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John Philips

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John Philips

John Philips (Bampton, 30 dicembre 1676Hereford, 15 febbraio 1709) è stato un poeta inglese.

John Philips è l'autore di un poema burlesco, "Lo splendido scellino" ("Splendid Shilling"), parodia della poesia epica di John Milton[1], e di un'imitazione delle Georgiche di Virgilio, Il sidro (The Cyder, 1709), tradotto in italiano da Lorenzo Magalotti[2]. Figlio di un ecclesiastico dell'Oxfordshire, di salute cagionevole (era ammalato di tubercolosi, malattia che lo portò a morte all'età di soli 32 anni), visse spesso all'aria aperta, come consigliatogli dai medici, e sviluppò l'amore per la natura rilevabile nel Sidro.

È un poemetto in due canti, scritto sul modello delle Georgiche, in cui sono descritte le procedure agricole e le tecniche necessarie per la preparazione della bevanda, ottenuta dalla fermentazione delle mele: la scelta del terreno migliore per il frutteto, l'arte degli innesti, le potature, la difesa dei frutti da parte degli uccelli (con un nibbio finto), dei cinghiali (con i cani), delle lumache, dalle vespe, dai vermi, ecc. Si discute poi il problema di quali siano le varietà di mele più adatte, di come debbano essere frantumate per mezzo di una macina tirata da un cavallo; il liquido ottenuto deve poi essere fatto riposare per almeno due anni, prima di ootenere il sidro, che deve essere consumato con parsimonia. Il poemetto si chiude con un inno all'Inghilterra, terra dove crescono le migliori mele per fare il sidro[3].

  1. ^ Inserito, senza il consenso dell'autore, in una "Collection of Poems" pubblicata da David Brown and Benjamin Tooke nel 1701),
  2. ^ Il sidro poema in due canti di Giovanni Filips tradotto dall'inglese in toscano dal celebre conte Lorenzo Magalotti ora per la prima volta stampato con altre traduzioni, e componimenti di vari autori, In Firenze: appresso Andrea Bonducci, 1749 [1][collegamento interrotto]
  3. ^ Voi dell'Empireo Ciel Virtudi alate,
    Che queste del Britannico Oceano
    Isole fortunate in guardia avete,
    Deh guardatele sì , che alle felici
    Spiagge Peste simìl mai non s'appressi,
    Né che le sociali allegre tazze
    Inaffin mai di civil'odio il seme;
    Tristo dolente seme, onde la bella
    Britannia pianga un dì; ma che sicuri,
    E d'ogni rauco Marziale arnese
    A mano a man dimenticato il suono,
    Gioir possiamo del natio terreno
    De' generosi Autunni, e ne' soavi
    Salutiferi umor bere a vicenda
    Letizia, pace, ed ospiitale amore!
    (Trad. di Lorenzo Magalotti)

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