la distanza tra i lembi interni del fungo delle due rotaie di un binario ferroviario o tranviario, misurata fino a 14 mm sotto il piano di rotolamento.

Nel passato in alcuni paesi fu in uso un metodo di misurazione dello scartamento ferroviario che considerava la distanza tra asse e asse delle due rotaie. In Francia fu adottato un valore di 1500 mm misurati tra le due mezzerie, misura che non dava problemi di circolabilità dei rotabili nelle linee come quelle della Germania, che adottavano la misurazione dello scartamento di 1435 mm effettuata all'interno.[1]

Confronto di vari calibri ferroviari nel mondo

Fu la mancanza di regole comuni che portò a molte delle differenze esistenti, in quanto alcune reti misuravano lo scartamento in mezzeria, altre sui bordi interni e talvolta a fianco su quelli esterni. L'uso di sistemi di misura non decimali come quello britannico produceva il resto: lo scartamento Stephenson, divenuto in seguito lo scartamento normale o standard è infatti corrispondente a 4 piedi e 8 ½ pollici, diffuso in Europa, Cina, Stati Uniti d'America e Messico che, convertito nel sistema decimale, fornisce 1435 millimetri.

Non è molto chiara l'origine della misura adottata da George Stephenson, che scelse lo scartamento da 1435 mm per la linea ferroviaria Stockton-Darlington, ma è molto probabile che abbia fatto riferimento allo "scartamento" (carreggiata) delle carrozze e dei carri in uso al suo tempo nelle strade.

Si ritiene che la nascita delle prime rudimentali rotaie di legno, che erano semplicemente dei canali cavi in legno che alloggiavano la ruota, sia avvenuta nel XVI secolo in alcune miniere di carbone del Tirolo e, in seguito, nel 1696 nel Regno Unito nelle miniere di Newcastle. L'uso di rotaie di legno permetteva semplicemente alle ruote di non sprofondare nel fango; la soluzione si diffuse in fabbriche e cantieri a seguito della rivoluzione industriale. Successivamente, per l'uso intenso delle zone industriali si pensò di foderare il canale di legno con lamiere metalliche per diminuirne l'usura. In questa fase, infatti, la rotaia era semplicemente un solco rinforzato per evitare lo sprofondamento delle ruote in suoli incoerenti.[2] La presenza di ruote senza bordino permetteva infatti il transito senza problemi dello stesso carro sia in via guidata che su normale strada. Di fatto, poi, esistevano già "rotaie" nelle normali strade, coperte di lastre di pietra, dove i profondi solchi prodotti nella pietra (o anche nello sterrato) in decenni (o secoli) di uso imponevano l'uso di scartamenti delle carrozze e quindi di assali strettamente unificati. La circolazione di carrozze con scartamenti diversi dallo standard era infatti molto pericolosa, dato che la vettura poteva facilmente rovesciarsi per il passaggio delle ruote sprofondate in un solco da un lato, quando le altre ruote erano sollevate e fuori dall'altro.

La stessa automobile Ford modello T dovette tenere conto di tale fattore, adottando uno "scartamento" (carreggiata) del tutto compatibile con questo: è da tenere conto, infatti, che le strade, per le prime automobili, recavano spesso tali solchi prodotti dai carri, sia che fossero pavimentate, sia che fossero sterrate.

Con la realizzazione di rotaie rilevate dal suolo ed interamente metalliche fu necessario creare un ritegno affinché la ruota restasse sulla rotaia; furono tentate tutte le soluzioni: doppio bordino, bordino esterno o interno. Un certo Reynold, nel 1780, produsse ruote fornite di bordino esterno.[3] L'uso di rotaie metalliche per ruote con bordino interno avvenne, sempre in miniera, ad opera di Jessop nel 1789.[3]

È chiaro che i veicoli comunque usati per poter circolare dovevano avere una misura unificata, quindi uno scartamento standardizzato. La scelta della misura standard di 1435 mm per le ferrovie si rivelò alla prova dei fatti un buon compromesso nell'applicazione della tecnologia ferroviaria, consentendo di raggiungere una buona velocità in rettilineo e, contemporaneamente, avere raggi di curvatura non eccessivi, che avrebbero reso difficile la realizzazione in territori montagnosi o in tracciati tortuosi. Furono comunque fatti tentativi per diversificare lo scartamento; la inglese Great Western Railway iniziò a costruire ferrovie con scartamento di 2140 mm, tale da permettere, con una spesa solo leggermente superiore, una capacità di carico assai superiore. L'insuccesso dello scartamento largo della Great Western Railway fu determinato tuttavia dalla necessità di trasbordare le merci nei punti di incontro fra ferrovie a scartamento largo a quelle a scartamento normale. Quest'ultimo si era enormemente diffuso e fu scelto come standard nel 1845 da una commissione parlamentare inglese, che ne raccomandò l'adozione per le linee ferroviarie in costruzione. La GWR fu costretta per l'insuccesso economico a trasformare le sue linee a scartamento normale, operazione che terminò prima della fine del XIX secolo.

