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2021
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Poco prima della pandemia da SARS-CoV-2, durante uno dei miei frequenti viaggi di lavoro per ricerche floro-faunistiche in Molise, camminando per le vie del centro, a Campobasso, mi imbattei in un manifesto (e in un'ammaliante poesia, che ne arricchiva estetica e apparato iconografico … la riporto in calce a questo articolo) che pubblicizzava una mostra su uno specifico ritrovamento, considerato rilevante dal punto di vista scientifico, in una delle tante aree archeologiche di cui è piena la nostra Penisola. In quella circostanza scrissi, di getto, un breve post su un social network, ma adesso che la luce s'assottiglia, ora che fa freddo e il respiro della Natura è sospeso e le brume invernali hanno il sopravvento prima di cedere nuovamente il passo al sole, ho pensato di trasformare in un articolo quell'inciampo in una statuetta, ritrovata in un luogo dell'Appennino, che parla di femminilità, di una dea e dell'acqua. Avevo già visitato il meraviglioso sito di Altilia, in agro di Sepino; mi ci avevano accompagnato, alcuni anni fa, gli amici di San Giuliano del Sannio, ma non ebbi modo, a quel tempo, di conoscere uno dei tanti aspetti legati alla ricchezza di questo sito che ho approfondito più tardi. Proprio nella zona archeologica dell'ampia vallata del fiume Tammaro è stata recentemente ospitata la mostra "La Dea dei canneti fruscianti". Il riferimento è al santuario della Dea Mefite, ubicato tra l'insediamento fortificato di Terravecchia e il florido abitato, con strutture monumentali, di Saepinum.
in Semel pro semper. Atti dell’incontro di studio in memoria di Fabrizio Bisconti (Roma, 14 ottobre 2022), Città del Vaticano 2023, pp. 73-94.
Venezia, luogo noto per essere crocevia di mondi, pensieri e parole, un luogo altro, che per secoli ha stabilito canoni politici, sociali e personali che ben pochi esempi hanno avuto rispetto alla storia degli altri paesi. La Serenissima Repubblica di Venezia, pur nella sua struttura aristocratico mercantile, era un centro culturale particolarmente attivo e oggi avrebbe senza sforzo avuto la palma di città della cultura per il forte traino che quest'ultima, nel passato, costituiva per tutti i suoi abitanti. Il Seicento veneziano si costituisce per una forte impronta di decadenza, ormai la sua rotta commerciale era ampiamente stata soppiantata dalla nuova rotta con le terre americane, le quali avevano già invaso l' Europa, in modo non sempre favorevole. L'uso del mais al posto del grano era ormai entrato di prepotenza, la nuova semenza era resistente, facile da lavorare e ottimo rimedio per le carestie e per i problemi vitali di provvigionamento del frumento che avevano tormentato le campagne. Inoltre, anche se ancora non si avvertiva del tutto, il cambio delle rotte commerciali, nonostante la grande varietà di merci e di scambi ancora presenti negli empori veneziani, avrebbe portato un vero terremoto politico sociale ed economico nell'aristocrazia della Repubblica, che si vide impoverita dalla mancanza d'introiti. Certo, molti patrizi veneziani erano tuttora impegnati nella forte attività di cantieristica navale presente all'Arsenale, dove le galee vedevano la luce ma sempre meno le barche da trasporto e da scambio, segno inequivocabile della diminuzioni drastica degli scambi nella Serenissima. Fino a non molto tempo prima, le tavole delle famiglie popolane abbondavano dei prodotti d'importazione, ora si potevano trovare polenta, sardine, cipolle e qualche bicchiere di vino misto ad acqua, un menù ben diverso per un mondo che, pur vittorioso dalla cruciale battaglia di Lepanto che aveva consegnato il predominio del Mediterraneo ai veneziani, ora conosceva la stessa decadenza incontrata a suo tempo dall'impero romano. Non ultimo, la perdita di ricchezza del Patriziato coincise anche con il loro lento ma inesorabile abbandono delle cariche pubbliche, lasciando il posto a una invasiva e crescente corruzione, per non parlare poi del sempre più crescente abbandono delle attività artigianali a favore degli ebrei e degli armeni, che sempre di più avrebbero costituito il nuovo asse portante dell'economia veneziana, mentre i vecchi patrizi non adattandosi