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Gli scrittori negli anni complicati

2014, Moderna. Semestrale di teoria e critica della letteratura

In the Resistance literature we can trace the same common conscience that the major Italian writers conveyed in their pieces of writings. In the first years after World War II this conscience was slowly lost by them, in the late fifties it was already in crisis and during the sixties it completely fell apart. Because of continual extraordinary events during the “years of lead,” there would be a disintegration of the ability of writers to understand and to explain reality: as recorded in the huge number of newspapers and magazines of the period, they attempted to chronicle daily events, but with a sense of confusion and inability to respond clearly to what was happening. By the 80s, there was no longer the figure of the intellectual writer who could explain the cultural and social life of the country.

MODERNA Semestrale di teoria e critica della letteratura XVI 1-2 · 2014 FABRIZIO SERRA EDITORE PISA · ROMA Autorizzazione del Tribunale di Pisa n. 13 del 21.07.1999 Direttore responsabile: Fabrizio Serra * A norma del codice civile italiano, è vietata la riproduzione, totale o parziale (compresi estratti, ecc.), di questa pubblicazione in qualsiasi forma e versione (comprese bozze, ecc.), originale o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa o internet (compresi siti web personali e istituzionali, academia.edu, ecc.), elettronico, digitale, meccanico, per mezzo di fotocopie, pdf, microfilm, film, scanner o altro, senza il permesso scritto della casa editrice. 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Fabrizio Serra editore incorporates the Imprints Accademia editoriale, Edizioni dell’Ateneo, Fabrizio Serra editore, Giardini editori e stampatori in Pisa, Gruppo editoriale internazionale and Istituti editoriali e poligrafici internazionali. * Si invitano gli autori ad attenersi, nel predisporre i materiali da consegnare alla redazione e alla casa editrice, alle norme specificate nel volume Fabrizio Serra, Regole editoriali, tipografiche & redazionali, Pisa · Roma, Serra, 20092 (ordini a: [email protected]). Il capitolo Norme redazionali, estratto dalle Regole, cit., è consultabile Online alla pagina «Pubblicare con noi» di www.libraweb.net. * issn 1128-6326 issn elettronico 1724-0530 SOMMARIO i. teoria Emiliano Alessandroni, Profili paralleli : Antonio Gramsci e Edward Said Cristina Savettieri, Una genealogia per il tragico Raffaello Rossi, Bildung e ricerca : narrazioni dell’individualità ai confini del moderno 11 29 49 ii. critica Raffaele Donnarumma, Musica vecchia. Immaginario nazionale e generazioni nelle Novelle per un anno Franco Petroni, Masochismo e autodistruttività nelle Novelle di Federigo Tozzi Luca Rondolini, La centralità dei fenomeni onirici nella novellistica di Federigo Tozzi Massimiliano Tortora, Il senso della dispersione : il valore del quotidiano ne Il vegliardo di Italo Svevo Novella Di Nunzio, Il romanzo del Novecento tra guerra e dopoguerra : dalla sublimazione narrativa all’antisublime come strategia di ricostruzione Roberto Contu, 1965-1980. Gli scrittori negli anni complicati Antonio Coiro, La meccanica del reale. Le benevole di Jonathan Littell 69 95 103 123 151 175 189 iii. bilanci Venti anni di studi di Michail Bachtin in lingua russa : repertorio bibliografico ragionato e commentato (1995-2015) A cura di Stefania Sini con la collaborazione di Elizaveta Illarionova Stefania Sini, Introduzione 215 i. Opere di Michail Bachtin, di Stefania Sini 231 ii. Opere su Michail Bachtin, di Elizaveta Illarionova e Stefania Sini 305 1965-1980. GLI SCRITTORI NEGLI ANNI COMPLICATI* 1 Roberto Contu In the literature of Italian Resistance we can trace the same collective consciousness that the major Italian writers conveyed in their work. In the first years after World War II this consciousness was slowly lost, in the late fifties it was undermined by crisis and during the sixties it completely fell apart. Due to continual extraordinary events during the ‘years of lead’, there would be a disintegration of the ability of writers to understand and to explain reality : as recorded in a huge number of newspapers and magazines of the period, they attempted to chronicle daily events, but with a sense of confusion and inability to respond clearly to what was happening. By the 80s, the figure of the intellectual writer who could explain the cultural and social life of the country disappeared. l presente contributo propone un’analisi della presenza dei maggiori scrittori italiani durante gli Anni di piombo. In particolare si è tentato di verificare quanto effettivamente gli anni settanta abbiano rappresentato il momento culminante di una crisi iniziata già nella seconda metà del Novecento. Se nell’immediato dopoguerra si era giunti alla definizione di un modello di intellettuale partecipe e attivo nella costruzione di una società migliore (letteratura resistenziale e Neorealismo), già dalla fine degli anni cinquanta e in modo decisivo durante i sessanta tale aspirazione era entrata in crisi. Durante gli anni settanta si sarebbe verificato un disorientamento generalizzato nella facoltà degli scrittori di farsi interpreti della realtà, nonostante il tentativo comune di esserne cronisti su quotidiani e riviste. In questo contesto emersero impreparazione, senso di spiazzamento, impossibilità di risposte chiare, a volte imbarazzante mancanza di coraggio. Esito finale sarebbe stata la palude degli anni ottanta, caratterizzata dalla sostanziale assenza della figura dello scrittore-intellettuale come voce di peso rilevante nella vita sociale e politica del Paese. Le questioni metodologiche iniziali sono state tre. La prima riguarda la periodizzazione : se per il confine cronologico finale si è scelto senza esitazione quello canonicamente accettato (1980, strage alla stazione di Bologna), per quello iniziale si è deciso di dilatare la classica collocazione del 12 dicembre 1969 all’anno 1965 per motivazioni che hanno a che fare con l’omogeneità dell’atteggiamento degli scrittori a fronte degli eventi, già a partire dalla seconda metà dei sessanta. La seconda questione è quella della scelta degli autori : data per scontata la centralità delle figure di Pasolini, Calvino, Sciascia, Moravia, è pur vero che personaggi come Franco Fortini, Umberto Eco ma anche Elsa Morante, Alberto Arbasino, Goffredo Parise, Paolo Volponi, Giovanni Testori, Edoardo Sanguineti, Nanni Balestrini ebbero un peso importante ai fini della definizione di un ritratto completo. La terza questione riguarda la scelta di orientare lo studio sulla produzione d’oc- I * Con questo articolo si intende dare un prospetto, necessariamente sintetico, di un lavoro di ricerca svolto presso l’Università degli studi di Perugia di prossima pubblicazione. «moderna» · xvi · 1-2 · 2014 176 roberto contu casione anziché su quella letteraria (pur con significative eccezioni, vedi Petrolio, Il contesto o La vita interiore). Questo perché anzitutto il problema della letteratura ‘degli’ Anni di piombo è un altro campo di indagine, sebbene interessante e ancora incompleto. Ma soprattutto perché fu proprio attraverso la voce estemporanea e in fieri che si rivelò il divenire della crisi in oggetto ; che poi alcuni di quegli interventi abbiano costituito i capolavori anche letterari del decennio (come nel caso palese di Scritti corsari) conferma come la presenza più significativa degli scrittori nei settanta sia stata quella non mediata della pubblicistica d’occasione. Infine va detto che la ricerca è stata accompagnata dal tentativo di volgere in punto di forza l’iniziale percezione di debolezza di chi scrive di fronte all’argomento, dovuta al conoscere solo indirettamente tale periodo non avendolo vissuto per motivi cronologici. Da questo punto di vista si è tentato di far tesoro della lezione dei due ottimi lavori di Miguel Gotor sulle carte di Moro, 1 nei quali, anche grazie alla lente indiretta e non condizionata dal vissuto biografico, si è forse inaugurato un nuovo modo di interpretazione degli eventi dei settanta, finalmente scevro dalla tara dell’‘esserci anche stati’. 