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Evita Perón

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Evita Perón
Eva Duarte Perón

Capo spirituale della nazione
Durata mandato7 maggio 1952 –
(titolo perpetuo)

Primera dama dell'Argentina
Durata mandato4 giugno 1946 –
26 luglio 1952
PresidenteJuan Domingo Perón
PredecessoreConrada Victoria Torni de Farrell
SuccessoreDelina del Carmen Botana

Dati generali
Partito politicoPartito Giustizialista
Titolo di studioLicenza media
ProfessioneAttrice
Politica
Sindacalista
Filantropa
FirmaFirma di Evita Perón

María Eva Duarte de Perón, nata María Eva Duarte[1] (Los Toldos, 7 maggio 1919Buenos Aires, 26 luglio 1952), è stata un'attrice, politica, sindacalista e filantropa argentina[2][3], seconda moglie del presidente Juan Domingo Perón e primera dama dell'Argentina dal 1946 fino alla morte nel 1952, avvenuta per un tumore, a 33 anni. È di solito indicata come Eva Perón o con il diminutivo Evita.

Eva Duarte nacque a Los Toldos,[4] presso Junín, a circa 280 chilometri a sudovest di Buenos Aires, nell'Argentina rurale, il 7 maggio 1919, ultima di cinque figli.[5] Nel 1934, a 15 anni, si trasferì a Buenos Aires, capitale della nazione, dove intraprese una carriera da attrice di teatro, radio e cinema.

Eva conobbe il colonnello Juan Domingo Perón il 22 gennaio 1944, a Buenos Aires, durante un evento di beneficenza a favore delle vittime del terremoto di San Juan. I due si sposarono l'anno successivo.[5] Nel 1946 Juan Perón fu eletto Presidente dell'Argentina, proponendo una politica sociale e nazionalista, il peronismo, a cui Eva contribuì. Nel corso dei successivi sei anni, Eva Perón divenne una figura di spicco all'interno dei sindacati peronisti, patrocinando i diritti dei lavoratori e dei più poveri.[5] Morì a 33 anni, per un tumore all'utero.

La sua figura, tuttora oggetto di venerazione popolare in Argentina[6], è stata anche al centro di numerose celebrazioni postume, come il film hollywoodiano Evita, tratto dall'omonimo musical teatrale.

Ritratto ufficiale di Eva Perón, 1948

Infanzia a Los Toldos

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Evita nacque il 7 maggio del 1919 a La Unión, la proprietà terriera del padre, vicino al paese di Los Toldos, in provincia di Buenos Aires. Era l'ultima di cinque figli illegittimi[7] di un piccolo proprietario terriero originario di Chivilcoy, Juan Duarte, e della sua cuoca e amante, Juana Ibarguren.[5]

Qualche tempo dopo la nascita di Evita, il padre abbandonò amante e figli per tornare a Chivilcoy, alla famiglia legittima. Dopo l'abbandono, la madre di Evita decise di trasferirsi a Los Toldos con i cinque figli[8]. Juana Ibarguren possedeva una macchina per cucire e si mise a confezionare pantaloni per un negozio, mentre la sorella Elisa venne assunta nell'ufficio postale del villaggio.[5]

Gli anni di Los Toldos furono fondamentali per plasmare il carattere di Evita: ai suoi coetanei era vietato giocare insieme a lei e gli abitanti del villaggio la umiliavano, discriminandola per la sua condizione di figlia illegittima. Per questo motivo la bambina era divisa tra la solidarietà verso la sua famiglia e la vergogna di appartenervi. Anche il suo carattere era diviso: allegra e capricciosa in casa e introversa fuori.[9]

Nel 1926 il padre morì in un incidente d'auto. La famiglia intera partì per Chivilcoy per dare un ultimo saluto all'uomo. La morte del padre aggravò seriamente la situazione economica della famiglia.[5] Quando Juana Ibarguren si recò a Chivilcoy con le figlie per rendere l'ultimo saluto all'uomo, Eva dovette affrontare altre discriminazioni e umiliazioni. Le figlie legittime, infatti, non volevano lasciar entrare quelle illegittime e fu soltanto grazie all'intervento di un parente che le ragazze riuscirono ad avvicinarsi alla bara.[10] Eva raccontò in seguito come in quell'occasione avesse scoperto l'indignazione dinanzi all'ingiustizia.[11]

Adolescenza a Junín

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La sorella Elisa fu trasferita dall'ufficio postale di Los Toldos a quello di Junín e così Juana decise di trasferire tutta la famiglia al seguito della figlia, lasciandosi alle spalle numerosi debiti.[12] A Junín la situazione economica della famiglia migliorò quando i figli trovarono lavoro: Elisa lavorava all'ufficio postale, Blanca era maestra di scuola e Juan impiegato in una fabbrica di sapone.

Il carattere di Evita diventava sempre più contraddittorio: i suoi compagni di scuola la trovavano dolce, ma nello stesso tempo ne conoscevano l'animo autoritario. Una delle sue compagne[13] affermò che Evita voleva sempre comandare. Inoltre era chiamata "la grande" giacché, ripetente, terminò le medie inferiori a 14 anni, quando i suoi compagni ne avevano solo 12.[5]

A Junín affiorò la sua predisposizione artistica: era la prima della classe in recitazione. Il suo idolo cinematografico era Norma Shearer. Giorno dopo giorno si convinceva che il suo destino era fare l'attrice: lo comunicò alla madre che, nonostante il carattere autoritario, non aveva principi rigidi e idee arretrate, e accettò il desiderio della figlia.[5]

Partenza per Buenos Aires e lavoro di attrice

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Esistono diverse versioni sulla partenza di Evita:

