La Baia di Napoli
STRATEGIE INTEGRATE PER LA CONSERVAZIONE
E LA FRUIZIONE DEL PAESAGGIO CULTURALE
a cura di
Aldo Aveta, Bianca Gioia Marino, Raffaele Amore
VOLUME PRIMO
Per una connotazione del territorio,
tra caratteri fisici e valenze culturali
artstudiopaparo
La Baia di Napoli
STRATEGIE INTEGRATE PER LA CONSERVAZIONE
E LA FRUIZIONE DEL PAESAGGIO CULTURALE
a cura di
Aldo Aveta, Bianca Gioia Marino, Raffaele Amore
artstudiopaparo
La Baia di Napoli
STRATEGIE INTEGRATE PER LA CONSERVAZIONE
E LA FRUIZIONE DEL PAESAGGIO CULTURALE
a cura di
Aldo Aveta, Bianca Gioia Marino, Raffaele Amore
VOLUME PRIMO
Per una connotazione del territorio,
tra caratteri fisici e valenze culturali
For a connotation of the territory, between
physical characters and cultural values
artstudiopaparo
GRANDI OPERE
collana diretta da
Antonella di Luggo
Volume 4
Comitato Scientifico
Jean Francois Cabestan
Massimiliano Campi
Alessandro Castagnaro
Stefano De Caro
Pierluigi Leone De Castris
Riccardo Florio
Christiane Groeben
Fulvio Irace
Mario Losasso
Virginie Picon Lefebvre
Franco Purini
Paola Scala
Marcello Sestito
La Baia di Napoli
Strategie integrate per la
conservazione e la fruizione
del paesaggio culturale
a cura di
Aldo Aveta
Bianca Gioia Marino
Raffaele Amore
Segreteria redazionale
Claudia Aveta coordinamento
Sabrina Coppola
Giuseppe Feola
Maria Chiara Rapalo
Coordinamento editoriale
Massimo Visone
Progetto grafico
artstudiopaparo
© Ottobre 2017
artstudiopaparo s.r.l. - Napoli
[email protected]
Primo di 2 volumi indivisibili
Euro 150,00 (per i due volumi)
ISSN 2421 034X
ISBN 978 88 99130 688
La pubblicazione è stata promossa dalla Scuola di Specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio e realizzata con il contributo dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Patrocinio del Dipartimento di Architettura - DiARC dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
I saggi contenuti nei due volumi sono stati valutati in modalità
double blind peer review.
In copertina
Alessandro Busci, Castel dell’Ovo, 2014
Sommario
9
10
11
13
19
Presentazioni
Gaetano Manfredi
Mario Losasso
Luigi de Magistris
Prefazione
L’approccio pluridisciplinare per una strategia di conservazione
dei valori della Baia di Napoli
Aldo Aveta
Introduzione
Bianca Gioia Marino
71
Paesaggi sottomarini del Golfo di Napoli per la pianificazione dello
spazio marittimo
Luca Appolloni, Giovanni Fulvio Russo
75
Il rapporto tra le aree agricole e gli ambienti urbanizzati: il caso
della Baia di Napoli
Paolo Cupo
80
Evoluzione del paesaggio agrario e naturale della Penisola
Sorrentina negli ultimi 60 anni
Antonello Migliozzi, Stefano Mazzoleni
84
Analisi dei risentimenti dei forti terremoti appenninici che hanno
colpito Napoli
Sabina Porfido, Giuliana Alessio, Germana Gaudiosi, Rosa
Nappi, Efisio Spiga
89
Vulnerabilità sismica e classi srtutturali: gli edifici in muratura a
scala territoriale
Giancarlo Ramaglia, Gian Piero Lignola, Gaetano Manfredi,
Andrea Prota
Prima sezione
Il paesaggio storico come natura
ed espressione geologica
23
The Bay of Naples and its Volcanoes: a geological monument
Elena Cubellis, Giuseppe Luongo
28
Le risorse lapidee della Campania: riscoperta e valorizzazione dei
siti estrattivi
Domenico Calcaterra, Marco D’Amore, Diego Di Martire,
Maurizio de’ Gennaro, Alessio Langella
94
Difficile equilibrio tra esigenze di sicurezza e di tutela ambientale
nei problemi di stabilità di costoni rocciosi in ambiti di grande
rilevanza ambientale: il caso di Capri
Stefano Aversa, Nicola Nocilla
35
I geomateriali vulcanici della Baia di Napoli
Claudia Di Benedetto, Sossio Fabio Graziano, Concetta Rispoli,
Piergiulio Cappelletti
99
Seismic vulnerability reduction for House of mosaics in the Park of
Villa Favorita