1. I secondi sessanta Nell’immediato dopoguerra gli scrittori italiani più importanti assimilabili all’area comunista sembrarono approssimarsi, pur in modo dialettico e diversificato, alla compartecipazione di un ideale di letteratura che fosse interpretazione attiva della realtà. Già nella seconda parte degli anni cinquanta tale ideale entrò in crisi (anche a fronte di eventi straordinari come i fatti di Ungheria del 1956) per poi problematizzarsi con la migrazione da una società rurale ad una sempre più industriale tra anni cinquanta e sessanta. Segni espliciti di tale mutamento si presentarono nella riflessione di Calvino, 2 in quella di Pasolini 3 e in quella di Fortini, 4 generando la consapevolezza dell’insufficienza dei paradigmi interpretativi validi fino all’inizio dei sessanta. A fianco di tale rottura si collocò lo iato che si venne a creare tra mondo intellettuale e le nascenti culture giovanili : per la prima volta la generazione dei figli disconobbe apertamente la generazione dei padri. Si trattò di un fenomeno socioculturale di notevole portata, per certi versi inedito nella storia occidentale, tale da verificare una frattura che, a partire da fenomeni di costume, aprì un fossato tra cultura ufficiale e quel mondo giovanile che sarebbe stato protagonista negli anni sessanta e settanta. Anche in questo caso sarebbero risultati esemplificativi 1 Aldo Moro, Lettere dalla prigionia, a cura di Miguel Gotor, Torino, Einaudi, 2008 ; Miguel Gotor, Il memoriale della repubblica, Torino, Einaudi, 2011. 2 Le tappe riconosciute da Calvino nell’articolo Sotto quella pietra (« la Repubblica », 15 aprile 1980) sono da un lato Il midollo del leone (« Paragone », 66, giugno 1955) e dall’altro Il mare dell’oggettività (« Il menabò di letteratura », 2, 1960). A ciò vanno affiancati L’antitesi operaia (« Il menabò di letteratura », 7, 1964) e ovviamente La giornata di uno scrutatore (Torino, Einaudi, 1963). 3 Specialmente durante il primo lustro dei sessanta, tra l’uscita del Vangelo secondo Matteo e la presenza pubblica sulla rivista « Vie nuove » (1960-1965). 4 Dopo l’uscita dal psi e la rottura dolorosa con « Officina », Fortini avrebbe tentato in Verifica dei poteri (Milano, Il Saggiatore, 1965) un ultimo tentativo di risposta alla domanda di quegli anni sul Che fare, sulla falsa riga della polemica con Vittorini sul « progressismo della realtà industriale », alla ricerca di una definizione del mandato degli scrittori poi rifiutato dalla generazione del Sessantotto (Mandato degli scrittori e limiti dell’antifascismo. iii. La fine del mandato sociale, « Quaderni piacentini », 17-18, luglio-settembre 1964). 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 177 i punti di vista di Calvino, Pasolini e Fortini. Nel periodo immediatamente antecedente il Sessantotto, per i primi due sarebbe stato predominante l’atteggiamento della presa di distanza (in un’analisi che avrebbe spaziato dai goliardi 1 ai capelloni, 2 dai teddy boys 3 ai beatniks 4), mentre nel caso di Fortini sarebbe risaltato il tentativo problematico di una sintesi esperienziale. 5 Gran parte delle critiche degli scrittori alle nuove culture giovanili presessantottesche nacquero dalla non accettazione dei contenuti di guerra totale che i nuovi protagonisti imponevano. Alla loro reazione, nichilista e antistorica (ma spesso giudicata funzionale al sistema contestato), sarebbe stata opposta quella positiva che aveva testimoniato la generazione della Resistenza. Infine il Sessantotto, tra le innumerevoli questioni che avrebbe sollevato come esplicitazione diretta di tutti i cambiamenti del decennio, sancì anche il mutato rapporto degli scrittori con quanto stava avvenendo nella società. Il panorama delle posizioni fu ampio anche se la querelle attorno a Il Pci ai giovani ! sembra ancora oggi avere un posto predominante. 6 Effettivamente la poesia di Pasolini generò un ricco dibattito, non solo tra intellettuali e contestazione, ma soprattutto tra gli stessi scrittori. Oltre la poesia pasoliniana ci furono però significative zone di confronto. Lo stesso Pasolini avrebbe presentato un panorama più ricco rispetto la stereotipizzazione canonica risalente proprio all’uscita della poesia (significative sono le vicende di Teorema, 7 la collaborazione con « Tempo » nella 1 2 Italo Calvino, Il carnevale. Le armi e gli amori, « Il Contemporaneo », 10, 5 marzo 1955. Idem, L’ondata di intolleranza per i “capelloni”, « Il Giorno », 17 novembre 1965 ; Pier Paolo Pasolini, Contro i capelli lunghi, « Corriere della Sera », 7 gennaio 1973. 3 Idem, La colpa non è dei Teddy boys, « Vie nuove », 10 ottobre 1959 ; Idem, Una moderna forma di evasione ?, « Nuova Generazione », 21 novembre 1959 ; Idem, Il risveglio dei giovani, « Vie nuove », 29, 16 luglio 1960 (rubrica « Dialoghi con Pasolini »). 4 Idem, L’istituzione dei beatniks. Cartoline dall’America, « abc », 14, 11 settembre 1960 ; Beatniks, “arrabbiati”, eccetera, « Le conferenze dell’Associazione Culturale Italiana », viii, 1961-1962 ; Giuseppe Del Colle, Calvino fra i beatniks, « Stampa sera », 8-9 marzo 1962. 5 A luglio del 1960 Fortini è in piazza a manifestare contro il governo Tambroni. Nel 1961 partecipa alla prima Marcia della pace Perugia-Assisi. Nello stesso periodo entra in contatto con il gruppo dei « Quaderni piacentini » e dei « Quaderni rossi ». Nel 1962 Fortini compone il testo per il documentario Scioperi a Torino. Il contributo, criticato da Calvino, poneva l’accento sulla forza delle nuove generazioni operaie meridionali. Nel 1962 Fortini si trovò coinvolto negli scontri dove rimase ucciso il giovane Giovanni Ardizzone. Ad aprile del 1963 partecipò con Vittorini alle manifestazioni contro il regime franchista. Infine nell’aprile del 1967 partecipa a Firenze a una manifestazione per il Vietnam. In quell’occasione usa parole durissime che irritano gli oratori presenti della sinistra ufficiale. 6 Il 16 giugno 1968 usciva su « L’Espresso » Il Pci ai giovani. Il lancio presentava la poesia come « caso politico-letterario dell’anno », il titolo scelto (contestato dallo scrittore) Vi odio cari studenti indicava una polemica cercata. Anticipata da un battage mediatico che coinvolse i maggiori quotidiani, dopo il 16 giugno il dibattito continuò in numerose sedi. Oltre all’Apologia di Pasolini, pubblicata su « Nuovi Argomenti » assieme ad uno scritto di Moravia (Per gli studenti) e uno scambio con Siciliano (Lettera a Pasolini-Risposta di Siciliano), sulle pagine de « L’Espresso » si registrarono interventi di Fortini, Moravia, Montale, Parise, Revel e Butor. Se nelle intenzioni de « L’Espresso » la stigmatizzazione di « polemica dell’anno » risultava funzionale, è innegabile come la querelle avesse esplicitato le polarizzazioni del mondo intellettuale. Tale dialettica in alcuni casi dolorosa e personale (come nel caso della rottura tra Fortini e Pasolini proprio su questo episodio) assumeva toni paradigmatici perché prima sintesi di percorsi intellettuali che partivano dalla perdita di centro di inizio anni sessanta e che si erano definiti con l’accelerazione del Sessantotto. L’ingresso in Italia della riflessione rappresentata dai fatti di Valle Giulia fu un primo bilancio esemplificativo di quella che sintesi non fu : la divaricazione degli atteggiamenti degli scrittori mostrava già elementi critici che emergeranno con nitidezza negli anni settanta. 