  • Versione della sorella Erminda
    Evita chiese alla madre di accompagnarla a Buenos Aires per un'audizione radiofonica. Dopo molte esitazioni, la madre accettò. Evita recitò una poesia e il direttore dell'emittente le propose un contratto. Eva si stabilì a Buenos Aires presso alcuni amici di famiglia.[14]
  • Versione di Fermín Chávez (giornalista)
    Evita chiese alla madre di accompagnarla a Buenos Aires per un'audizione radiofonica. Dopo l'audizione rientrarono insieme a Junín. La risposta della radio si fece attendere. Ciò non impedì a Evita di dichiarare: «Con o senza risposta, parto comunque». Il fratello Juan, che svolgeva il servizio militare a Buenos Aires, si sarebbe occupato di proteggere la sorella minore dai pericoli della grande città.[15]
  • Versione di Jorge Capsitski e Rodolfo Tettamanti (giornalisti)
    Il cantante di tango Agustín Magaldi si esibì al teatro di Junín. Juan, il fratello di Evita, lo avvicinò per parlargli della sorella. Evita fece visita al cantante nel suo camerino e lo supplicò di portarla insieme a lui a Buenos Aires. Magaldi accettò e tutto si svolse in maniera decorosa, dato che lui viaggiava in compagnia della moglie.[16]
Eva nel periodo della radio (1941)
  • Versione di Mary Main (biografa)
    Il cantante di tango Agustín Magaldi si esibì al teatro di Junín. Evita s'intrufolò nel camerino del cantante, divenne la sua amante e arrivò così a Buenos Aires con lui.[17]

L'unica cosa certa è che Eva Duarte arrivò il 2 gennaio 1935 a Buenos Aires, a neanche 16 anni. Appena arrivata, Evita si dedicò alla sola cosa che le sembrava di importanza vitale: trovare le persone e i contatti per realizzare il suo sogno di attrice. Magaldi la aiutò presentandola ad alcune persone dell'ambiente.[12]

La sua prima esperienza teatrale fu l'interpretazione del ruolo di una cameriera che doveva annunciare: "Il pranzo è servito"[18]. In seguito ottenne altri ruoli. Le critiche non hanno mai concesso a Evita aggettivi migliori di "discreta", ma non l'hanno nemmeno mai trovata pessima. Benché lavorasse per compensi infimi, continuò a recitare senza sosta.[19]

Nel 1936 venne assunta da una compagnia di giro con la quale partì in tournée. Durante il viaggio, il capocomico minacciò di licenziarla se non fosse stata disponibile alle sue richieste sessuali. Evita eluse le pretese dell'attore senza essere licenziata ma, quando fece ritorno a Buenos Aires, lasciò la compagnia.[5]

Gradualmente ottenne un certo riconoscimento: partecipò come attrice secondaria in un film e comparve come modella sulle copertine delle riviste di spettacolo, ma soprattutto iniziò una carriera di successo come annunciatrice e attrice di soap opera. Nell'agosto del 1937 ottenne il suo primo ruolo in un'emittente radio[5]

Il 1º maggio 1939 la sua carriera ebbe una svolta: la compagnia del Teatro dell'Aria cominciò a diffondere una serie di radiodrammi tra i cui protagonisti vi era Eva Duarte. Evita si lanciò con successo nella carriera radiofonica. Dopo il primo, Eva iniziò un secondo ciclo di radiodrammi e, successivamente, un terzo. Recitò anche in un film storico, e fece le sue ultime comparse in teatro prima di abbandonarlo perché si guadagnava poco. Nel 1941 partecipò a due film: El más infeliz del pueblo ("Il più infelice del paese"), e Una novia en apuros ("Una fidanzata nei guai").[20]

Tra radiodrammi e film, Eva finalmente raggiunse una situazione economica abbastanza stabile da permetterle, nel 1942, di comprare un appartamento in un quartiere elegante di Buenos Aires.[20]

Il 22 gennaio 1944 Evita incontrò Juan Domingo Perón. In quel periodo l'Argentina stava attraversando un momento di trasformazione economica, sociale e politica.[5]

Situazione politica e sociale argentina nel 1944

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L'Argentina stava cambiando la sua struttura produttiva: nel 1943, per la prima volta, il valore della produzione industriale superò quello della produzione agricola.[21]

Socialmente il paese stava vivendo una grande migrazione interna: spinta dallo sviluppo dell'industria, la popolazione migrava dalle campagne per stabilirsi nelle città. La grande crescita industriale generò un processo di urbanizzazione e un notevole cambio di popolazione nelle grandi città, specialmente a Buenos Aires, dove la classe operaia andava sempre più aumentando. I criollos o cabecitas negras (le "testoline nere"), chiamati così perché avevano i capelli e gli occhi più scuri di quelli degli immigrati europei, invasero Buenos Aires. La grande migrazione interna si caratterizzò anche per la presenza di una grande quantità di donne, le quali cercavano di inserirsi nel nuovo mercato del lavoro creato dall'industrializzazione.[22]

Politicamente il paese viveva una profonda crisi dei partiti politici tradizionali, i quali avevano instaurato un sistema corrotto fondato sul nepotismo; il governo fu accusato di numerosi brogli elettorali. Questo periodo è conosciuto, nella storia dell'Argentina, come il Decennio infame (1931-1943) e fu dominato da un'alleanza conservatrice, chiamata la Concordia. Davanti alla corruzione del governo conservatore, il 4 giugno 1943 ci fu un colpo di Stato militare che aprì un confuso periodo di riorganizzazione politica. Tra gli autori del colpo di Stato del 1943 vi fu il giovane Juan Domingo Perón, colonnello dell'esercito.[23]

A questo periodo risale l'inizio dell'attività sociale di Evita[24]

L'incontro con Juan Domingo Perón

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Il 15 gennaio 1944 la città di San Juan venne distrutta da un terremoto che causò più di diecimila morti. Juan Domingo Perón, nominato ministro del lavoro il novembre precedente, con lo scopo di raccogliere fondi per la ricostruzione organizzò un festival di artisti. Il 22 gennaio del 1944, durante il festival, Evita e Perón s'incontrarono[25]. Già nel febbraio seguente decisero di convivere, nel nuovo appartamento di Evita. La carriera artistica di Eva continuava a svilupparsi e in quell'anno venne anche nominata presidente del sindacato chiamato Associazione Radicale Argentina.[20]