Luisa Alterio, Gianpiero Russo, Francesco Silvestri
39
Valenza socio-culturale del patrimonio geologico nelle aree
vulcaniche attive della Baia di Napoli
Paola Petrosino, Ines Alberico
44
I geomateriali nel sito archeologico della Necropoli della Porta
Mediana a Cuma
Sossio Fabio Graziano, Claudia Di Benedetto, Vincenza
Guarino, Concetta Rispoli, Piergiulio Cappelletti
50
Studio delle condizioni di stabilità di cavità storiche finalizzato alla
conservazione e fruizione del sito attraverso l’uso integrato di
indagini e modellazione numerica 3D
Anna Scotto di Santolo, Maria Danzi, Francesco Pepe
55
Un GEO-DB condiviso e intersettoriale per la Baia di Napoli
Ciro Romano
61
Un tesoro di biodiversità invisibile nella Baia di Napoli
Adriana Zingone, Marina Montresor, Diana Sarno
66
A geophysical approach to the fruition and protection of
underwater cultural landscapes. Examples from the Bay of Napoli
Crescenzo Violante
104
Napoli e le aree protette
Antonio Bertini
Seconda sezione
Peculiarità e identità dell’architettura
e del paesaggio storico urbano
113
Il nuovo sguardo dalle colline al mare tra Settecento e Ottocento:
un primato napoletano nell’idea di salvaguardia del paesaggio
urbano
Alfredo Buccaro
119
Paesaggio e architettura: l’Arcadia nella Baia di Napoli
Massimo Visone
124
Le ‘panoramiche’ di Napoli. Le strade del fascismo tra tutela
e valorizzazione
Luigi Veronese
129
Il litorale di Chiaia nelle trasformazioni della Napoli eclettica. La
nuova linea di costa da Mergellina a Castel dell’Ovo
Daniela De Crescenzo
6
133
Paesaggio archeologico e urbano nella guidistica campana
dell’Ottocento: il contributo di Stanislao d’Aloe
Damiana Treccozzi
219
La nuova strada di Sorrento e la difesa della ‘sinistra’ del golfo di
Napoli. Un controverso progetto agli inizi dell’Ottocento
Giuseppe Pignatelli
139
La Baia di Napoli negli Atti della Commissione Franceschini
(1964): elementi di continuità e discontinuità del processo di tutela
Alessandro Viva
223
Il paesaggio di Capri: immaginari e tutela tra Ottocento e Novecento
Fabio Mangone
228
144
Castellammare di Stabia, Sorrento, Monte Faito: tre piani di Luigi
Piccinato, 1936-1940
Gemma Belli
Ischia: il caso del Torrione di Forio. Tutela, conservazione
e trasmissione
Valeria Carreras, Fatima Melis
233
150
Il paesaggio tra urbanistica e tutela: la genesi e il destino del PUT
della penisola sorrentino-amalfitana (1973-1987)
Andrea Pane
Un Laboratorio per la riqualificazione urbana di Baia
Marina Fumo, Roberto Castelluccio, Luisa Di Nardo, Roberto
Vigliotti
238
157
Dal recupero di antiche tracce alla costruzione di nuove tracce per
il futuro
Vito Cappiello
Matera 2019. Dalla valutazione dell’impatto territoriale agli
scenari di trasformazione urbana
Silvia Summa
242
160
Significati e tutela dell’architettura del XX secolo nella Baia di Napoli
Ugo Carughi
Piani e progetti di Michele Busiri Vici per la costa laziale (1940-1970)
Gerardo Doti
165
Morfologia del sistema urbano della città di Napoli tra architettura
e paesaggio
Antonella di Luggo
170
Riguardare le coste
Paolo Cerotto
174
Trasformazioni del paesaggio costiero di Santa Lucia e Castel
dell’Ovo nei progetti dei fratelli Du Mesnil, 1869-1872
Consuelo Isabel Astrella
180
La ‘porta’ orientale di Napoli: trasformazioni urbane e rapporti
percettivi
Angela Pecorario Martucci
185
Nel quartiere di San Carlo all’Arena: valori e disvalori di un
paesaggio culturale degradato
Maria Chiara Rapalo
190
Il collegio dei Cinesi in Napoli: dalla conservazione di antichi
significati all’interpretazione di nuovi valori
Amanda Piezzo
195
Nuove architetture e città storiche. Il caso (fallito) del grattacielo
sulla Baia di Napoli
Niroscia Pagano
199
Alle pendici del Vesuvio: tra memoria dell’‘antico’ e infrastrutture.