7 Sia Teorema romanzo ma soprattutto Teorema film vissero in pieno gli effetti del Sessantotto. Il primo 178 roberto contu Caos », 1 rubrica « Il l’analisi di vicende importanti come quella del poeta greco Panagulis). 2 Di contro Calvino offrì un punto di vista anomalo rispetto ai colleghi. L’evento Sessantotto venne filtrato attraverso le figure di Vittorini, Bachtin, Kundera, Fourier e Diderot, i quali a giudizio di Calvino fornivano esempi eterogenei ma unanimi negli intenti, di organizzazione logica e razionale del mito della « fantasia al potere ». 3 Di Moravia è noto lo scontro con gli studenti nella redazione de « L’Espresso » a febbraio del 1968. Quell’episodio fu soltanto l’inizio di un rapporto a volte al limite del contraddittorio che si sviluppò in modo particolare sulle pagine di « Nuovi argomenti ». 4 Infine il punto di vista di Franco Fortini gettò luce sull’intima inconciliabilità tra movimento e classe intellettuale, nonostante un tentativo più ragionato e agito di sintesi. 5 A nostro giudizio la somma di queste due componenti, ovvero la crisi epistemologica di quella che potremmo definire la « linea morale e civile », l’impatto con le nuove generazioni prima e durante il Sessantotto contribuirono a determinare le radici profonde caratterizzanti l’atteggiamento degli scrittori durante gli Anni di piombo. venne ritirato dallo Strega (Pier Paolo Pasolini, In nome della cultura mi ritiro dal Premio Strega, « Il Giorno », 24 giugno 1968 ; Idem, Votate scheda bianca e vincerà la cultura, « Il Giorno », 4 luglio 1968). Il film fu invece al centro delle polemiche della movimentata edizione della Mostra di Venezia dove Pasolini si ritrovò nello scomodo ruolo di artista in gara e poi di contestatore (Idem, Perché vado a Venezia, « Il Giorno », 15 agosto 1968 ; Idem, Ho cambiato idea per farla cambiare, « Il Giorno », 22 agosto 1968). In questo caso Pasolini manifestò una vicinanza inedita verso il movimento sessantottesco [Idem, Lettera al presidente del consiglio, « Tempo », 21 settembre 1968, rubrica « Il Caos »]. 1 In quella sede Pasolini recuperava il tono denigratorio sul « conformismo sessantottesco » come testimoniato negli interventi a favore di Aldo Braibanti (Idem, Dov’è l’intellettuale, « Tempo », rubrica « Il Caos », 32, 6 agosto 1968 ; Idem, Il caso di un intellettuale, « Tempo », 33, 13 agosto 1968, rubrica « Il Caos »), negli interventi sul simbolo Vietnam (Idem, Tragiche ambiguità, « Tempo », 43, 19 ottobre 1968, rubrica « Il Caos » ; Idem, Lo spettatore diventa giudice, « Tempo », 44, 26 ottobre 1968, rubrica « Il Caos »), e in alcuni riferimenti ad Elsa Morante (Idem, Il mondo salvato dai ragazzini, « Tempo », 35, 20 agosto 1968, rubrica « Il Caos »). 2 Come noto il rapporto tra Panagulis e Pasolini fu fertile (sua la prima prefazione ad Altri seguiranno, Palermo, Flaccovio, 1972), anche grazie alla mediazione di Oriana Fallaci (Idem, Gli studenti danno il panico, « Tempo », 50, 7 dicembre 1968, rubrica « Il Caos » ; Idem, Siamo qui solo per lottare, « Tempo », 50, 7 dicembre 1968, rubrica « Il Caos »). 3 Italo Calvino, Per una letteratura che chieda di più, « Il Ponte », xxiv, 31 agosto 1968 ; Idem, Testimonianza su Vittorini, « Il Confronto », 10, luglio-settembre 1966 ; Idem, Progettazione e letteratura, « Il menabò di letteratura », 10, Torino, Einaudi, 1967 ; Idem, Introduzione in Charles Fourier, Teoria dei quattro movimenti – Il nuovo mondo amoroso e altri scritti sul lavoro, l’educazione, l’architettura nella società d’Armonia, Torino, Einaudi, 1971 ; Idem, Quale utopia, « Almanacco Bompiani », Milano, dicembre 1973 ; Idem, C’è una farfalla chiamata uomo, « L’Espresso/colore », 18 aprile 1971 ; Idem, Rabelais con nostalgia, « la Repubblica », 15 febbraio 1980 ; Idem, Il mondo alla rovescia, « Pirelli », gennaio-febbraio 1970. 4 Alberto Moravia, Processo a Moravia, « L’Espresso », 25 febbraio 1968 ; Idem, Napalm ltd , « Nuovi Argomenti », 9, gennaio-marzo 1968 ; Idem, Per gli studenti, « Nuovi Argomenti », 10, aprile-giugno 1968 ; Idem, Contestazione e rivoluzione, « Nuovi Argomenti », 11, luglio-settembre 1968 ; Idem, Verso l’ora della verità, « L’Espresso », 29 dicembre 1968. 5 Nel 2003, Rossana Rossanda avrebbe ricordato l’aperto favore mostrato da Fortini nei confronti del Sessantotto, tale da portarlo inizialmente all’ironica disposizione a fare « la mosca cocchiera ». Il contributo più compiuto comparve su « Quaderni piacentini » (Franco Fortini, Il dissenso e l’autorità, « Quaderni piacentini », 34, maggio 1968) in cui si specificava l’idea di autorità da quella di autoritarismo. In questa sede fu possibile cogliere la cifra del rapporto : al di là dell’ironia sulla « mosca cocchiera », Fortini si sarebbe guardato bene dal porsi come « ragazzo fra i ragazzi » e dai rischi semplificatori che intravide. Forti segni di dialettica comparirono a partire dalla seconda giustificatoria prefazione a Verifica dei poteri del 1969, dove l’esigenza della critica veniva recuperata dall’ansia distruttrice dei giovani. 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 179 2. Da piazza Fontana all’idroscalo di Ostia La vicenda di Pier Paolo Pasolini nel primo lustro dei settanta fu tra le più significative nel panorama degli scrittori italiani. Sono questi gli anni delle grandi polemiche che con regolarità gli interventi di Pasolini innescavano, dalla rivista in sede accademica fino ai rotocalchi letti e discussi nei bar. Già a partire da piazza Fontana lo scrittore assunse posizioni eterodosse che avrebbero suscitato echi a lunga distanza, come nel caso della querelle postuma con Fortini sulla lettura a caldo della strage del 12 dicembre e sulla responsabilità di Pietro Valpreda. 1 La riflessione di Pasolini sul dipanarsi dei fatti si accompagnò con il tema caratterizzante l’ultima stagione, ovvero la cosiddetta « mutazione antropologica » della società a causa del nuovo fascismo dei consumi. 2 Ciò determinò uno scontro frontale con il mondo intellettuale a lui vicino, in merito alla contestata asserzione della coincidenza tra fascismo di destra e fascismo di sinistra. 3 A ciò si affiancò un altrettanto veemente corpo a corpo con l’intero establishment politico, a partire da due Presidenti della Repubblica (Saragat prima e Leone poi) 4 per arrivare allo scontro totale con la dc e con i suoi leader nel periodo cosiddetto delle ‘lucciole’ e del ‘Processo’. 5 Il tono sarebbe stato esacerbato anche dal senso di accerchiamento che lo scrittore dovette patire (specie dopo la polemica sulle dichiarazioni contro l’aborto), 6 ma anche dal senso di abbandono rivendicato nella sua battaglia personale contro il da lui definito Potere. 7 Nell’ultima fase lo scontro raggiunse livelli di notevole violenza, come nel caso della polemica con il giornalista Casalegno, con punte che arrivarono alla richiesta di una nuova piazzale Loreto per i rappresentati del Potere. 8 Tale progressione accompagnò l’evoluzione del modello intellettuale assunto dallo scrittore, il quale constatava 1 La ripubblicazione nel 1992 de I dialoghi di Pier Paolo Pasolini a cura Giovanni Falaschi e Gian Carlo Ferretti per Editori Riuniti suscitò un’aspra polemica da parte di Fortini in merito ad alcuni giudizi a caldo su Valpreda a lungo messi da parte. A distanza d’anni Fortini sottolineava come Pasolini avesse inizialmente sbagliato l’interpretazione su Piazza Fontana : l’autore dell’« io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969 », aveva aderito, perlomeno sul piano dell’accusa culturale, all’additamento verso l’ambiente anarchico-extraparlamentare. La gravità delle scelte editoriali fatte a suo tempo da Ferretti, ovvero nell’edizione precedente del 1977 e quella del 1979, sull’omissione di passaggi così spinosi era stata, a parere di Fortini, voluta e intenzionale (l’accusa riguardava ovviamente il gruppo degli Editori Riuniti, ovvero dalla costola culturale romana del pci) (Franco Fortini, Pasolini criticava il « mostro » Valpreda, « Il manifesto », 15 dicembre 1992 ; Gian Carlo Ferretti, Ma fu conflittuale anche sul ‘68, « Il manifesto », 15 dicembre 1992). 