alla nuova situazione, andarono presto incontro a una fine ingloriosa. Non ultimo, le beghe con lo Stato Pontificio giunsero a un culmine negativo, con papa Paolo V, particolarmente intransigente vista l'impossibilità di azione dell'Inquisizione, che reclamò l'allontanamento della Serenissima dai beni e dai territori ecclesiastici, impoverendo di fatto anche le campagne e scatenando da parte dei veneziani una corsa all'acquisto di terre da coltivare, che avrebbero garantito una nuova rendita e collocazione economica dopo la perdita del dominio marinaro. La riscoperta del territorio ebbe vari risvolti positivi, non solo economici: lungo il fiume Brenta fiorirono diverse ville, come sorsero nelle terre di Padova e Treviso, le quali furono un vero e proprio fulcro culturale più libero e piacevole della ristretta vita in città, potendo combinare insieme amicizie e piaceri della campagna, allietati spesso da spettacoli teatrali e musicali. Nonostante la perdita del mare, la riscoperta della terra portò ad una nuova economica rurale impostata su scambi regionali, bachi da seta e mulini, portando anche alla nascita di fiorenti cartiere e manifatture locali medie e grandi. La pestilenza giunta nel 1630 a falcidiare un terzo della popolazione, non intaccò minimamente il clima di ottimismo che permeava questa nuova rinascita. Falliti i primi tentativi di voto e di visita solenne alla salma di Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia per la richiesta del miracolo di essere liberati dal morbo, il Doge emanò un editto con il quale sanciva l'erezione di una chiesa dedicata alla Madonna, vergine e madre, da nominarsi Santa Maria della Salute. Si ricorreva al potere d'intercessione di Maria, "salus infirmorum, salus populi", per la salute e la
Fonti scientifiche e storiche del racconto "Some words with a mummy" di Edgar Allan Poe
b@bel, 2015
una riflessione sulla soggettività femminile come soggetto "imprevisto" a partire da un breve e intenso racconto.
C'era una volta ad Atene una bella donna che si chiamava Teodote...». Così comincia, alla maniera di un racconto, uno dei capitoli più enigmatici dei Memorabili di Senofonte 1 . Questa bella donna, precisa subito Senofonte, era in effetti una cortigiana 2 -ma non lo dice in modo così diretto, usa una perifrasi: questa donna, dice, «era disposta a stare in compagnia (suneinai) di chi la convinceva (toi peithonti)» 3 . Solo più tardi vedremo Socrate indurla ad ammettere che quelli che la convincono sono la fonte del lusso in cui vivono lei e sua madre. Questa donna, dunque, è una mantenuta, una demi-mondaine, come l'Odette di Marcel Proust. Donde l'enigma del capitolo: appena Socrate ha sentito da un suo compagno che la bellezza di questa donna sorpassava ogni descrizione, decide di andare a vederla perché, dice, ciò che non si può descrivere, infatti, non si può neanche conoscere ascoltandone la descrizione. È la prima sorpresa del capitolo: è inusuale vedere Socrate così interessato alla bellezza femminile, addirittura al punto da dichiararsi, dopo che avrà potuto ammirarla, «eccitato» dalla sua vista 4 ! È la prima sorpresa, ma non l'unica: l'essenziale del capitolo è costituito da una conversazione di Socrate con questa cortigiana, nella quale, una volta che lei ha riconosciuto che i suoi amici sono il suo bios, il suo mezzo di sostentamento, vediamo il filosofo consigliarla sul modo migliore di farsi degli amici, di «andare a caccia di amici» ( § 7-14). Ma perché, chiedono i commentatori, Socrate ritiene M. NARCY, La Teodote di Senofonte: un Alcibiade al femminile? 53 1 Senofonte, Memorabili III 11. 2 Cosi la chiama senz'altro Ateneo (XII 535c): hetaira. 3 Trad. Santoni 1989, leggermente modificata («sedurla», traduce la Santoni, ciò che a mio parere tradisce l'intenzione della perifrasi, e disperde la corrispondenza con l'esigenza che ha Socrate di essere lui preliminarmente convinto di accogliere la donna [ § 15, cfr. infra n. 26]). 4 Senofonte, Memorabili III 11.3. Si veda sotto la citazione testuale. MICHEL NARCY La Teodote di Senofonte: un Alcibiade al femminile? 56 G. MAZZARA-M. NARCY-L. ROSSETTI, Il Socrate dei dialoghi che lo scopo di Socrate sarebbe stato quello di portare Teodote alla virtù, come ha fatto con altri discepoli.
