Poco prima della pandemia da SARS-CoV-2, durante uno dei miei frequenti viaggi di lavoro per ricerche floro-faunistiche in Molise, camminando per le vie del centro, a Campobasso, mi imbattei in un manifesto (e in un'ammaliante poesia, che...
morePoco prima della pandemia da SARS-CoV-2, durante uno dei miei frequenti viaggi di lavoro per ricerche floro-faunistiche in Molise, camminando per le vie del centro, a Campobasso, mi imbattei in un manifesto (e in un'ammaliante poesia, che ne arricchiva estetica e apparato iconografico … la riporto in calce a questo articolo) che pubblicizzava una mostra su uno specifico ritrovamento, considerato rilevante dal punto di vista scientifico, in una delle tante aree archeologiche di cui è piena la nostra Penisola. In quella circostanza scrissi, di getto, un breve post su un social network, ma adesso che la luce s'assottiglia, ora che fa freddo e il respiro della Natura è sospeso e le brume invernali hanno il sopravvento prima di cedere nuovamente il passo al sole, ho pensato di trasformare in un articolo quell'inciampo in una statuetta, ritrovata in un luogo dell'Appennino, che parla di femminilità, di una dea e dell'acqua. Avevo già visitato il meraviglioso sito di Altilia, in agro di Sepino; mi ci avevano accompagnato, alcuni anni fa, gli amici di San Giuliano del Sannio, ma non ebbi modo, a quel tempo, di conoscere uno dei tanti aspetti legati alla ricchezza di questo sito che ho approfondito più tardi. Proprio nella zona archeologica dell'ampia vallata del fiume Tammaro è stata recentemente ospitata la mostra "La Dea dei canneti fruscianti". Il riferimento è al santuario della Dea Mefite, ubicato tra l'insediamento fortificato di Terravecchia e il florido abitato, con strutture monumentali, di Saepinum.