2 Pier Paolo Pasolini, Gli italiani non sono più quelli, « Corriere della Sera », 10 giugno 1974. 3 Idem, Il potere senza volto, « Corriere della Sera », 10 giugno 1974 ; Idem, Apriamo un dibattito sul caso Pannella, « Corriere della Sera », 16 luglio 1974. 4 Idem, Le belle bandiere. Dialoghi 1960-65, a cura di Gian Carlo Ferretti, Roma, L’Unità/Editori Riuniti, 1991, p. 787 ; Idem, La sua intervista conferma che ci vuole il processo, « Il Mondo », 11 settembre 1975. 5 Idem, Il vuoto di potere in Italia, « Corriere della Sera », 1° febbraio 1975 ; Idem, Gli insostituibili Nixon italiani, « Corriere della Sera », 18 febbraio 1975 ; Idem, Le madonne oggi non piangono più, « Il Mondo », 5 giugno 1975 ; Idem, Pasolini, Pannella e il dissenso, « Corriere della Sera », 18 luglio 1975 ; Idem, Bisognerebbe processare i gerarchi dc, « Il Mondo », 28 agosto 1975 ; Idem, Risposte sul processo, « Corriere della Sera », 9 settembre 1975 ; Idem, Processo anche a Donat Cattin, « Corriere della Sera », 19 settembre 1975. 6 Idem, Sono contro l’aborto, « Corriere della Sera », 19 gennaio 1974 ; Idem, Una lettera di Pasolini : « opinioni » sull’aborto, « Paese Sera », 25 gennaio 1975 ; Idem, Non aver paura di avere un cuore, « Corriere della Sera », 1 marzo 1975. 7 Idem, Siamo tutti in pericolo, « La Stampa-Tuttolibri », 8 novembre 1975. 8 Idem, Colpo di testa del capro espiatorio, « Panorama », 7 novembre 1974. 180 roberto contu dolorosamente l’irriducibile alterità rispetto al mondo culturale di provenienza, avrebbe iniziato a migrare verso una presenza più solitaria, di cui lo stesso scrittore riconosceva come prototipo la figura allora emergente di Marco Pannella. 1 Sempre a questo livello risale la definitiva rottura con il mondo giovanile che stava mettendo a ferro e fuoco la società (non senza un estremo tentativo di recupero attraverso il problematico rapporto con Lotta continua). 2 Di tale dialettica lo stesso Pasolini avrebbe dato una lettura acuta nel famoso dibattito su « Nuovi Argomenti » sull’estremismo di cui egli stesso si era fatto promotore. 3 In questi anni ci fu infine la genesi del mito del Pasolini dell’« Io so », e dell’intellettuale « corsaro », raffigurazione classica e fin troppo abusata negli anni a venire. Ne sarebbe stata testimonianza la difficoltosa vicenda della ricezione critica del romanzo postumo Petrolio 4 che a distanza di anni porterà ancora materiale nell’eterna diatriba tra chi vorrebbe fare tutt’ora di Pasolini un profeta moderno che aveva intuito tutti i retroscena di un Italia in mano a poteri occulti e chi vorrebbe normalizzare la portata di un percorso non risolto, segnato dal complesso della propria diversità. 5 1 2 Idem, Pasolini, Pannella e il dissenso, « Corriere della Sera », 18 luglio 1975. Nei primi mesi del 1970 iniziò un avvicinamento di Pasolini verso le posizioni della sinistra extraparlamentare (Lotta continua e Potere operaio). Frutto migliore di tale sospettoso rapporto fu la lavorazione con lc alla pellicola 12 dicembre. A riprova della genuinità delle intenzioni dello scrittore, c’era stato poi il processo subito il 18 ottobre 1971, insieme agli altri esponenti di lc. Nel 1973 Pasolini pubblicava per Garzanti Calderón. Il 18 novembre, chiamato in causa da una stroncatura ideologica proprio di Sofri, Pasolini, interveniva su « Tempo » con una recensione all’opera che in realtà era un atto d’accusa verso Sofri e lc. Le differenze e le contraddizioni mai sopite emergevano a questo punto in modo definitivo, l’attacco ricevuto sull’impoliticità della propria opera avevano indispettito non poco l’ego dello scrittore, che proprio su questa idea manichea di pragma consumò il rapporto con lc. 3 Lo scrittore identificava tre grandi « categorie » : la generazione degli Ateniesi, la generazione dei Salamini, la generazione dei Lacedemoni. La prima rappresentava coloro che dopo il 1945 avevano dato « la cultura ufficiale del dopoguerra, nata direttamente dall’esperienza resistenziale ». La terza generazione, quella detta dei Lacedemoni, rappresentava la leva del Sessantotto. La generazione di mezzo, i ventenni degli anni cinquanta, erano per Pasolini detti generazione dei Salamini. Il problema di fondo di questi ultimi era stato quello di non aver potuto o voluto edipicamente uccidere i padri, trovandosi padri troppo ingombranti da gestire, ma allo stesso tempo di essersi trovati forzatamente e troppo presto nella condizione di aspirare ad essere padri di una generazione, quella dei Lacedemoni, del tutto indisponibile a tale operazione. Pasolini osservava come i Salamini avevano trovato soluzione a tale doppio vincolo, abiurando fuori tempo massimo ai padri e sposando (non voluti e quindi grottescamente sopportati) la generazione dei Lacedemoni (Pier Paolo Pasolini, Prologo : E. M., Otto domande sull’estremismo, « Nuovi argomenti », 31, gennaio-febbraio 1973). 4 Petrolio, specie in seguito ad alcune recenti pubblicazioni e a fronte dell’utilizzo in sede giudiziaria da parte del giudice Calia nella ridiscussione del caso Mattei, sembra essere diventato il simbolo postumo della cosiddetta profezia pasoliniana. A rinforzare tale alone numerose vicende collaterali, come la presunta sparizione-furto di numerose pagine fino al misterioso annuncio di Marcello Dell’Utri sul possesso del famoso capitolo scomparso Lampi sull’Eni. Ancor prima dell’uscita del libro, imperversò un’aspra contesa sulla liceità dell’operazione di pubblicare un romanzo inconcluso. Subito dopo l’uscita l’attenzione maggiore si concentrò su due elementi : la problematica incompletezza e l’ostentazione erotico-sessuale (Appunto 55), attenzione che alla lunga si sarebbe andata attenuando, per cedere poi spazio alla valenza politica e di denuncia. Oggi i dati che più colpiscono sono gli elenchi delle ramificazioni del capitalismo e del sistema della comunicazione italiano (appunto 22 all’appunto 22d) che tirano in ballo, a mezzo di nomi fittizi ma volutamente riconoscibilissimi, tutta la rete stretta degli intrecci del vero Potere (« la greppia » anch’essa riconoscibile nei nomi, Fanfani su tutti). Anche la Mafia è molto presente in Petrolio. Stranamente il confronto con la Mafia non è mai sottolineato visibilmente dai critici. Eppure in Petrolio è determinante (appunti 3d ; 20-30 ; 64 bis ; 65bis ; 22f ). Nei fatti Petrolio fu un tentativo, pur fatalmente monco, di rileggere e interpretare « ciò che è successo in Italia dopo il 1968 » e decifrare « quella particolare scienza italianistica che è la partecipazione al potere ». 5 Se i libri di Gianni D’Elia (vedi soprattutto Gianni D’Elia, Il petrolio delle stragi, Milano, Effigie edi- 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 181 La morte violenta di Pasolini segnò uno spartiacque tragico per l’intera comunità degli scrittori italiani negli anni settanta. L’evento che aveva messo a tacere la voce più dialettica e controversa, suscitò reazioni di diverso tipo, ma tutte accomunate dalla propensione alla domanda critica sul proprio essere voce pubblica in un periodo così aspro. 