Gli avvenimenti del 1945

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Ritratto ufficiale di Perón e di Evita
(1948, Numa Ayrinhac - Museo del Bicentenario)

Il 5 ottobre del 1945 Perón deteneva tre cariche: aveva conservato quelle di Ministro del lavoro e della guerra ed era diventato anche vicepresidente dell'Argentina. Perón era l'unico che mostrasse di interessarsi ai lavoratori: infatti aveva favorito un aumento dei salari, aveva creato i tribunali del lavoro e migliorato i sistemi di aiuto sociale. Questa serie di misure gli assicurava la fedeltà e la riconoscenza del popolo, e ciò lo rendeva pericoloso agli occhi dell'opposizione democratica e del settore militare.[26]

Il presidente Edelmiro Julián Farrell, sensibile alle critiche dell'opposizione e dei militari, che temevano il potere crescente di Perón, aveva annunciato al popolo argentino che prima della fine dell'anno sarebbe stato chiamato a scegliere i propri governanti.[5]

Nella notte dell'8 ottobre venne organizzata dagli antiperonisti una marcia su Buenos Aires per sbarazzarsi di Perón. Durante un incontro tra il generale Avalos, i suoi militari e il presidente Farrell, venne deciso che Perón avrebbe dovuto dimettersi subito dalle cariche che deteneva.[5]

Il 10 ottobre Perón si presentò al ministero del lavoro per prendere congedo. In strada si erano assembrati quindicimila operai ed Evita era tra di essi.[5] Sfidando i capi dell'esercito, Perón disse alla folla: «Vi chiedo di rispettare l'ordine pubblico affinché si possa proseguire la nostra marcia trionfale, però se un giorno si rivelasse necessario, vi chiederò di battervi».[5] Intanto, Evita venne informata che tutte le sue trasmissioni radio erano state cancellate.[5] A mezzanotte dello stesso giorno, Evita e Perón lasciarono il loro l'appartamento per rifugiarsi sul delta del Paraná.

Il 13 ottobre Perón venne arrestato e deportato per volontà dei capi delle forze armate, che al loro interno erano profondamente divisi sulla gestione del potere. Venne portato sull'isola di Martín García nel mezzo del Río de la Plata.[5] Nel giorno in cui arrivò sull'isola, Perón scrisse due lettere: una a Mercante, suo amico, e una a Evita, manifestando propositi di rinuncia[27]

Il matrimonio civile di Eva e Perón

Il 16 ottobre fu internato all'ospedale militare di Buenos Aires per una malattia, vera o fittizia. Lo stesso giorno la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si riunì e proclamò uno sciopero di 24 ore per il 18 ottobre.

La gente, però, iniziò a non dare più ascolto nemmeno ai sindacati. Il 17 ottobre ci fu quella che fu chiamata la "marcia dei descamisados".[5] I manifestanti occuparono spontaneamente Plaza de Mayo, chiedendo la liberazione di Perón e gli stessi generali che lo avevano arrestato furono costretti a richiamarlo al governo. Quel 17 ottobre, molti si erano tolti le camicie a causa del caldo; di conseguenza la parola dispregiativa descamisados (gli scamiciati), usata dal giornale La Prensa, da allora designò i sostenitori di Perón.[5] Eva quel giorno era a Junín a casa della madre e tornò in città solo alla sera.[5]

Dopo la liberazione, il 22 ottobre Perón si sposò con Evita a Junín.[5] Secondo alcuni biografi, in quel 1945 Eva avrebbe avuto un aborto spontaneo.[28]

Carriera politica

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Eva Perón, primavera 1948
Eva Perón con il presidente brasiliano Eurico Gaspar Dutra a Rio de Janeiro, 1947. Archivio Nazionale del Brasile

La campagna elettorale

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Dopo il matrimonio, Perón fu occupato con la campagna elettorale.[5] Il 26 dicembre 1945 Evita e Perón partirono per un viaggio elettorale con un treno che venne battezzato El Descamisado, per raggiungere il Nord del Paese. A questo viaggio ne seguirono altri. La novità fu soprattutto la presenza di Evita sul treno. Fino ad allora nessuna moglie aveva mai accompagnato un candidato nella sua campagna.[5]

Evita, durante i viaggi, non tenne un discorso. Il 4 febbraio 1946, pochi giorni prima delle elezioni, un'associazione femminile organizzò un incontro al Centro Universitario Argentino per sostenere la candidatura di Perón. Questi, indisposto, decise di mandare la moglie. Il risultato fu disastroso, perché il pubblico reclamò con rabbia la presenza di Perón, impedendole di parlare.[5]

Il 24 febbraio 1946 Juan Domingo Perón venne eletto presidente della Repubblica Argentina con il 52% dei consensi; nel 1947 fondò il Partito unico della rivoluzione, che venne chiamato Partito Peronista.[5]

I diritti delle donne e il Partito Peronista Femminile

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Una delle battaglie di Evita Perón fu quella che portò al riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti politici e civili tra gli uomini e le donne, con la legge 13.010 presentata il 23 settembre del 1947.