Immagini e storie per la fruizione e il recupero dell’identità dei luoghi
Pasquale Rossi
204
L’INA Casa a Bagnoli, Agnano e Canzanella e gli interventi della
Filo Speziale: ripartire dalla Storia per la salvaguardia ambientale
Carolina De Falco
209
Le ‘architetture minori’ a carattere rurale nell’area vesuviana. Un
patrimonio architettonico a rischio
Mariarosaria Villani
214
‘Architetture dell’acqua’ e identità culturale. La Valle dei mulini di
Gragnano
Giovanna Ceniccola
Terza sezione
Paesaggi di rovine come criticità e risorsa
251
La riscoperta del paesaggio culturale preromano nei golfi di Napoli
e di Salerno: mitografia, realtà archeologica e valorizzazione futura
Giuseppe Alberto Centauro, Carmine Pellegrino, Guido Iannone
256
Valori formali e realtà funzionali delle ville costiere in Campania:
l’eredità ellenistica e l’innovazione romana
Antonio De Simone
260
Napoli, città cumana: alle origini dell’identità culturale della Baia
di Napoli, in antico golfo cumano
Giovanna Greco
266
Le maisons de plaisance di Portici e dei suoi dintorni nei disegni
dell’architetto Pierre Adrien Pâris (1745-1819)
Maria Luce Aroldo, Matteo Borriello, Alessio Mazza
272
Geografia e infrastrutture archeologiche. Morfologie e connessioni
nel territorio vesuviano tra ‘città nelle città’
Adriana Bernieri
277
Archeologia partecipata nella Baia di Napoli. Lo scavo della Villa
di Augusto a Somma Vesuviana tra istanze conservative e
prospettive di sviluppo turistico-culturale
Giuseppe Feola
282
Pompei, laboratorio di possibili futuri nel cuore della Baia di Napoli
Nicola Flora, Francesca Iarusso
286
Il restauro delle Terme Suburbane come strategia di valorizzazione
del suburbio occidentale della città archeologica di Pompei
Serena Borea
291
Il sito UNESCO Aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre
Annunziata e l’‘Historic Urban Landscape’. Considerazioni e riflessioni
Barbara Del Prete
295
An integrated approach for the conservation of Archaeological Heritage:
the case study of the south-west colonnade of the Pompeii Civil Forum
Lucrezia Cascini, Francesco Portioli, Raffaele Landolfo, Renata
Picone, Serena Amodio
300
Tutela e conservazione di un elemento connotante il paesaggio
archeologico vesuviano: le fontane pubbliche della città antica di Pompei
Umberto Sansone, Arianna Spinosa, Gianluca Vitagliano
Quarta sezione
Beni mobili e beni immateriali come fattori di identità
391
Riti, culti e devozioni a Napoli tra V e II secolo a.C.