1 Per quanto riguarda gli altri protagonisti, da piazza Fontana in poi il susseguirsi di fatti destabilizzanti sembrò incalzare la riflessione di tutti. Tale situazione fu evidente per Calvino, il quale già nel 1974 si trovò a constatare l’esautorazione della propria presenza intellettuale, riconoscendo la condizione di stallo interpretativo. 2 Lo scrittore provò comunque a dare ordine all’attualità, a partire dalla centralità riconosciuta al 12 dicembre 1969, interrogandosi sulla vera paternità di questa e delle altre stragi. 3 Calvino cercò di inquadrare razionalmente anche i maggiori temi soggetti al dibattito intellettuale, come la possibilità paventata in quegli anni di un golpe anche in Italia, la critica alla dc, gli esiti del referendum del 1974 e infine la deriva violenta in atto nella società italiana palesatasi nel delitto zioni, 2006) rappresentano forse l’esempio più riuscito di una lettura definibile (con un brutto termine) complottista sulla vicenda di Pasolini, il libro di Marco Belpoliti (Pasolini in salsa piccante, Parma, Guanda, 2010), riflette sulla tendenza al martirologio e all’idealizzazione del percorso biografico di Pasolini al fine però di rimuovere il vero aspetto sconveniente ovvero quello dell’omosessualità. Del resto l’interesse per la parabola biografica e intellettuale di Pasolini sembra non diminuire, come testimonia il successo editoriale e lo sfiorato Strega del libro di Emanuele Trevi (Qualcosa di scritto, Milano, Ponte alle Grazie, 2012). Quest’ultima pubblicazione, se offre un ritratto unico ed imperdibile della figura di Laura Betti, a nostro giudizio non convince affatto nella lettura interpretativa di Petrolio. 1 Il caso più evidente fu quello che riguardò Calvino, il quale aveva ingaggiato l’ultimissima polemica con Pasolini sui fatti del Circeo. Tale confronto fu portato a termine nella Ultima lettera a Pier Paolo Pasolini nella quale il sanremese avrebbe per la prima volta palesato la necessità di un forte ripensamento del proprio essere voce pubblica. Anche Sciascia non fu immune dalla forte commozione. Ricordando le origini del proprio rapporto con lo scrittore, furono emblematici la reazione ad un intervento di André Frossard e l’analisi di Salò per esprimere giudizi netti contro i perenni luoghi comuni che da sempre gravavano su Pasolini (Leonardo Sciascia, Nero su Nero, Milano, Adelphi, 1991, pp. 195-198). Di Moravia si sarebbero a lungo ricordate le parole improvvisate a Campo de’ Fiori. Esse furono il giusto tributo all’intima amicizia tra i due e che lo scrittore romano avrebbe riconosciuto ripetutamente negli anni, anche in relazione all’altra dipartita dolorosa che avrebbe dovuto sopportare, quella di Elsa Morante (Alberto Moravia, Alain Elkann, Vita di Moravia, Milano, Bompiani, 1990, p. 429). A ciò si sarebbe affiancato però il perdurare del giudizio di Moravia, che rafforzava anche dopo la morte la visione di un Pasolini impossibilitato alla comprensione della storia, nonostante il riconosciuto ruolo di rottura. In questo senso sarebbe stata emblematica la lettura limitativa che Moravia diede di Petrolio, pur essendo uno dei primi lettori come testimoniato dalla lettera poi pubblicata nel volume. Fortini dal canto suo avrebbe compendiato in un intero libro (Franco Fortini, Attraverso Pasolini, Torino, Einaudi, 1992) il complicato ma fertile confronto con l’amico/nemico. Ciò si concretizzò a caldo nella reazione contro ogni tentazione di martirologio postumo, affiancata all’esigenza di tornare alle parole e soprattutto ai versi di Pasolini, come forma indispensabile di possibile memoria. In effetti quella di Fortini sarebbe stata una lenta ma profonda opera di recupero di Pasolini, per niente edulcorata degli antichi contrasti (espressi contro il rapporto Pasolini/ Moravia), ma capace di dare giusta collocazione al lascito, come testimoniato dalla acuta e precoce comprensione della portata di Petrolio. Goffredo Parise avrebbe disseminato l’intera sua opera del confronto con l’antipatico descritto in Sillabari, fino all’omaggio postumo de L’odore del sangue. Alcuni come Pietro Citati, Dacia Maraini indulgeranno sulla portata quasi religiosa dell’olocausto civile di Pasolini, a differenza di Volponi il quale fornirà un ritratto positivo e collocabile all’interno di una ammirevole parabola civile. Tale connotazione verrà addotta anche da Umberto Eco il quale non mancherà di rimettere sotto la lente gli elementi di discontinuità, pur lasciando aperto lo spazio finale all’umiltà dell’autocritica. Infine Giovanni Testori, Oriana Fallaci (e con lei il compagno Panagulis), Giorgio Caproni circostanzieranno il proprio ricordo ad un taglio più personale ma non per questo meno ricco. 2 Italo Calvino, Non possono smettere di colpire, « Corriere della Sera », 6 agosto 1974. 3 Idem, I nostri prossimi 500 anni, « Corriere della Sera », 10 aprile 1977. 182 roberto contu Circeo. 1 del Fu proprio in merito a quest’episodio che si consumò l’ultimo duro confronto con Pasolini non portato a termine per la morte di quest’ultimo. 2 Nel caso di Fortini continuò invece il tentativo di dare seguito al complicato rapporto di vicinanza/distanziamento dalle principali istanze della contestazione. Ciò si concretizzò nella lettura accusatoria della gestione giudiziaria di piazza Fontana e della incriminazione di Valpreda, cui partecipò a giudizio del critico anche certo mondo intellettuale. 3 Fortini inoltre caratterizzò la sua presenza per la vicinanza verso tutti i cosiddetti martiri dei poteri forti (in difesa dei quali puntava il dito anche contro il mondo intellettuale progressista), ovvero oltre al citato Valpreda, Giuseppe Pinelli, Franco Serantini, e tutti gli studenti vittime del progressivo incruentirsi degli scontri. 4 A ciò si associò una profonda riflessione sul senso di impasse patito per la tensione da un lato verso quegli stessi giovani e dall’altra dalla constatazione di come lo stesso sistema fosse progredito nella normalizzazione degli stessi fino a farne dei veri e propri instrumenta regni. 5 Alberto Moravia, dal suo canto, mantenne una posizione vicina a quella assunta a partire dal Sessantotto, rimarcando i temi classici della cultura antagonista di quegli anni in merito alla deriva stragista. Già a partire da piazza Fontana e con la partecipazione al ‘Comitato contro la repressione’ 6 intervenne pubblicamente per denunciare le trame di un antistato che aveva assunto il mezzo peculiare della provocazione come modus operandi. 7 Tale connotato venne riconosciuto ricorrente dallo scrittore negli eventi che suscitarono gli interventi più accesi sulla stampa, come la morte di Feltrinelli, la strage di via Fatebenefratelli a Milano, e la strage di piazza della Loggia. 8 Segnali di speranza (anche contro l’insorgere del terrorismo rosso) provenivano per Moravia proprio da quell’Italia del referendum sul divorzio, tanto vituperata da Pasolini e che anche Calvino aveva riconosciuto come possibile fronte di ricostruzione. 9 Infine Sciascia avrebbe compendiato la propria lettura dei primi settanta nel romanzo Il contesto : una parodia. Attraverso quest’opera propose un’analisi integrale dei meccanismi genetici di questa stagione : la natura dei poteri intoccabili come 1 Idem, Perché ho parlato di disciplina militare (Italo Calvino chiarisce il senso di una sua dichiarazione), « Nuova Società », 1 maggio 1977 ; Idem, Delitto in Europa, « Corriere della Sera », 8 ottobre 1975. 2 Pier Paolo Pasolini, Lettera luterana a Italo Calvino, « Corriere della Sera », 30 ottobre 1975 ; Italo Calvino, Dichiarazione sull’omicidio di Pier Paolo Pasolini, « Corriere della Sera del lunedì », 3 novembre 1975 ; Idem, Ultima lettera a Pier Paolo Pasolini, « Corriere della Sera del lunedì », 4 novembre 1975. 3 Franco Fortini, Il diario di Pietro Valpreda, in Idem, Questioni di frontiera. Scritti di politica e letteratura 1965-1977, Torino, Einaudi, 1977. 