Il suo impegno per la dignità della donna fu costante e la condusse il 26 luglio del 1949 alla fondazione del Partito Peronista Femminile (PPF), di cui fu presidente fino al 1952[29]. Al partito fu garantito il 33% degli incarichi ottenuti dal peronismo.[30]

Juan ed Eva Perón a un ricevimento ufficiale, 1947

Relazione con lavoratori e sindacalisti

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Perón, dopo la vittoria nelle elezioni, oberato di impegni, delegò ad Eva i rapporti coi lavoratori. La sua efficienza venne ricompensata con l'assegnazione di un ufficio all'interno del ministero del Lavoro. Assidua visitatrice di fabbriche, scuole, ospedali, sindacati, club sportivi e culturali, Eva si guadagnò la fiducia dei lavoratori e dei sindacalisti, stabilendo una forte ma anche complessa relazione con essi.[31]

Il giro in Europa

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Un anno dopo le elezioni, Evita venne incaricata di rappresentare il marito in un tour europeo che toccò: la Spagna, l'Italia, il Vaticano, la Francia, il Portogallo, la Svizzera, il Brasile e infine l'Uruguay.[32]

A Roma: incontro con un prelato

L'Europa del 1947 era un continente stremato dalla guerra appena finita. L'Europa aveva fame e l'Argentina abbondava di grano e di bestiame: questa occasione era per entrambi i continenti un'opportunità positiva.[5] Il giro in Europa durò tre mesi. Evita salì su un aereo il 6 giugno 1947 e arrivò in Spagna l'8 giugno, ricevuta all'arrivo da Francisco Franco con l'intero governo. Fu proclamato un giorno di festa nazionale: anche per il popolo spagnolo Evita era già una leggenda e a Madrid non mancò di visitare i quartieri poveri, abbracciando gli ammalati e regalando denaro come faceva in Argentina. Le fu assegnata per l'occasione la Gran Croce dell'Ordine di Isabella la Cattolica. Il viaggio in Spagna fu un trionfo.[5]

Perón ed Eva a un incontro ufficiale alla Casa Rosada

In Italia fu sia acclamata che contestata. Il 26 giugno del 1947 giunse a Roma. Il momento centrale del soggiorno romano fu rappresentato dall'incontro con papa Pio XII.[5][33] Il viaggio proseguì in Portogallo, Francia e Svizzera.[34][35]

Il 23 agosto 1947 Eva ritornò in Argentina accolta da una folla immensa.[5]

La fondazione Eva Perón

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Il lavoro di Evita all'interno del governo peronista si orientò all'assistenza sociale con lo scopo di combattere la povertà. Subito dopo il ritorno dal suo tour europeo, Evita organizzò un'assistenza sociale dal nome "Crociata Maria Eva Duarte de Perón", che si occupava di dirigere l'assistenza infermieristica per le donne senza fissa dimora, concedendo sussidi e case temporanee. Nel 1948 creò la Fondazione Eva Perón, presieduta da lei stessa, che si occupava di migliorare le condizioni di vita dei bambini, degli anziani, delle ragazze madri e delle donne appartenenti alle classi più povere della popolazione. La Fondazione condusse una vasta gamma di attività sociali, dalla costruzione di ospedali, case di cura, scuole, campi estivi, all'assistenza e promozione delle donne.

Evita acclamata dai descamisados

La Fondazione si sviluppò secondo tre direttrici:

  • sociale: aiuti finanziari a chiunque ne facesse richiesta, creazione di posti di lavoro, concessione di borse di studio, costruzione di case popolari;
  • educativa: costruzione di scuole, realizzazione di mense per gli scolari, costruzione di convitti annessi alle principali scuole; con i Juegos Infantiles Evita y Juveniles Juan Perón, 100.000 bambini e ragazzi provenienti da famiglie povere poterono accedere all'attività sportiva con benefici per la loro salute, essendo sottoposti a continui controlli medici;
  • sanità pubblica: costruzione di ospedali, scuole per infermiere, laboratori di igiene e profilassi, case di cura per anziani, ponendosi l'obiettivo di sradicare alcune malattie endemiche dell'Argentina di quei tempi, quali: la tubercolosi, la malaria, la sifilide e la lebbra.

Tra le opere realizzate dalla Fondazione vi fu il complesso d'abitazioni Ciudad Evita (nel quartiere de La Matanza) e molti ospedali che ancora oggi portano il nome di Evita, Eva Perón o la "República de los Niños en Gonnet" (in provincia de Buenos Aires).[5]

La preoccupazione di Evita per gli anziani la portò a proclamare nel 1948 il Decálogo de la Ancianidad (Decalogo dell'Anzianità), ovvero una serie di diritti degli anziani[36]

Candidatura alla vicepresidenza e malattia

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Eva negli anni cinquanta

Il 9 gennaio 1950 Evita svenne in pubblico e venne operata tre giorni dopo di appendicite, ma le venne diagnosticato anche un tumore dell'utero.[5] Il medico propose un'immediata isterectomia totale, che avrebbe potuto probabilmente salvarle la vita o comunque prolungarla, senza grandi sofferenze (la madre di Eva aveva sofferto dello stesso male, ma l'isterectomia l'aveva salvata), ma Evita rifiutò, forse per non sminuire il proprio ruolo di "madre degli argentini" o perché credeva all'inizio che la diagnosi fosse falsa e solo una manovra degli antiperonisti per indebolirla psicologicamente e come leader politico agli occhi del popolo (i generali avevano già manifestato malumori per una sua eventuale corsa alla vicepresidenza).[28]

Discorso di rinuncia alla candidatura

La campagna ufficiale per la candidatura presidenziale Perón-Eva Perón iniziò il 2 agosto 1951, con l'arrivo di duecento sindacalisti venuti a incontrare Perón per chiedergli di accettare la rielezione e per esprimere il desiderio che Evita facesse parte del tandem presidenziale. Perón non rispose alle richieste e per questo motivo venne fissata una nuova data; il 22 agosto i sindacalisti si presentarono di nuovo per chiedere a Evita e Perón di depositare le loro rispettive candidature.[37] La manifestazione non si svolse sul balcone della Casa Rosada, la residenza presidenziale argentina, ma nell'Avenida 9 de Julio.[5] Evita voleva guadagnarsi un posto nella scheda elettorale come candidata alla vicepresidenza; questa mossa preoccupò molto i capi militari e i gruppi più conservatori, i quali cercarono in tutti i modi di evitare la candidatura, non ritenendo adatta una donna (per di più giovane e di estrazione popolare) come vice-comandante in capo delle forze armate. Evita, comunque ricevette il sostegno della classe operaia e delle donne peroniste, un sostegno così intenso che sorprese Juan Perón stesso.[5]

Eva Perón vota in ospedale nel 1951

Alla manifestazione, la folla chiese a Evita di annunciare pubblicamente la sua candidatura come vicepresidente. Evita rispose che avrebbe annunciato la sua decisione alla radio qualche giorno dopo.[38]

Nove giorni dopo, Evita mandò un messaggio radiofonico al popolo argentino, annunciando la sua intenzione di rinunciare.