Anche in stati come la Spagna, che hanno scartamento maggiore per le linee ordinarie nazionali, è in corso l'adozione dello scartamento standard di 1435 mm.

L'adozione di uno scartamento unificato ha avuto indubbi vantaggi, soprattutto se si considera l'evidente facilità di trasporto senza trasbordi, ma anche la facilità di costruire vagoni, mezzi di trazione, di armamento e di segnalazione compatibili tra loro, tale da avere prodotti collaudati e, concordando le opportune tecnologie, economie produttive di scala sempre più consistenti.

Tale sistema, codificato nella norma UIC (Union internationale des chemins de fer), è divenuto tale da permettere il trasferimento internazionale dei mezzi ferroviari, data la loro perfetta intercambiabilità, ma anche la interoperabilità, cioè la possibilità di operare (spazi operativi, sistemi di fissaggio, segnalamento, dispositivi di sicurezza), in tutte le nazioni.

All'epoca dell'installazione dei sistemi ferroviari si evidenziò il fatto che uno standard ferroviario così unificato potesse costituire una egualmente agevole via di penetrazione e invasione in caso di guerra. Al momento di adottare un sistema ferroviario, alcuni stati ritennero prudente adottare uno scartamento diverso. Si optò quasi sempre per uno scartamento notevolmente più largo, per evitare l'adattabilità dei mezzi dello scartamento standard: un esempio di questa scelta sono lo scartamento russo o lo spagnolo-portoghese. La prudenza non è però l'unica causa della scelta di scartamenti diversi: sempre in Spagna si credette, usando uno scartamento maggiore di quello normale, di poter costruire su tale base treni più grandi e di maggior portata. In altri casi si sono scelti scartamenti anomali per errori di coordinamento nella progettazione[senza fonte].

Uno dei motivi per cui la Germania nazista ebbe così tante perdite nella campagna di Russia, e difficoltà nelle azioni, fu l'oggettiva difficoltà di rifornimento di viveri e munizioni per le proprie truppe in territorio russo a mezzo ferrovia. Lo scartamento diverso delle ferrovie sovietiche costringeva al trasbordo dei carichi. Non trascurabile era il dover utilizzare mezzi di trazione a standard russo che, se danneggiati o sabotati, non erano facilmente rimpiazzabili.

La maggior parte delle ferrovie del mondo (circa il 56% dei km) usa quello di 1435 mm, definito come scartamento normale. Il secondo scartamento più usato è quello russo (1520/1524 mm) con il 18%; seguono con il 7-9% ciascuno gli scartamenti di 1000, 1067 e 1668/1676 mm. Piccole differenze di scartamento non creano problemi, come ad esempio fra Portogallo (1664 mm) e Spagna (1672 mm), ora uniformati a 1668 mm, oppure fra ex Unione Sovietica (1520 mm) e Finlandia (1524 mm).

Convenzionalmente si distingue tra:

Mappa degli scartamenti ferroviari nel mondo

Scartamento ridotto

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Lo stesso argomento in dettaglio: Scartamento ridotto.

Viene utilizzato da molte linee secondarie, ma anche da tante principali, ed è di misura inferiore (più stretto) di quello standard di 1435 mm; per questo motivo è chiamato scartamento ridotto.

Le misure più utilizzate sono:

  • 400 mm, prime ferrovie portatili di Paul Decauville
  • 600 mm, ferrovie portatili, industriali, feldbahn
  • 610 mm = 2', come sopra e alcune linee pubbliche in Sudafrica e India
  • 760 mm, pari a mezza Wiener Klafter (tesa viennese). Questo scartamento venne utilizzato per gran parte delle ferrovie secondarie dell'Impero austro-ungarico, dall'Austria a Trieste, alla Bosnia ed Erzegovina, alla Romania, alla Polonia e spesso viene identificato col termine scartamento bosniaco
  • 762 mm = 2' 6", diffuso nel Regno Unito e in molti paesi dell'Impero britannico
  • 800 mm, Svizzera, diverse ferrovie private
  • 950 mm, detto anche scartamento ridotto italiano. Usato sulle reti circumvesuviana e circumetnea e in quasi tutte le altre ferrovie a scartamento ridotto italiane, ma anche in quelle costruite in Libia, Eritrea e Somalia (ex-colonie italiane), dove furono esportati materiale rotabile e armamento; la misura di 950 mm (interni alle rotaie) riferiva al sistema di misura francese, che considerava gli scartamenti all'asse della rotaia, in tal caso di 1000 mm.
  • 1000 mm, scartamento metrico, utilizzato in Italia per la linea Trento-Malé-Mezzana, la Genova-Casella, la Domodossola-Locarno, la Ferrovia del Renon e le ex tramvie di Genova e, diffusamente, in Svizzera
  • 1067 mm = 3' 6", detto anche Cap Gauge, dalle iniziali del nome del suo introduttore (Carl Abraham Pihl), usato a Città del Capo ed in genere in Africa meridionale, in Australia ed in Giappone (esclusa la rete Shinkansen, che è a scartamento normale). Permette velocità minori dello scartamento normale, anche se in Australia un treno a 1067 mm di scartamento raggiunge regolarmente i 170 km/h.