4 Idem, I funerali di Pinelli, Per Serantini. 1972, in Idem, L’ospite ingrato primo e secondo, Casale Monferrato, Marietti, 1985. 5 Idem, Il muro del rischio, « Corriere della Sera », 2 gennaio 1976. 6 Moravia partecipò al ‘Comitato’ assieme a Pasolini e Dacia Maraini. Il ‘Comitato’ ebbe vita breve, suscitando a distanza l’ilarità di Montanelli il quale sottolineava da parte di Moravia il contemporaneo silenzio sul vero « represso » Solženicyn (Indro Montanelli, I conti con me stesso. I diari 1957-1978, Milano, Rizzoli, 2009, p. 130). 7 Alberto Moravia, Appello per un’azione antirepressiva, « Nuovi Argomenti », 16, ottobre-dicembre 1969. 8 Idem, Il caso Feltrinelli, « L’Espresso », 26 marzo 1972 ; Idem, L’ex Italia delle bande e dei sequestri, « Corriere della Sera », 26 maggio 1974 ; Idem, Riflessioni dopo un attentato, « Corriere della Sera », 20 maggio 1973 ; Idem, Gli eredi di Hitler, « Corriere della Sera », 29 maggio 1974. 9 Idem, Il referendum di tutti, « Corriere della Sera », 15 maggio 1974 ; Idem, L’ex Italia delle bande e dei sequestri, « Corriere della Sera », 26 maggio 1974. 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 183 magistratura, 1 la il peso dei mezzi di informazione, la manipolabilità dei cosiddetti gruppuscoli (movimentismo extraparlamentare), la degenerazione della dc e la complementarietà colpevole del pci. A ciò Sciascia contrappose l’immagine razionale ma donchisciottesca 2 del protagonista Rogas (metafora chiara dello scrittore), che avrebbe avvicinato ancora di più il modello intellettuale del siciliano a quella che nello stesso momento stava assumendo Pasolini. Tale volontà sarebbe emersa anche attraverso il taglio razionale con cui lo scrittore avrebbe affrontato il dibattito sul possibile golpe o letto alcuni degli episodi più gravi come la strage di via Fatebenefratelli del 1974. 3 3. Fino agli ottanta Nel secondo lustro dei settanta gli scrittori italiani furono soggetti ad un nuovo aggiornamento delle proprie posizioni : da una iniziale accettazione della terza fase della contestazione (dopo quella presessantottesca e sessantottesca), passarono ad un netta contrapposizione con l’incremento del tasso di violenza registratosi a partire dalla primavera del 1977. Molto fece discutere l’azione degli intellettuali francesi, i quali attraverso l’Appello degli intellettuali francesi per il convegno di Bologna sulla repressione in Italia si resero protagonisti di un intervento che venne vissuto da tutto il mondo intellettuale italiano come un’ingerenza non richiesta. Emblematica fu la posizione di Fortini, il quale da una forte vicinanza ai movimenti alla vigilia del Settantasette, testimoniata anche dall’offerta della candidatura (rifiutata) nelle file di Democrazia proletaria, iniziò a divenire sempre più critico fino alla completa rottura dopo i primi episodi violenti. 4 Fortini per altro ebbe modo di polemizzare vivacemente contro gli intellettuali francesi sottolineando la mistificazione della situazione italiana (attribuita a Balestrini e Facchinelli), poi assunta paternalisticamente da Deleuze e compagni. 5 Anche Calvino dovette rimettere nel cassetto il favore verso le esperienze a sinistra del Pci mostrato almeno fino al 1976. Lo scrittore ligure aveva inizialmente letto tali realtà come potenzialmente utili per il recupero dello spazio sociale. 6 Non appena però il movimento del Settantasette si manifestò come violento, il parere di Calvino si ridefinì radicalmente, ed il giudizio si fece duro e pesante. 7 Per quanto riguarda 1 È interessante notare l’evoluzione della figura del magistrato fino all’immaginario collettivo odierno. Se negli anni settanta la figura del giudice era vista come oppositiva alle forze progressiste, dopo la fase convulsa degli anni ottanta e a partire dalla cosiddetta stagione di ‘Mani pulite’ (fino ad arrivare al conflitto tra berlusconismo e procura di Milano), la figura del giudice avrebbe assunto una connotazione positiva di baluardo contro i poteri deviati e il malaffare della politica. 2 Il segretario del Partito rivoluzionario decide di nascondere il proprio memoriale di tutta la vicenda proprio all’interno del volume di Cervantes (preferito non a caso ai due estremi ideologici Tolstoj e Proust), a testimonianza di un fallimento tanto certo quanto necessario. 3 Leonardo Sciascia, Nero su nero, Milano, Adelphi, 1991, pp. 143-178. 4 Franco Fortini, Il voto a Dp di un candidato mancato, « Il manifesto », 4 giugno 1976 ; Idem, Gioventù e mercato. Le occupazioni del Settantasette in Idem, L’ospite ingrato primo e secondo, Casale Monferrato, Marietti, 1985. 5 Idem, Siamo ancora con la testa fuori dall’acqua e capaci di pensare, « Il manifesto », 9 luglio 1977 ; Idem, Perché non mi iscrivo al partito dei filosofi, « Il manifesto », 14 luglio 1977 ; Idem, Ancora sull’appello degli intellettuali francesi, « Il manifesto », 31 luglio 1977 ; Idem, Note per una falsa guerra civile, « Il manifesto », 4 settembre 1977. 6 Italo Calvino, Del mantenere la calma, « Corriere della Sera », 13 giugno 1976. 7 Idem, I nostri prossimi 500 anni, « Corriere della Sera », 10 aprile 1977. 184 roberto contu Moravia, anche in questa occasione la tendenza fu quella di cercare di normalizzare la portata degli eventi, per poi ritrovarsi a constatare come la situazione fosse di fatto sfuggita di mano. 1 Sebbene anche lo scrittore romano ebbe modo di polemizzare con gli scrittori francesi, il tentativo fu quello di non aderire al coro unanime di esecrazione messo in atto dalla sinistra ufficiale. 2 Infine la posizione di Umberto Eco fu quella che avrebbe avviato il dibattito più acceso in merito ai movimenti del Settantasette. Interpretando la cosiddetta « generazione dell’Anno nove » come ultimo epigono delle avanguardie, il semiologo venne accusato di voler sdoganare i movimenti, dando così inizio alla querelle che avrebbe infiammato tutta la primavera estate di quell’anno. 3 I confini di una polemica nell’aria da tempo (almeno a partire dal Sessantotto), vennero segnati all’inizio di maggio oltre che dagli interventi di Eco soprattutto dalla questione dei giudici popolari esplosa dopo l’uccisione dell’avvocato Croce a Torino durante il primo processo alle Brigate rosse di Curcio e Franceschini. 4 Le dichiarazioni di Montale (il quale sposò la linea della paura espressa dai giudici popolari sorteggiati che si sottrassero), 5 poi di Calvino (nettamente contrario a quella che definì la posizione di Don Abbondio), 6 di Bobbio (il quale invece parlò di necessità lucida e razionale del pessimismo), 7 ma soprattutto di Sciascia (che dichiarò per la prima volta di non sentirsi in obbligo di niente di fronte ad uno Stato prima causa della sua stessa corruzione), 8 misero in rotta di collisione scrittori e mondo politico. Grande gioco ebbero in questo senso « L’Espresso » e il « Corriere della Sera », che seppero orchestrare le fasi del confronto in modo che, alla fine di maggio, praticamente tutta la cultura italiana dovette in qualche modo partecipare all’agone mediatico. Protagonista della vicenda fu Sciascia, anticipando quanto sarebbe deflagrato su più larga scala l’anno successivo in occasione della vicenda Moro. Iniziava proprio a questo livello quel confronto durissimo che sarebbe stato marchiato dalla Storia con la retorica del « né con le Br, né con lo Stato ». Decisiva fu la voce dell’anziano leader comunista Giorgio Amendola, il quale con l’apostrofe sul nikodemismo degli intellettuali italiani creò un fossato tra scrittori e Partito comunista. 