Il pensiero al femminile. Hannah Arendt, 2019
Questo lavoro continua il discorso-ricerca iniziato qualche anno fa con Simone Weil e Edith Stein
Quaderni di Archeologia Fenicio-Punica VIII, 2019
L’isola di Mozia nello Stagnone di Marsala costituisce un osservatorio privilegiato per lo studio della cultura fenicia d’Occidente e un bacino di informazioni di grande valore per l’importanza che questa città fenicia rivestì fin dai primi decenni dalla sua fondazione nello scacchiere mediterraneo. Occupata da un insediamento indigeno nel secondo millennio a.C. , l’isola ospitò dall’inizio dell’VIII secolo a.C. una città fenicia. L’originario fondaco, localizzato dalla Missione archeologica a Mozia della Sapienza nel quadrante meridionale dell’isola nei pressi della Porta Sud, diventò in poco più di un secolo una vera e propria città commerciale . Grazie alla sua posizione centrale lungo la rotta che dal Levante, percorrendo la via delle piccole isole (Malta, isole Pelagie, isole Egadi), portava in Sardegna, alle Baleari e infine in Spagna, Mozia divenne uno degli snodi strategici e fondamentali per i commerci mediterranei . Questa condizione privilegiata, tuttavia, la rese oggetto delle ambizioni imperialistiche di Cartagine che, alla metà del VI secolo a.C., mirò al controllo territoriale e politico di alcune zone chiave del Mediterraneo occidentale e centrale, tra cui le Baleari, la Sardegna e la Sicilia occidentale. Mozia fu, dunque, coinvolta nello scontro tra Cartagine e Siracusa, che difendeva gli interessi delle città greche della Sicilia occidentale. Come conseguenza della politica aggressiva di Cartagine nei confronti di queste ultime, Mozia subì la reazione dei siracusani che, guidati da Dionigi I, la conquistarono e distrussero nel 397/6 a.C. Identificata dal viaggiatore e studioso olandese Cluverius con l’Isola di San Pantaleo, Mozia vide le prime esplorazioni archeologiche alla fine del ‘700 . Le prime indagini sistematiche a Mozia cominciarono all’inizio del XX secolo grazie a Joseph Whitaker , all’epoca proprietario dell’isola, e all’archeologo Antonio Salinas, che portarono alla luce alcune delle testimonianze fenicie più importanti, come alcuni tratti della cinta muraria e le porte urbiche, il Kothon, il Tofet, la Necropoli e il santuario del Cappiddazzu . Le indagini archeologiche proseguirono anche dopo che l’isola fu acquisita dallo stato italiano dopo la morte di Lady Delia, ultima erede degli Whitaker. Negli anni ’60 la missione delle Università di Leeds e Fairleigh Dickinson diretta da Benedikt S.J. Isserlin concentrò gli scavi nel settore meridionale della cinta muraria e al Kothon (Quartiere di Porta Sud) , e a Porta Nord (scavo dei due sacelli esterni alle mura) , ed effettuando dei sondaggi esplorativi lungo la cinta muraria nei pressi della Necropoli . Seguirono, dalla fine degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ‘90 le missioni della Sapienza e della Soprintendenza di Palermo dirette da Antonia Ciasca e Vicenzo Tusa , e delle Università di Palermo e Bologna ; grazie a queste sono state portate alla luce ampie porzioni della città antica e un notevole repertorio di materiali e di ceramica. Dopo quasi un decennio di interruzione, nel 2002 La Sapienza, in collaborazione con la Soprintendenza Regionale ai Beni Culturali e Ambientali di Trapani, ha inaugurato una nuova stagione di scavi, tuttora in corso, incentrati su alcuni punti nevralgici dell’isola: l’Area Sacra del Kothon nel settore meridionale, la zona residenziale alle pendici dell’Acropoli , il Tofet e la cinta muraria . L’indagine archeologica ha portato alla scoperta di uno dei più grandi complessi sacri fenici del Mediterraneo, di un edificio militare con sacello annesso presso la Porta Ovest e all’approfondimento della conoscenza di alcuni settori solo parzialmente noti come il Tofet e le mura. La ricerca, inoltre, ha prodotto una sequenza stratigrafica degli eventi dell’isola dalla fondazione dell’emporion fenicio all’ultima distruzione della metà del IV secolo a.C. , la divisione in periodi in concordanza con gli eventi storici documentati dalle fonti e i dati archeologici, e una quantità considerevole di materiali provenienti da contesti documentati e stratigraficamente affidabili. Questo ha costituito la necessaria premessa per lo studio dei materiali ceramici dipinti oggetto della ricerca.