Giovanna Greco, Marialucia Giacco, Maria Luisa Tardugno
397
Classis Misenensis. L’antica presenza navale romana quale importante
fattore delle robuste tradizioni nautiche fiorite nella Baia di Napoli
Domenico Carro
404
‘Nel più fulgido scenario di colori’: Goethe e la scoperta del
paradiso a Napoli
Rosario Scaduto
409
La costa flegrea: mito e memoria
Valeria Pagnini
414
Museo e territorio, tra materialità e immaterialità
Gioconda Cafiero
420
Masaniello, pescatore napoletano: icona simbolica del paesaggio
della Baia di Napoli fra l’Ottocento e il Novecento
Ewa Kawamura
425
Identità sociali e culturali nella canzone napoletana classica
Giorgio Ruberti
429
La terminologia della caffetteria napoletana, tra tecnicismi e tradizioni.
Un confronto con la lingua spagnola
Sara Longobardi
432
Da Carmniell o’ srngr a Semmentavecchia e Taplass. Tra soprannomi e
‘gentilizi’ dell’area metropolitana e isolana: valori culturali e
documentari del territorio partenopeo
Federico Albano Leoni, Francesca M. Dovetto
Aree archeologiche costiere nei Campi Flegrei tra storia e valorizzazione:
il caso del teatro-ninfeo detto Sepolcro di Agrippina a Bacoli
Silvia Crialesi
437
Small islands, global worlds: aspetti linguistici e storico-culturali
delle isole flegree
Rosanna Sornicola
353
Svelare l’invisibile: il patrimonio archeologico sommerso nella Baia
di Napoli. Il caso studio dei Campi Flegrei
Caterina De Vivo
442
Iscrizioni, edilizia pubblica e consenso politico a Napoli nel I
secolo d.C.
Elena Miranda De Martino
358
Paesaggio archeologico e paesaggi urbani tra Bacoli e Miseno
Luigi Cicala, Gervasio Illiano
448
363
‘Ruine parlanti’. Temi progettuali per il paesaggio flegreo
Bruna Di Palma
L’influenza della terminologia del vulcano sul paesaggio flegreo,
analisi contrastiva con le lingue francese, inglese e spagnolo
Claudia Mignola, Marina Niceforo, Jacopo Varchetta
452
369
Intersezioni e continuità. Strategie progettuali per i frammenti
archeologici e gli spazi urbani ‘in rovina’ nel centro antico di Napoli
Francesca Coppolino
La moda a Napoli, un bene im/materiale da ri-conoscere
Ornella Cirillo
458
L’archivio storico dell’Istituto Autonomo per le Case Popolari della
Provincia di Napoli: un intervento di riordinamento tra tutela e
valorizzazione
Concetta Damiani
463
Carta archeologica delle produzioni ceramiche a Neapolis (IV a.C. VII d.C.): uno strumento per la lettura e la fruizione del
paesaggio culturale della città antica
Maria Amodio, Sara Caldarone, Renata Esposito, Illuminata
Faga, Stefania Febbraro, Riccardo Laurenza, Raffaella Pappalardo,
Raffaella Pierobon Benoit, Lydia Pugliese
469
Autori
304
A GIS concerning the risks of deterioration of the archaeological
area of Pompeii
Ferdinando Di Martino, Salvatore Sessa
309
Il paesaggio archeologico costiero tra Stabiae, Sorrento e Vietri:
villae rusticae e villae d’otium
Bianca Ferrara
314
Il repertorio decorativo dei pavimenti delle ville di Stabiae
Carmela Ariano
322
La baia di Cartaromana (Ischia), l’antica Aenaria, tra tutela e
valorizzazione
Costanza Gialanella, Alessandra Benini
327
Il passato a venire
Francesco Rispoli
331
Memorie del futuro. Per una valorizzazione condivisa del patrimonio
culturale tra i Campi Flegrei e Ischia: Cartaromana, Cuma e Baia
Chiara Barbieri
335
The great ancient vaulted systems in the area of Campi Flegrei
Gigliola Ausiello, Domenico Fornaro
340
Antiche malte nella Baia di Napoli: studio della Piscina Mirabile
Concetta Rispoli, Renata Esposito, Sossio Fabio Graziano,
Claudia Di Benedetto, Alberto De Bonis, Piergiulio Cappelletti,
Pierfrancesco Talamo
345
La Specola Misenate: rilievo e conoscenza
Rossella Mazza
349
374
La fortificazione antisbarco della seconda guerra mondiale nel
Parco Archeologico di Cuma
Marianna Mascolo
378
Gli anfiteatri di Campania e Sicilia, ‘pietre miliari’ nella storia
della tutela in età borbonica
Antonella Cangelosi
383
I paesaggi del rudere in Sardegna. Verso una progettazione consa
pevole della rovina
Bruno Billeci, Maria Dessì
7
Napoli, città cumana: alle origini dell’identità culturale della Baia di Napoli,
in antico golfo cumano
Naples as a Cumean town: at the origins of the cultural identity of the Bay of Naples,
once called golfo cumano
Giovanna Greco
La costa che si estende dal promontorio di Miseno alla Punta della
Campanella, la baia di Napoli, presso gli antichi era nota come golfo
cumano o come il cratere. Le sue vicende storiche si intrecciano saldamente con miti e leggende sorte intorno alle prime migrazioni di genti
provenienti dall’Egeo, già tra il XVI e il XV secolo a.C.; diventa
scenario privilegiato, tra IX e VIII secolo a.C., di quel fenomeno storico, impropriamente noto come ‘colonizzazione greca’, a buon ragione
considerato alla radice della formazione della civiltà occidentale.