«Ho solo un'ambizione personale: che il giorno in cui si scriverà il capitolo meraviglioso della storia di Perón, di me si dica questo: c'era, al fianco di Perón, una donna che si era dedicata a trasmettergli le speranze del popolo. Di questa donna si sa soltanto che il popolo la chiamava con amore: Evita.[5]»

La voce secondo la quale era gravemente malata si diffuse fra il popolo, causando tristezza fra i peronisti ed esultanza fra i nemici del Presidente. Gli svenimenti di Eva continuarono per tutto il 1951, anche durante la cerimonia peronista del 22 agosto. Evita era molto debole e l'avanzamento del cancro la costringeva al riposo.[5]

Il suo ultimo discorso pubblico, il 1º maggio 1952

Il 5 novembre 1951 Evita Perón fu sottoposta a intervento chirurgico dall'oncologo statunitense George Pack. Sei giorni più tardi votò dal suo letto d'ospedale per le elezioni generali in cui il marito fu eletto presidente per la seconda volta.[5]. Il 15 ottobre precedente era uscito il suo libro autobiografico La razón de mi vida, scritto con l'aiuto dello spagnolo Manuel Pennella; la prima edizione pubblicò 300 000 copie e, dopo la sua morte, divenne lettura d'obbligo nelle scuole[5].

Il 1º maggio 1952, sostenuta fisicamente dal marito alle sue spalle, tenne l'ultimo discorso pubblico dal balcone della Casa Rosada, con toni forti contro i nemici del peronismo[28]. Il 7 maggio, giorno del suo trentatreesimo compleanno, Juan Domingo Perón nominò sua moglie «Leader spirituale della Nazione argentina», onorificenza concessa formalmente dalla Camera dei deputati[39]. Ormai immobilizzata a letto, era ridotta a 37 chilogrammi[28].

4 giugno 1952, ultima apparizione pubblica di Evita Perón

La sua ultima apparizione pubblica fu il 4 giugno al fianco del marito, in piedi sull'auto presidenziale per la seconda parata inaugurale. Riuscì a partecipare solo con l'uso di molti antidolorifici e di uno speciale sostegno metallico. La sera tornò a letto e uscì dalla sua camera solo per essere portata in ospedale[28][40].

Studi successivi portano a ritenere che nell'ultimo mese prima della morte Evita Perón fosse stata segretamente sottoposta a lobotomia come terapia palliativa del fortissimo dolore che il cancro era presumibile le procurasse[41]. Alle 3 del mattino del 26 luglio entrò in coma; la morte sopraggiunse alle 20:23 di quello stesso giorno, per adenocarcinoma[42]. Nella comunicazione ufficiale, l'orario fu modificato alle 20:25[43] e da quel giorno, a quell'ora, quotidianamente fino alla deposizione di Perón nel 1955, i notiziari della sera si interruppero con la formula: «Sono le 20:25 minuti, l'ora in cui Eva Perón è passata all'immortalità»; fu decretato il lutto nazionale per la durata di un mese.[44]

Mummificazione e sequestro di cadavere

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Secondo quanto disse Perón, il desiderio di Evita era quello di non essere sotterrata, poiché già sapeva, in ogni caso, che l'avrebbero esposta, nonché quello di non essere dimenticata. Il medico spagnolo Pedro Ara, che aveva collaborato all’imbalsamazione di Lenin, mummificò il cadavere di Evita: quest’ultimo fu coperto da una bandiera bianca e azzurra, venne posto in una bara chiusa da un vetro trasparente ed esposto alla Segreteria del Lavoro.[45]

Il dottor Ara e il corpo mummificato di Evita

La fila dei visitatori raggiunse circa i due chilometri. Le persone aspettarono anche per dieci ore, pur di dare l'ultimo saluto a Evita.[5]

Il 9 agosto la bara, posta su un affusto di cannone, circondata da una marea di fiori e da due milioni di partecipanti, venne portata prima al Congresso, poi alla CGT (Confederazione Generale del Lavoro), dove rimase.[5]

Tre anni dopo un'insurrezione depose Perón, il quale fuggì e si recò in esilio in Spagna. La costruzione del mausoleo commissionato per Eva, con annesso grattacielo e statua monumentale, venne fermata.[46]

Il dottor Ara si presentò poco dopo alla Casa Rosada per informare il generale Eduardo Lonardi, salito al potere, che Perón gli aveva lasciato il corpo di Eva. Al colloquio partecipò anche il tenente colonnello Carlos Eugenio Moori Koenig, nominato capo del servizio informazioni dell'esercito. Nei mesi successivi Koenig cercò di elaborare un progetto per nascondere la salma di Eva, poiché i militari temevano che qualsiasi posto destinato a ospitare quei resti si sarebbe trasformato in un luogo di culto.[5] Moori Koenig trasferì il cadavere in un furgone, dove lo lasciò per diversi mesi: le spoglie vagarono per numerosi edifici militari, sempre sotto sorveglianza.[5] Quando il colonnello Koenig si rese conto che non poteva continuare a spostare la salma di Evita da un luogo all'altro, né poteva distruggerla senza causare una rivolta, la trasportò nel suo ufficio, nella sede centrale del servizio informazioni, dove rimase fino al 1957. Si dice che Koenig, affascinato dalla perfezione del lavoro anatomico eseguito da Ara sul corpo di Eva, la mostrasse ogni tanto ai suoi ospiti.[5]

Il generale Aramburu, dopo essersi accordato per seppellire Evita dignitosamente fuori dal paese, si mise in contatto con un prete italiano e uno argentino per trasportare la salma in Europa. Furono realizzate diverse finte salme, in pietra o cera, per ingannare i peronisti.[5]

Portata in Italia, la salma fu seppellita sotto il nome di Maria Maggi, vedova de Magistris[47] nel cimitero maggiore di Milano[5][48]

La tomba di Evita

Il 1º settembre 1971, il corpo venne riesumato e riconsegnato a Perón (a Madrid).