Le ragioni tecniche dello scartamento ridotto risiedono nel fatto di poter progettare curve con raggio inferiore rispetto a quanto sarebbe possibile nello scartamento standard, senza penalizzare eccessivamente la prestazione delle locomotive. Tale fatto è legato alla resistenza al moto dei veicoli ferroviari, le cui ruote sono collegate ad assale rigido e, pertanto, nelle curve di raggio inferiore ad un certo valore limite, una delle due ruote dell'assale è costretta a strisciare sulla rotaia, dissipando energia e causando un notevole incremento dello sforzo di trazione. Il valore-limite del raggio di curvatura al di sotto del quale si innesca lo strisciamento e l'entità dello strisciamento stesso (e dello sforzo di trazione aggiuntivo che ne deriva) dipendono direttamente dal diametro delle ruote e dallo scartamento del binario.

Nelle reti ferroviarie tradizionali, quindi, ove è in uso l'assale rigido, si preferivano adottare veicoli con ruote piccole e binari a scartamento ridotto in tutti quei territori montani dove la progettazione di un percorso tortuoso poteva consentire minor spesa in termini di costruzioni civili (ponti, gallerie), meglio adattandosi all'orografia accidentata del terreno. Nelle ferrovie a scartamento ridotto anche gli spazi operativi sono ridotti (ad esempio le lunghezze impegnate dagli scambi); tali economie di spazio sono importanti in percorsi in zone disagiate e con spazi limitati, permettendo l'incrocio dei convogli con opere di minor costo.

Lo scartamento ridotto consente quindi economie di costruzione, ma pone problemi di rottura di carico (necessità di trasbordi) nei confronti del resto della rete ferroviaria a scartamento normale ed inoltre limita le velocità di esercizio, limita la quantità di carico trasportabile per la minore superficie di supporto dei binari, per la presenza di curve dal raggio inferiore e, talvolta, per la minore stabilità dei veicoli sul binario.

Scartamento ridotto industriale (260 mm - 643 mm): ferrovie industriali, minerarie, da giardino, Decauville

Scartamento ridotto ferrotranviario (650 mm - 925 mm): piccole ferrovie di montagna, militari, secondarie, tranvie a vapore

Scartamento ridotto metrico (950 mm - 1000 mm): ferrovie di montagna, secondarie, tranvie, metropolitane leggere e metrotranvie

Scartamento ridotto (1050 mm - 1425 mm): ferrovie di montagna, secondarie, tranvie

Scartamento ordinario (1430 mm - 1445 mm): linee principali, tranvie, metropolitane

Scartamento largo (1495 mm - 2743 mm): linee principali, tranvie, applicazioni particolari

Scartamento ferroviario per applicazioni particolari

Altre misure sono utilizzate per i binari delle stazioni di lancio dei vettori spaziali, per gru portuali o industriali.

  1. ^ Ministero dei Trasporti-Ferrovie dello Stato - Serv. Mat e Trazione, Veicoli ed impianti, Volume IX a pag. 274
  2. ^ Ivo Angelini,Treni e ferrovie, p.14.
  3. ^ a b Ivo Angelini,Treni e ferrovie, p.16.
  4. ^ Official company website White Pass and Yukon Route
  5. ^ Lo scartamento metrico italiano di 950 mm fa capo alla adesione del regio governo italiano (Legge Baccarini del 1879) allo standard francese, che considerava lo scartamento teorico agli assi delle rotaie, con misure, appunto agli assi, di 1000 mm e di 1500 mm, fatto che portava alla misura di scartamento ai lembi interni della rotaia di circa 1435 mm, corrispondente allo Stephenson, e di 950 mm.
  6. ^ Questa è l'ultima ferrovia a scartamento ridotto da 950 mm costruita nel periodo coloniale, che è anche l'unica ferrovia in esercizio in Eritrea.
  7. ^ L'impero d'Austria adottò il sistema di misura dello scartamento ai lembi interni di rotaia adottando una misura metrica intera (1000 mm) nelle ferrovie costruite nei territori sotto il suo dominio. Anomalo il caso della ferrovia Genova-Casella (in Italia) che adottò lo scartamento di 1000 mm misurati all'interno
  8. ^ Lo scartamento ridotto del Capo fu dovuto ad una unificazione delle misure inglesi corrispondente a tre piedi e mezzo (3' e 6").
  9. ^ (EN) Douglas J. Puffert, Tracks across Continents, Paths through History: The Economic Dynamics of Standardization in Railway Gauge, University of Chicago Press, 2009.
  • Ivo Angelini, Treni e ferrovie, Firenze, Editrice Salani, 1975.
  • Ministero dei Trasporti Ferrovie dello Stato-Serv.Mat e Trazione, Veicoli ed impianti, Volume IX, 1963.
  • Leonardo Micheletti, Alle origini degli scartamenti. Nascita e diffusione delle misure “standard” del binario, in La tecnica professionale, n. s. 14 (2007), n. 11, pp. 30–36

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