Il Mediterraneo è da sempre solcato da fenomeni migratori che
prendono l’avvio già alla fine dell’VIII millennio, quando un lungo,
lento, costante flusso in movimento di diversi gruppi umani si spostano per mare, così come lungo le direttrici dei grandi fiumi, da
Oriente verso Occidente e il Mediterraneo è un crocevia di commerci, migrazioni, nuove fondazioni; luogo di comunicazione umana,
piuttosto che di divisione e di conflitti come, purtroppo oggi, si va
configurando.
D’altra parte, tutta la storia greca dall’età micenea all’età ellenistica è costellata da migrazioni; le terre che si affacciano sul Mediterraneo, tanto dell’Asia Minore come dell’Occidente, diventano
ben presto terre di arrivo dove impiantare nuovi insediamenti, fondare nuove città e costruire nuove identità culturali. Le leggende, i
miti, i poemi omerici altro non sono che racconti che danno forma
e costruiscono la memoria di questi viaggi e di questi incontri.
Il mito
Nei racconti del mito, il ‘primo navigatore’ che costruisce la
‘prima nave’ è Giasone; la nave Argo è una nave miracolosa, dotata
dell’uso della parola; è la sapiente dea Atena che la costruisce e la
potente dea Hera che la guida; per la prima volta è una nave a 50
remi. Giasone viaggia con una folta schiera di eroi, incontra genti
diverse, tocca terre sconosciute, stipula rapporti; il suo viaggio, alla
conquista del vello d’oro, sintesi paradigmatica della ricerca dell’oro
e dei metalli, sottende la migrazione greca verso le terre che si affacciano sul mar Nero e qualifica l’eroe come il primo, fra i Greci,
ad avviare il commercio dei metalli e diffonderne la lavorazione tra
le genti che incontra. Ma Giasone, attraverso i fiumi, arriva in Occidente e porta con sé valori e culture dell’uomo greco.
Nella mitografia di Eracle, eroe e semidio, sono due gli episodi
che lo vedono in viaggio verso l’Occidente dove fonda nuove città
260
e santuari e dove incontra popoli e genti allora sconosciute. Il suo
viaggio tocca i confini del mondo allora conosciuto (la penisola iberica) dove compie la sua impresa di conquistare i ‘pomi d’oro’ custoditi nel giardino delle Esperidi, dove un terribile drago impedisce
di entrare; anche in questo racconto, ancora una volta, è la ricerca
dei metalli (i pomi d’oro sono l’emblematica rappresentazione delle
pepite d’oro che si trovavano nelle miniere iberiche), a condizionare
l’impresa dell’eroe. Eracle, nelle sue imprese occidentali, arriva nei
Campi Flegrei divenendo figura centrale; a lui si fa risalire la costruzione della via costiera tra Miseno e Pozzuoli; ed è nel tempio
di Apollo a Cuma che, secondo la leggenda, erano conservate le
zanne del terribile cinghiale di Erimanto, catturato e ucciso dall’eroe
che restituì così agli abitanti la possibilità di coltivare la fertile pianura di Micene.