9 I nomi coinvolti nella polemica furono onnicomprensivi dell’intero panorama politico e culturale della società italiana. Intervennero Bobbio, Fortini, Natalia Ginzburg, Geno Pampaloni, Edoardo Sanguineti, ma anche Aldo Tortorella, Luigi Pintor, Ugo La Malfa, Alberto Asor Rosa, Giovanni Testori, Alberto Arbasino, solo per ricordare alcuni dei nomi più noti. 10 Il risultato della polemica sarebbe stato intellegibile solo a partita conclusa, ovvero un anno dopo, quando si sarebbe consumato 1 2 3 Alberto Moravia, Moravia : dietro l’angolo li aspetti il Pci, « L’Espresso », 15 maggio 1977. Idem, Uno schema che potrebbe diventare realtà, « Lotta continua », luglio 1977. Umberto Eco, Anno nove, « Corriere della Sera », 25 febbraio 1977 ; Idem, Il laboratorio in piazza, « L’Espresso », 10 aprile 1977 ; Idem, No, perdio, non mi suicido, « L’Espresso », 1 maggio 1977. 4 Mario Scialoja, R. Curcio, presidente di tribunale, « L’Espresso », 8 maggio 1977. 5 Giulio Nascimbeni, La sconfitta dello Stato, dice Montale, viene da lontano, « Corriere della Sera », 5 maggio 1977. 6 Italo Calvino, Al di là della paura, « Corriere della Sera », 11 maggio 1977. 7 Norberto Bobbio, Il dovere di essere pessimisti, « La Stampa », 15 maggio 1977. 8 Leonardo Sciascia, Non voglio aiutarli in alcun modo, « Corriere della Sera », 12 maggio 1977. 9 Ruggero Guarini, La paura fa ‘77, « L’Espresso », 5 maggio 1977 ; Gianni Corbi, E poi c’è anche la Nikodemite, « L’Espresso », 5 maggio 1977. 10 Per un quadro esaustivo della polemica si veda Domenico Porzio, Coraggio e viltà degli intellettuali, Milano, Arnoldo Mondadori editore, 1977. 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 185 il secondo tempo della vicenda con L’affaire Moro. Certo è che già dal Settantasette gli scrittori, se avevano perso contatto con la società di base a partire dal confronto irrisolto con i giovanilismi più estremi e con le forze nascenti a sinistra del Pci, a questo punto sembravano avere reciso anche quei pochi tratti di unità che li tenevano accostati al mondo della sinistra ufficiale. Il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro esacerbarono ulteriormente il rapporto tra scrittori e mondo politico e civile. A fronte della sovraesposizione di Sciascia, che comunque si verificò a partire dal fine estate del 1978, si registrò un silenzio generalizzato del mondo della cultura durante i mesi del sequestro. Calvino avrebbe preso la parola solo a giochi fatti, 1 esplicitando il senso di una crisi della possibilità di intervento, anche su sollecitazione dei mezzi di stampa che recriminarono agli intellettuali tale assenza. 2 Lo stesso senso di inutilità venne espresso più veementemente da Fortini, il quale, secondo uno stilema che lo accomunò a Moravia, ribadì le responsabilità del potere politico gettando ulteriore benzina sulla polemica. 3 In questo scenario fatto di interventi rari e polemici si distaccarono alcune analisi di Umberto Eco che tentarono di indagare il tema dei segni emersi dalla vicenda, contribuendo anche a polarizzare posizioni in merito alla liceità o meno della esposizione mediatica dell’agire brigatista. 4 Infine due interventi antitetici per forma e contenuto segnarono i confini culturali dello snodo Moro : se la Lettera alle Brigate rosse di Elsa Morante rappresentò il tentativo di delimitare con parole chiare l’orrore terrorista, l’istant book In questo Stato di Alberto Arbasino volse i termini della tragedia nella rappresentazione nazionalpopolare. 5 Passati circa quindici anni dal punto di snodo di metà anni sessanta, tre scrittori come allora si ritrovarono per vie diverse a considerare i termini di un fallimento, questa volta con sulle spalle il quindicennio centrale delle rispettive carriere e di certo di maggiore esposizione pubblica. Calvino avrebbe ribadito il senso della sconfitta di fronte alla realtà che però, a differenza di quanto avvenuto anni prima, sarebbe mutato da una domanda sulla possibilità degli strumenti dello scrittore, ad una constatazione di una vera e propria crisi di senso sulla giustificazione stessa dell’opzione intellettuale. La scelta stessa a fine settanta di abbandonare l’agone della polemistica (passaggio sancito dal transito dalle pagine del « Corriere della Sera » a quelle de « la Repubblica ») 6 furono segni del passaggio di non ritorno verso la stagione dell’ultimo Calvino, decisamente più laterale all’attualità sociale e poli1 Italo Calvino, Moro ovvero la tragedia del potere, « L’Ora », 4 novembre 1978 ; Idem, Le cose mai uscite da quella prigione, « Corriere della Sera », 18 maggio 1978. 2 Giorgio Medail, Cosa può dire un intellettuale ? « Corriere della Sera », 18 marzo 1978. 3 Franco Fortini, Quello che ci hanno detto, « Quotidiano dei lavoratori », 18 marzo 1978, Idem, Non è lui, « Il manifesto », 28 aprile 1978 ; Alberto Moravia, La storia ripete i tragici errori, « Corriere della Sera », 24 marzo 1978 ; Idem, Non avanguardie ma solo scheletri, « Corriere della Sera », 5 maggio 1978. 4 Umberto Eco, Colpire quale cuore ?, « la Repubblica », 23 marzo 1978 ; Idem, Il silenzio è di piombo, « L’Espresso », 2 aprile 1978 ; Idem, C’è un’informazione oggettiva ?, relazione tenuta il 15 aprile 1978 ; Idem, Nei giornali ci sono tre Moro, « L’Espresso », 21 maggio 1978. 5 Elsa Morante, Pagine di diario, « Paragone Letteratura », 39, 1988 ; Alberto Arbasino, In questo Stato, Milano, Garzanti, 2008. 6 L’ultimo articolo della « stagione pubblica » di Calvino fu l’Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti, « la Repubblica », 15 marzo 1980. L’autunno del Settantasette aveva visto calare il sipario sulla stagione del « Corriere della Sera » diretto da Ottone, che diede carta bianca alle principali voci della cultura per gran parte dei settanta. Il passaggio alla direzione Di Bella aveva suscitato una polemica ampiamente partecipata (Me ne vado, me ne resto, « L’Espresso », 27 novembre 1977). 186 roberto contu tica. Moravia dal suo canto avrebbe sintetizzato nel lungo parto de La vita interiore il proprio sguardo sulla deriva terroristica, che nella seconda parte dei settanta vide spostare i suoi nodi nevralgici dal nord delle fabbriche alla Roma degli uffici. Da questo romanzo dal valore ancora in discussione, emergeva una deriva borghese e stanca, che corrispondeva agli ultimi (sebbene violenti) colpi di coda della lotta armata. Il passaggio dal fallimento antropologico descritto ne La vita interiore alla prospettiva ontologicamente voyeuristica de L’uomo che guarda avrebbe corrisposto ad un abbandono della fiducia nelle possibilità dell’impegno, nonostante proprio all’inizio degli anni ottanta Moravia fece esperienza diretta di responsabilità politica. Infine Fortini avrebbe espresso in concomitanza delle elezioni politiche del 1979 una condanna senza appelli sul mondo della sinistra ufficiale ma anche extraparlamentare di cui fino all’ultimo si era considerato, a diritto o a torto, mentore. 1 In questo contesto l’unico esito possibile fu non solo quello di una punizione elettorale per chi in fin dei conti aveva favorito il compromesso storico, quanto un’auspicata abiura da parte dei giovani verso quella generazione dei padri di cui egli stesso faceva parte e che aveva prodotto una storia capace anche della strage di Bologna. 2 Nei fatti dopo il 1978 i principali scrittori avrebbero iniziato ad allontanarsi sempre di più dalla polemistica, a fronte di una disillusa considerazione della possibilità dell’intervento attivo nella società. Si andava così chiudendo il cerchio con quanto verificatosi quindici anni prima. Dalla crisi di fiducia sulla possibilità di intervento attivo e reale attraverso lo strumento culturale, si passò ad una vera e propria crisi di senso sullo statuto stesso e sulla legittimità del lavoro intellettuale. La palude degli anni ottanta iniziava a farsi sentire e chi per un verso, chi per un altro, gli scrittori tutti iniziavano a sperimentarne il paralizzante potere d’inerzia. 