Libro di Michea
Libro di Michea | |
Hubert van Eyck, Il profeta Michea (1426-1432), olio su tavola; Gent (Germania), Cattedrale di San Bavo | |
Sigla biblica | Mi |
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Titolo originale | {{{titolo originale}}} |
Lingua originale | ebraico |
Autore | Michea (profeta) |
Datazione | VIII secolo a.C. |
Il Libro di Michea è un libro profetico dell'Antico Testamento, composto nell'VIII secolo a.C. dal profeta Michea.
Egli era un giudeo, originario di Moreset, a ovest di Ebron. Ha esercitato la sua azione sotto i re Acaz ed Ezechia, cioè prima e dopo la presa di Samaria nel 721 a.C. e forse fino all'invasione di Sennàcherib nel 701 a.C.. Fu dunque, in parte, contemporaneo di Osea e, più a largo, di Isaia. Per la sua origine campagnola, si collega ad Amos, di cui divide l'avversione alle grandi città, il linguaggio concreto e talvolta brutale, il gusto delle immagini rapide e dei giuochi di parole.
Il libro si divide in quattro parti che alternano la minaccia e la promessa:
- 1,2-3,12, processo di Israele;
- 4,1-5,14, promesse a Sion;
- 6,1-7,7, nuovo processo di Israele;
- 7,8-20, speranze.
Le promesse a Sion contrastano troppo violentemente con le minacce che le inquadrano: tale composizione bilanciata è una sistemazione degli editori del libro. È difficile determinare l'estensione dei rimaneggiamenti subiti nell'ambiente spirituale in cui si conservava il ricordo del profeta. Si è d'accordo nel riconoscere che 7,8-20 si situa nettamente nell'epoca del ritorno dall'esilio. È anche in questo tempo che si possono porre meglio l'oracolo di 2,12-13, perduto tra le minacce e gli annunzi di 4,6-7; 5,6-7. D'altra parte, 4,1-5 si ritrova quasi testualmente in Is 2,2-5 e non sembra primitivo in nessuno dei due contesti. Ma non bisogna credersi autorizzati, per queste aggiunte, a eliminare dal messaggio autentico di Michea tutte le promesse future. La raccolta di oracoli dei capitoli 4-5 è stata costituita durante o dopo l'esilio, ma contiene brani autentici e, in particolare, non c'è ragione decisiva per rifiutare a Michea l'annuncio messianico di 5,1-5, che concorda con ciò che Isaia faceva sperare nella stessa epoca (Isaia 9,1 e seguenti; 11,1 e seguenti).
Non sappiamo nulla della vita di Michea né come fu chiamato da Dio. Ma egli aveva una coscienza acuta della sua vocazione profetica e perciò, distinguendosi dai falsi ispirati, annunzia con sicurezza la sventura (2,6-11; 3,5-8). Egli porta la parola di Dio e questa è dapprima una condanna. JHWH fa il processo del suo popolo (1,2; 6,1 e seguenti) e lo trova colpevole: colpe religiose forse, ma soprattutto colpe morali e Michea fustiga i ricchi accaparratori, i credenti spietati, i commercianti fraudolenti, le famiglie divise, i sacerdoti e i profeti cupidi, i capi tirannici, i giudici venali. È il contrario di ciò che JHWH reclamava: "praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio" (6,8), formula meravigliosa, che riassume le rivendicazioni spirituali dei profeti e richiama soprattutto Osea. Il castigo è deciso: in uno sconvolgimento del mondo (1,3-4), JHWH verrà a giudicare e a punire il suo popolo, la rovina di Samaria è annunziata (1,6-7), quella delle città del paese meridionale in cui vive Michea (1,8-15), quella stessa di Gerusalemme, che diventerà un mucchio di rovine (3,12).
Però il profeta conserva una speranza (7,7). Egli riprende la dottrina del resto, abbozzata da Amos e annunzia la nascita a Efrata del re pacifico che farà pascere il gregge di JHWH (5,1-5).
L'influenza di Michea fu duratura: i contemporanei di Geremia conoscevano e citavano di lui un oracolo contro Gerusalemme (Ger 26,18). Il Nuovo Testamento ha soprattutto conservato il testo sull'origine del Messia in Efrata-Betlemme (Mt 2,6; Gv 7,42).
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