Con il mito di Odisseo, il viaggio assume una valenza più profonda e racchiude quel complesso di tradizioni mitiche nelle quali
si identificano i Greci stessi che così si raccontano alle genti con le
quali vengono in contatto; i Campi Flegrei diventano luogo privilegiato dell’incontro tra genti diverse e i figli che, secondo la leggenda,
Odisseo ha avuto dalla maga Circe, regneranno sui Tirreni e saranno
i progenitori dei popoli italici.
L’esito più eclatante, che maggiormente ha influenzato la formazione della storia culturale occidentale, trova la sua migliore
espressione nella leggenda di Enea, eroe troiano costretto a emigrare
per il violento conflitto che ha distrutto la sua patria; giunge, con le
sue genti, sulle coste del Lazio antico, dove viene a patti con il re
degli indigeni, è accolto e sposa la figlia Lavinia; Enea diventa, così,
il re dei Latini e il fondatore di Roma. Nel racconto si coglie tutta
la costruzione ideologica, quanto mai emblematica, alla base della
tradizione fondante del popolo latino e, dunque, di Roma che costruisce così la storia delle sue origini legandole alla saga troiana. In
questo racconto, i Campi Flegrei giocano un ruolo centrale con
l’Averno, porta degli Inferi, e la Sibilla che predice il futuro; diventano la metafora immortale, ancora oggi profondamente radicata
nell’immaginario collettivo di tutti noi, del mistero dell’oltretomba
da un lato, e della bramosia della vita, dall’altro.
Miti, simboli, leggende si intrecciano, dunque, lungo le coste tirreniche; decodificati, raccontano di incontri, condivisioni, conflitti e scontri,
ma raccontano soprattutto di modelli culturali condivisi, della ricerca
di radici comuni, della formazione di una cultura e di una storia che accomunano strettamente tutti i popoli dell’Italia antica [fig. 1].
1. I Greci in Occidente. Le rotte della colonizzazione.
Dall’Eubea a Ischia
Tra l’XI e l’VIII secolo a.C., la documentazione archeologica
evidenzia un costante e organizzato movimento di gruppi umani
che, dall’area della penisola greca, lasciano le loro terre, viaggiano
per mare e fondano nuovi insediamenti tanto nell’Egeo orientale,
quanto in tutto il bacino del Mediterraneo occidentale. Le spedizioni
hanno un’organizzazione molto puntuale che va dalla costruzione
delle navi, alla organizzazione del carico, alla scelta dei partecipanti,
alla definizione della rotta e della scelta del luogo dove fissare il
nuovo insediamento, alla spartizione delle terre. È evidente che,
dietro tutto questo, vi sia un aspetto politico, decisionale, da parte
dei governi di quelle città greche che preparano e organizzano
queste spedizioni.
Notevole il bagaglio di cultura e di tecnologia portato da queste
genti e trasmesso alle popolazioni che incontrano: dall’introduzione
del tornio per la lavorazione della ceramica, alle tecniche di impermeabilizzazione dei piani di calpestio, a quelle di immagazzinamento
delle derrate alimentari; dalla scrittura, al mito, ovvero alla memoria
e alla costruzione di un’identità culturale.
Sono gli abitanti di due città dell’Eubea, prosperosa isola di
fronte all’Attica, Calcide ed Eretria, a organizzare, già nel corso
della prima metà dell’VIII secolo a.C., una prima spedizione verso
l’Occidente e arrivare sulle coste tirreniche, attraversando lo stretto
di Messina; viaggiano lungo una rotta già nota e percorsa da tempo,
quella dei metalli, che conduce verso il bacino metallifero della Toscana, verso la Sardegna, la Francia, la Spagna; fanno tappa sull’isola
di Ischia, che si trova in una posizione strategica per il viaggio, e vi
stabiliscono un primo insediamento.