Il ritorno in Argentina

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Solo nel 1974, la salma tornò in Argentina, accolta da una moltitudine di sostenitori. Perón era stato eletto nuovamente Presidente nel 1973, ma morì pochi mesi prima del rimpatrio del corpo di Eva, lasciando la leadership alla terza moglie Isabel Martínez de Perón. I militari che la deposero con un golpe nel 1976 si impadronirono della salma di Evita, che alla fine, per ordine del dittatore Jorge Rafael Videla e tramite il generale Emilio Eduardo Massera, fu riconsegnata alle sorelle. Fu infine seppellita privatamente nel cimitero della Recoleta, nella cripta della cappella della famiglia Duarte-Arrieta.[49][50] L'interno della cappella, dove si trova effettivamente la sepoltura, è privato e non visitabile dal pubblico, ma intorno al portone di ferro esterno vi sono diverse lapidi, tra cui alcune targhe a lei dedicate. Nel 2006, con la traslazione del corpo di Perón nel mausoleo a lui dedicato, si parlò di un possibile spostamento anche della mummia di Eva, cosa finora però non verificatasi.

Evita Perón nella cultura di massa

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Lo stesso argomento in dettaglio: Evita Perón nella cultura di massa.
Il revival londinese di Evita all'Adelphi Theatre nel 2006

La figura di Evita Perón e la sua vicenda umana hanno ispirato, oltre che numerosi scrittori, anche il mondo della musica e del cinema. La sua immagine divenne di culto nel suo paese tanto che le furono dedicate città e una provincia. La sua autobiografia La razón de mi vida (La ragione della mia vita) divenne testo obbligatorio nel sistema educativo argentino. Evita fa parte dell'immaginario politico argentino come emblema della sinistra peronista, invisa alla classe superiore anglofila.

Il suo stile, comprendente sia: gioielli, abiti di lusso, tailleur, pellicce, sia abiti più popolari e le sue acconciature con chignon o alla Pompadour divennero molto noti non solo in Argentina.[51]

È famoso il musical Evita del compositore inglese Andrew Lloyd Webber, portato anche sullo schermo in un film dal titolo omonimo con Madonna e Antonio Banderas (in una parodia di questo musical, in un episodio della serie animata I Simpson Lisa diviene presidentessa degli studenti).

In Italia, invece, il Quartetto Cetra le dedicò, quando era ancora in vita, il motivetto A pranzo con Evita. Nel 2017 anche la band power metal, White Skull le dedicò una canzone, Lady of Hope, contenuta nel disco Wheel of the Strong.

Galleria d'immagini

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Pubblicazioni

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  • La ragione della mia vita (La razón de mi vida) (1951), libro autobiografico, con Manuel Pennella.
  • Il mio messaggio (Mi mensaje) (1952), raccolta postuma di scritti, curati e forse rimaneggiati[forse?] da Juan Perón.

Film con Eva Duarte Perón come interprete

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  • ¡Segundos afuera! (1937)
  • La carga de los valientes (1940)
  • El más infeliz del pueblo (1941)
  • Una novia en apuros (1942)
  • La cabalgata del circo, regia di Eduardo Boneo e Mario Soffici (1945)
  • La pródiga (1945)

Film su Evita

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Lo stesso argomento in dettaglio: Evita_Perón_nella_cultura_di_massa § Film.

Onorificenze argentine

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Onorificenze straniere

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  1. ^ Fraser, Nicholas; Navarro, Marysa (1996). Evita: The Real Life of Eva Perón. W.W. Norton & Company.
  2. ^ Peron, Eva Duarte
  3. ^ Evita a Parigi nel 1947 Archiviato il 15 maggio 2015 in Internet Archive.
  4. ^ voce "Eva Duarte" su enciclopedia Treccani
  5. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai aj ak al am an ao ap aq ar Introduzione a: Eva Peron, La ragione della mia vita, ed. originale 1951 (La razón de mi vida), ed. italiana in traduzione di Vanni Blengino, Editori Riuniti, 1996
  6. ^ Argentina: Evita Peron, grandi celebrazioni a 60 anni dalla morte, su asca.it. URL consultato il 26 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 7 aprile 2014).
  7. ^ Gli altri erano Blanca, Elisa, Juan ed Erminda
  8. ^ La casa era situata nella via Francia (attualmente rinominata Eva Perón), dove oggi si trova il Museo Municipal Solar Natal de Maria Eva Duarte de Peron. Solar natal de María Eva Duarte de Perón, muestra temporal casa natal Archiviato il 29 giugno 2012 in Archive.is.
  9. ^ Eva Peron, La ragione della mia vita, pp. 22 e segg.
  10. ^ Arturo Jauretche, La vida de Eva Perón. Carmen Llorca cita il passo di Jauretche in Chiamatemi Evita, Milano 1984, p. 26
  11. ^ E. Perón, La razón de mi vida, Buenos Aires, 1951, p. 16
  12. ^ a b Introduzione a La razon de mi vida
  13. ^ Elsa Sabella
  14. ^ My sister Evita, su evitaperon.org.
  15. ^ (ES) Eva Perón sin mitos, Buenos Aires : Ed. Fraterna, 1990. ISBN 950-9097-92-6 (ed. aumentada y corregida Buenos Aires : Ed. Theoría, 1996. ISBN 987-9048-11-3
  16. ^ Eva Peron: A Biography
  17. ^ Mary Main, The Woman with the Whip
  18. ^ Iaia Caputo, La versione di Eva, Milano, Mondadori, 2022.
  19. ^ Evita official biography, su evitaperon.org.
  20. ^ a b c Evita Peron biography
  21. ^ Michael Goebel, Argentina's Partisan Past: Nationalism and the Politics of History
  22. ^ Copia archiviata, su literatura.org. URL consultato il 26 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 23 novembre 2012).
  23. ^ David Rock, Argentina, 1516-1987: From Spanish Colonization to the Falklands War, pp. 100 e seg.
  24. ^ Che spesso ospitava e curava i poveri nella sua abitazione. La passione secondo Eva: un ritratto di Evita Peron Archiviato il 27 ottobre 2017 in Internet Archive.
  25. ^ Ne La razón de mi vida, Evita scrisse che quel giorno fu per lei "una giornata meravigliosa"
  26. ^ Biografia ufficiale, su evitaperon.org.
  27. ^ Loris Zanatta - Raffaele Morani, Eva Peron: una biografia politica