Indice Tommaso India, Introduzione 1 Arnaldo Nesti, Il "femmineo sesso" e il sacro. Per un'introduzione generale 11 Paolo Scarpi, Bellissima: dal sacro al domestico, percorsi mitico-rituali del femminile nell'antica Grecia 19 Jean Cuisenier, Venus, ou l'embarquement pour Cythère 25 Natale Spineto, Le donne e Dyonisos: ordine e trasgressione nelle feste dionisiache di Atene 41 Alessandro Saggioro, Deae... quae fata nascentibus canunt. Il futuro di Roma cantato al passato 51 Dario Palermo, Prima di Demetra. Divinità femminili della Sicilia indigena 59 Giovanna Greco, Da Hera argiva alla Madonna del granato: la costruzione di una iconografia 67 Franco Cardini, "...et luna sub pedibus eius". La signora dell'Apocalisse e la Vergine Maria 89 Marino Niola, Maria e le altre 101 Mara Margherita Satta, Vergine e madre, Madonna e donna 109 Charlotte Huet, Le sante della letteratura popolare a stampa italiana (XIX secolo) 117 Fabio Dei, Dove si nasconde. Guaritrici e cultura popolare in Toscana 125 Elsa Guggino, In dialogo con Marzia, la spirituale, la donna di fora 133 Carmelina Chiara Canta, Il linguaggio del corpo nella religiosità delle donne in Sicilia 143 Ignazio E. Buttitta, Madonne arboree in Sicilia 155 Berardino Palumbo, Apprendere il rito. Identità di genere e pratica rituale in un paese siciliano 179 Alessandro Lupo, La Madonna dalla gonna di serpenti. Usi e interpretazioni della Vergine di Guadalupe nella Nuova Evangelizzazione del Messico indigeno 195 Antonino Colajanni, Lo sciamanismo femminile in alcune società indigene dell'America Meridionale. Le ragioni di una "eccezione" socio-culturale 217 Domenico Scafoglio, Senõra Blanca. Il culto della Santa Muerte a Città del Messico 235 Luisa Faldini, Donne, religione e potere in una religione afrobrasiliana: il candomblé keto 253 Giovanna Calasso, Tra ḥarīm e ḥaram: la donna, il velo, i luoghi sacri nell'Islam 271 Roberto Cipriani, Dignità femminile e cattolicesimo 283 Franco Lai, Gaia e altri "miti della natura" nella cultura di massa contemporanea 301 Salvatore Abbruzzese, La donna, tra modernità e memoria 313
2003
Nel corso dell'ultimo decennio gli studi sulle ceramiche con rivestimenti vetrificati in doppia cottura, prodotte nell'Italia peninsulare tra la fine del XII e l'inizio del XIII secolo, sono giunti ad ampie sintesi .
НАЦИОНАЛНА НАУЧНА КОНФЕРЕНЦИЯ „90 ГОДИНИ МУЗЕЯТ НА СОФИЯ“ СЕРДИКА – СРЕДЕЦ – СОФИЯ ТОМ 8 , 2020
International Journal of Business Policy and Economics, 2010
XIX JORNADAS NACIONALES y VIII INTERNACIONALES de ENSEÑANZA DE LA HISTORIA, 2024
Isonomía, 2019
Microchemical Journal, 2020
Rethinking Pseudonyms in Ethnography, 2021
Industrial & Engineering Chemistry Research
The British journal of ophthalmology, 2018
Ornis Norvegica, 2019
International journal of Science Culture and Sport, 2015
Doğuş Üniversitesi Dergisi, 2004
Journal of Crystal Growth, 2009
Urban Planning, 2021
Journal of Nanomaterials
Otolaryngology-Head and Neck Surgery, 2009
Empathie en contexte complexe : connecter avant d’inclure, 2024