4. La P38 e il buon giardiniere Sulla copertina del numero del 22 maggio 1977 de « L’Espresso » compariva, sotto l’inequivoco titolo I guerriglieri, una delle famose foto che testimoniavano gli 1 2 Franco Fortini, A cose fatte, « Il manifesto », 10 giugno 1979. Idem, Che i giovani si separino, anche da chi li lusinga. Invito a una congiura in piena luce, « Il manifesto », 29 luglio 1981. 1965-1980. gli scrittori negli anni complicati 187 scontri del 14 maggio 1977 in via De Amicis a Milano. Umberto Eco arrivò a definire quelle immagini come « di quelle che passeranno alla storia e appariranno su mille libri ». 1 Effettivamente ciò che Eco intuì si verificò : quelle istantanee negli anni divennero simboli riconoscibili della stagione degli Anni di piombo. Più della famosa immagine colpisce però a distanza d’anni l’annuncio pubblicitario di ben altro tono, in basso a destra, sul Manuale del buon giardiniere che l’acquirente de « L’Espresso » di quel maggio 1977 si portava a casa insieme a una delle cartoline poi divenute più tristemente famose degli anni settanta. L’accostamento tra il ventenne che sparava ad altezza uomo e la contemporanea striscetta sulle virtù del pollice verde sembrano rappresentare l’immagine più coerente di quel guazzabuglio di contraddizioni civili e politiche che in effetti determinarono l’intero decennio. Che il settimanale più attivo sul fronte della polemica di quegli anni avesse mischiato pacificamente piombo e fertilizzanti rinforza oggi l’avvertimento del paradosso di un periodo per un verso o per un altro schiacciato sempre nelle sue polarizzazioni più estreme, ma che a conti fatti ha rischiato negli anni di perdere la cifra della sua intima complessità. La distonia dell’accostamento di quella copertina mette a fuoco lo scarto significativo tra gli anni settanta e la rappresentazione di essi sotto l’ingombrante etichetta di ‘Anni di piombo’. Quest’ultima definizione, mutuata per altro a decennio concluso dal film di Margarethe Von Trotta (1981), contribuì non poco nell’immaginario ad appiattire gli anni settanta sull’idea di violenza, che effettivamente fu presente e agita come non mai, ma che non esaurì le dinamiche sociali e civili di un periodo storico tra i più fertili e vivi dell’intero Novecento. Le persone avevano ovviamente continuato a vivere, i riti borghesi della società di massa sull’onda lunga del boom economico avevano continuato a proliferare nonostante momenti di crisi, i giardini venivano coltivati come non mai, anche dagli attenti e critici lettori de « L’Espresso ». In questo contesto, se è parso lecito parlare di stato di crisi di un certo modello di scrittore intellettuale, va ribadito come lo si debba fare contestualizzando tale idea in un panorama di crisi sistemica ed epistemologica iniziata ben prima, a partire da quanto avvenne nel passaggio tra anni cinquanta e sessanta. L’esempio paradigmatico fu quello di Calvino, il quale transitò in quindici anni da una domanda sulla possibilità degli strumenti dello scrittore di influire sul reale (metà anni sessanta), ad una constatazione di una vera e propria crisi di senso sulla giustificazione stessa dell’opzione intellettuale (fine anni settanta). Del resto anche nel caso di Moravia e Fortini sono alla fine evidenti i tentativi falliti di scendere a patti con una realtà che sembrò essere ingovernabile. Se il primo fu quello che più di tutti cercò di trovare invano un’interfaccia (sempre negata, a volte in modo clamoroso) con le nuove generazioni, per il secondo si può considerare il tentativo più organico di ridefinire continuamente un nuovo statuto dell’intellettuale, che a partire da Verifica dei poteri fino alla contiguità negli anni settanta con il mondo extraparlamentare si sarebbe risolto in una continua e spinosa dialettica fino alla posizione solitaria e polemica degli anni ottanta. In questo contesto fu altresì decisivo il percorso di un intellettuale come Pasolini, al quale si affiancò la figura di Sciascia. Il percorso del primo fu emblematico perché rappresentò, a fronte di un 1 Umberto Eco, Una foto, in Sette anni di desiderio, Milano, Bompiani, 1983 ; Sergio Bianchi, Storia di una foto. Milano, via De Amicis, 14 maggio 1977, Roma, Derive Approdi, 2011. 188 roberto contu traumatico rifiuto del modello di intellettuale organico, la prima concretizzazione di un nuovo statuto solitario e direttamente referente al mondo della comunicazione di massa. In questo senso fu speculare la figura di Sciascia, il quale oltre ad essere accomunato a Pasolini dallo svincolamento traumatico dal sistema culturale ufficiale, sperimentò con L’affaire Moro nella seconda metà del decennio ciò che Pasolini tentò con Petrolio nella prima metà dei settanta, ovvero un tentativo estremo di restituire facoltà di intervento politico alla letteratura, con esiti tutt’ora in divenire. Anche le grandi polemiche degli anni settanta segnarono a conti fatti il crepuscolo definitivo di quella « repubblica delle lettere » che in Italia non sarebbe più rinata. La rivoluzione della comunicazione, delle società di massa e in un futuro non troppo lontano della globalizzazione della comunicazioni, avrebbe posto fine al sistema piramidale della decifrazione del reale, dove l’intellettuale aveva conservato un ruolo primario, per cedere il passo a quella orizzontalità del conoscere e della divulgazione che avrebbe caratterizzato la nostra contemporaneità. Che gli scrittori di un tempo fossero naufragati negli anni settanta pare dunque abbastanza evidente ma ancora più evidente è la percezione di come ciò fu determinato non solo dall’incapacità di dire parole decisive di fronte alla deriva violenta o dall’impossibilità di comprendere a fondo i nuovi modelli collettivi imposti violentemente dai figli del boom economico. La questione albergò più in profondità e percorse il vicolo obbligato dell’ineluttabilità, perché ebbe a che fare con la persistenza impossibile di statuti intellettuali che non potevano reggere il colpo di una società ‘troppo estesa’ e ‘troppo di tutti’ per continuare ad aspettare ‘la parola di uno’. Se al massimo grado di tensione la nostra intellighenzia cercò di partorire il proprio personale ma articolato « Io so », di contro il mondo in cui risuonò tale affermazione rispose con un ben più forte « Non ci interessa ». Il fatto che l’ultima spiaggia di tale pretesa fu quella massimamente risonante della pubblicistica d’occasione non fece che sottolineare il rumore della ritirata degli scrittori, i quali fino all’ultimo cercarono, questo va detto, di trovare il bandolo della matassa. È da individuare infine in quest’ultimo senso il significato, l’etimologia dell’aggettivo ‘complicato’ posto a titolo di questa sintesi, un groviglio, un ‘piegato insieme’ (cum-plicatus) che avrebbe dovuto avere in sé la possibilità di spiegazione, quella spiegazione che i nostri autori cercarono a lungo ma che a conti fatti non riuscirono a trovare perché oltre il loro raggio d’azione epistemologico. In questo senso il titolo più corretto di questa ricerca sarebbe stato allora 1965-1980. Gli scrittori negli anni complessi, dove (senza stare a scomodare la teoria della complessità per cui a differenza di ‘complicato’, ‘complesso’ indicherebbe un sistema intrecciato e spiegabile solo nella sua interezza e interazione) la crisi della figura dello scrittore italiano fu l’ennesimo tassello di una crisi conoscitiva generale che investì la fine del xx secolo. [email protected] Università di Perugia co m p osto in car atter e dant e m on oty pe da l la fabrizio serr a editore, p i s a · roma . stampato e r ilegato n e l la t ip o g r afia di ag nan o, ag na n o p i s a n o ( p i s a ) . * Maggio 2016 (cz 2 · fg 13)