    «Abbiate cura di Evita. Ha i nervi a pezzi e la sua salute mi preoccupa. Non appena andrò in pensione ci sposeremo e ce ne andremo via...»

    «Tesoro mio adorato, solo stando lontani da chi amiamo possiamo misurare il nostro affetto. Da quando ti ho lasciato, con un dolore così grande che non puoi immaginare, non sono più riuscito a calmare il mio cuore triste. Adesso so quanto ti amo e che non posso vivere senza di te. La mia immensa solitudine è piena del tuo ricordo. Oggi ho scritto a Farrell chiedendogli di accelerare la mia pensione. Non appena me l'accorderanno ci sposeremo e andremo a vivere tranquilli da qualche parte… Cosa mi dici di Farrell e Avalos? Che vergogna comportarsi così con un amico! Ma è la vita… Cercherò di andare a Buenos Aires in un modo o nell'altro, dunque puoi aspettarmi tranquillamente e badare alla tua salute. Se riesco a farmi mandare in pensione potremo sposarci l'indomani stesso. Altrimenti arrangerò le cose in maniera diversa, ma risolveremo la situazione di abbandono nella quale ti trovi ora… Tesoro mio, sii serena e impara ad aspettare. Tutto questo finirà presto e avremo tutta la vita per noi. Ciò che ho già fatto mi giustifica davanti alla storia e so che il tempo mi darà ragione. Comincerò a scrivere un libro su tutto ciò e lo pubblicherò il più presto possibile. Allora vedremo chi ha ragione...»

  28. ^ a b c d e Introduzione biografica a: Evita Peron, Il mio messaggio, Fazi editore, 1996
  29. ^ Eva Perón, La ragione della mia vita, pp. 106 e segg.
  30. ^ Alcuni articoli della legge 13.010: https://evita.4mg.com/ApendiceII.html María Eva Duarte de Perón - Apendice II.
    • Articolo 1: Le donne argentine hanno gli stessi diritti politici e obblighi che la legge argentina impone agli uomini.
    • Articolo 2: Le donne straniere residenti nel paese argentino hanno gli stessi diritti politici e obblighi che la legge argentina impone agli uomini stranieri, nel caso in cui questi hanno tali diritti politici.
    • Articolo 3: Per le donne vige la stessa legge elettorale che per l'uomo, come tutti gli atti civili ed elettorali è indispensabile mostrare un documento d'identità.
    [...]
    • Articolo 5: Non si applicheranno alle donne le disposizioni e le sanzioni di carattere militare contenute nella legge 11.386. La donna che non rispetta l'obbligo di iscriversi, entro i termini, sarà soggetta ad una multa di 50 pesos argentini (moneta nazionale) o la pena di quindici giorni agli arresti domiciliari, a prescindere dalla registrazione.
    [...]
  31. ^ Eva Perón, La ragione della mia vita
  32. ^ Eva Perón, La ragione della mia vita, pp. 98 e segg.
  33. ^ Eva Peron: l'intervista impossibile
  34. ^ E. Perón, op. cit.
  35. ^ Scrive Franco Cardini nella prefazione alla biografia di Abel Posse, La passione secondo Eva, della particolare fede di Evita, che ebbe rapporti epistolari con padre Pio da Pietrelcina e il cardinale Angelo Giuseppe Roncalli (futuro papa Giovanni XXIII che le fece recapitare un messaggio in occasione della sua visita a Parigi il 22 luglio 1947):

    «Fedelissima negli affetti e nelle amicizie finché rimanevano tali, Eva Perón era capace di odiare immensamente per quanto sapesse bene – e ne soffrisse – che l'odio contrastava irrimediabilmente con il suo cristianesimo istintivo, selvaggio, ribelle, a volte quasi blasfemo eppure sincero e profondissimo. (...) Con la premonizione dei santi, il Nunzio Apostolico a Parigi Angelo Roncalli le aveva scritto: "Signora, prosegua nella lotta per i poveri, ma sappia che quando questa lotta si comincia sul serio, termina sulla croce".»

  36. ^ * Diritto all'assistenza: tutti gli anziani hanno diritto a una protezione completa per conto della loro famiglia. In caso di necessità, lo Stato fornirà tale protezione direttamente o tramite istituti o fondazioni create a tale scopo [...]
    • Diritto alla casa: il diritto a un alloggio con i comfort minimi di igiene è un requisito inerente alla condizione umana.
    • Diritto all'alimentazione: deve essere fornita in modo particolare un'alimentazione sana e adeguata all'età e allo stato fisico di ogni anziano.
    • Diritto al vestiario: il vestiario decoroso e appropriato al clima completa il diritto sopra citato.
    • Diritto all'attenzione della salute fisica: la cura della salute fisica degli anziani deve essere una preoccupazione permanente.
    • Diritto all'attenzione della salute mentale: è necessario assicurare il libero esercizio di espansione spirituale, concorde con la morale e il culto.
    • Diritto al tempo libero: alla persona anziana deve essere riconosciuto il diritto di godere un minimo di intrattenimenti, in modo da poter affrontare con soddisfazione le sue ore libere.
    • Diritto al lavoro: quando lo stato di salute e le condizioni dell'anziano lo permettono, deve essere fornita l'occupazione attraverso il lavoro produttivo. Si eviterà così il declino della personalità.
    • Diritto di espansione: il patrimonio dell'anziano è quello di godere della tranquillità, libero da ansie e preoccupazioni negli ultimi anni di esistenza.
    • Diritto al rispetto: l'anzianità ha il diritto al rispetto e alla considerazione degli altri.
  37. ^ Evita Peron e il renunciamiento, su raistoria.rai.it.
  38. ^ Fiamma Canicattì, Evita Peron (PDF), su fiammacanicatti.it. URL consultato il 26 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 9 maggio 2006).
  39. ^ Argentina, la banconota che ricorda Evita
  40. ^ Giacomo Dolzoni, In ricordo di Maria Eva Duarte Peron, Rinascita, 27 luglio 2012
  41. ^ Argentina: Eva Perón, fu lobotomizzata prima di morire, in la Repubblica, 23 dicembre 2011. URL consultato il 7 novembre 2017.
  42. ^ (ES) El certificado de defunción de Evita, su colonbuenosaires.com.ar, El Faro. URL consultato il 7 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 10 luglio 2003).
  43. ^ (ES) Se recuerda a Eva Perón, in El Tribuno, Jujuy, 23 luglio 2013. URL consultato il 7 novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 7 novembre 2017).
  44. ^ 26-luglio-1952: in Argentina muore Evita
  45. ^ Evita Peron, a 60 anni dalla morte
  46. ^ Il misterioso vagabondaggio di una mummia. La salma di Evita Peron oggetto di venerazione e scomodo bagaglio
  47. ^ Maria Maggi era un nome di un'immigrata italiana nata nel 1878, ma il resto era inventato, come lo fu il motivo del viaggio (il desiderio di un'italiana di riposare nella sua terra natale); secondo alcuni lo pseudonimo "Maria Maggi vedova de Magistris" è collegabile al primo nome di Eva, Maria, e al fatto che Perón fosse il suo vedovo e Gran Maestro dell'Ordine di Maggio (per cui "Maggi, vedova de Magistris") o della massoneria. Inoltre il 7 maggio era il suo compleanno e il cognome richiamava anche la Plaza de Mayo a Buenos Aires, cfr. Intervista ad Aldo Villagrossi
  48. ^ O, secondo altri, nel cimitero vecchio di Sforzatica a Dalmine, (Bergamo). Evita Peron è sepolta a Dalmine?
  49. ^ Evita Peron a 60 anni dalla morte
  50. ^ Vista la precedente profanazione del corpo di Juan Perón nel 1987 e i tentativi numerosi di impadronirsi della salma di Evita, il governo argentino ha costruito un particolare sistema di sicurezza, in seguito svelato: le misure elaborate comprendono il pavimento in marmo della tomba, con una porta-battente che porta a un vano contenente due bare. Sotto questo comparto è una seconda porta-battente e un secondo scompartimento, dove riposa la bara autentica di Eva Perón. I biografi Marysa Navarro e Nicholas Fraser scrivono che spesso si afferma che la sua tomba è così sicura da poter resistere a un attacco nucleare: "Riflette una paura", scrivono, "una paura che il corpo scompaia dalla tomba e che la donna, o meglio il mito della donna, riappaia". Fraser & Navarro, Evita: The Real Life of Eva Perón, W.W. Norton & Company, 1996, p. 192
  51. ^ Alcuni dei suoi gioielli (ammontanti in totale al valore di sei milioni di dollari, compresa una tiara in diamanti donata alla dalla coppia reale olandese), furono rubati nel 2009 e ritrovati a Milano circa due anni dopo. Evita shines again, Vogue Italia
  52. ^ Bollettino Ufficiale di Stato
  • (ES) Eva Perón, La razón de mi vida, Buenos Aires, Peuser, 1951
  • (ES) Erminda Duarte, Mi hermana Evita, Buenos Aires, Centro de Estudios Eva Perón, 1972
  • (ES) George Bruce, La Evita de los «descamisados», Barcelona, Picazo, 1976
  • Carlo Palumbo, Evita Peron, Le grandi Biografie Peruzzo, Milano, 1986
  • Carmen Llorca, Chiamatemi Evita. Eva Perón, la bandiera dei Descamisados, Milano, Mursia, 1984 ISBN 978-88-425-8622-7
  • Loris Zanatta, Eva Perón. Una biografia politica, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2009
  • Carola Vai, Evita. Regina della comunicazione (con il contributo di Giulio Andreotti), Roma, Centro di Documentazione Giornalistica, 2009
  • Domenico Vecchioni, Evita Perón. Il cuore dell'Argentina, Villorba, EdizioniAnordest, 2011, ISBN 978-88-96742-35-8
  • Alicia Dujovne Ortiz, Evita, un mito del nostro secolo, Milano, Mondadori, 1995
  • Tomás Eloy Martínez, Santa Evita, Milano, Guanda, 1996 (2ª ediz. 2003)
  • Giuseppe Federico Benedini, Il peronismo, Roma, Editori Riuniti, 2010
  • Rodolfo Walsh, Esa mujer (Quella donna), 1963, pubblicato in italiano in Fotografie, trad. di Anna Boccuti ed Elena Rolla, La Nuova Frontiera 2014, ISBN 978-88-8373-262-1
  • Giorgio Colavincenzo, Evita Perón. Dalla realtà al mito. Lugano, Agorà & Co, 2013 ISBN 978-88-97461-30-2

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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Predecessore Primera dama dell'Argentina Successore
Conrada Victoria Torni 4 giugno 1946 – 26 luglio 1952 Delina del Carmen Botana
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