Il toponimo che la tradizione ha trasmesso è quello di Pithekoussai, la cui radice sembra alludere a un luogo popolato da scimmie (pithekos, scimmia), se non piuttosto a un luogo famoso per la
sua produzione ceramica, dal termine pithos (dolio, grosso contenitore in argilla); è molto probabile che il toponimo non sia altro che
una forma ellenizzata di un substrato indigeno, riferito, probabilmente, a tutto l’arcipelago flegreo. L’isola non era affatto disabitata
e sul Castiglione è stato individuato un insediamento indigeno dove,
accanto ai materiali propri della comunità che vi abita, compaiono
ceramiche greche di tradizione geometrica e di fabbrica euboica,
segno evidente degli scambi e dei rapporti che si erano già intrecciati,
ben prima, tra gli abitanti dell’isola e i nuovi arrivati che, dunque,
non si fermano in un luogo a loro sconosciuto.
La formazione di una nuova realtà sociale sull’isola è ampiamente
documentata, grazie a scavi accurati e prolungati nel tempo; la scoperta di necropoli, lembi di abitato, di aree artigianali e santuariali
hanno messo in luce una società articolata al suo interno dedita ad
attività artigianali fortemente specializzate e intensi rapporti commerciali con Fenici, Ciprioti, gli altri Greci della Corinzia e delle
isole dell’Egeo. Gli Euboici che si stanziano sull’isola intrattengono,
sin dal primo momento, legami e scambi con le genti indigene che
occupano stabilmente le coste prospicienti l’isola e l’entroterra
(l’area di Capua o Pontecagnano, a Sud); hanno scambi e contatti
con le genti dell’Etruria propria, legami finalizzati prevalentemente
all’approvvigionamento di ferro, zolfo e allume e allo scambio di
manufatti e tecnologie, tra cui l’oreficeria, di cui sono abili artigiani.
Nel quartiere artigianale di Mazzola, sull’isola, sono state trovate le
tracce della lavorazione del ferro, dello stagno e di metalli preziosi
e i prodotti venivano smerciati presso le ricche aristocrazie etrusche
e italiche, contribuendo così alla prosperità e alla ricchezza della
comunità pithecusana.
Il portato innovativo, più eclatante e significativo per lo sviluppo delle comunità italiche, è rappresentato dalla scrittura da
un lato e dalla diffusione del mito e della leggenda omerica, dall’altro. Famosissima è ormai la coppa di Nestore, una tazza risalente
al 730 circa a.C., parte del corredo di una sepoltura di un bambino
sulla quale un pithecusano ha graffito, in alfabeto calcidese, tre
versi «Io sono la coppa di Nestore in cui è piacevole bere. Chi
beve da questa coppa subito lui prenderà desiderio di Afrodite
dal bel diadema». Il testo riprende un episodio narrato nell’Iliade
(XI, 618-643) e segna, oltre che l’inizio della storia della scrittura
e della letteratura, la circolazione e la diffusione dei poemi omerici
in Occidente.
I rapporti con le popolazioni indigene insediate lungo la costa e
nell’entroterra sono documentate da numerose classi di materiali
di produzione ellenica, sia importati dalla Grecia propria, sia realizzate già nelle botteghe artigianali dell’isola, che fanno la loro apparizione nei villaggi come nella composizione dei corredi funerari
delle genti indigene che assimilano, dai nuovi venuti, le tecniche di
lavorazione dei metalli, della decorazione dei vasi, dell’organizzazione degli spazi sia delle case o degli abitati, adottando anche
rituali e costumi funerari, come segni elitari e di prestigio.
Questa complessità di componenti, determinata dall’incontro
con le nuove genti, porterà profonde trasformazioni nella cultura
indigena e sfocerà nella formazione di una nuova cultura dove diventa del tutto obsoleto ricercare quanto sia determinato dal portato
greco e quanto si debba al substrato indigeno.
261
La nascita di Cuma
Nella seconda metà del secolo, quando i Greci di Pithecusa
hanno consolidato la loro presenza sull’isola e avviato rapporti e
scambi con le genti sulla terraferma, prende forma la fondazione di
un nuovo insediamento sulla costa, a cui partecipa una compagine
differente da quella che ha visto l’insediamento sull’isola; fanno la
loro comparsa altri attori del movimento migratorio che, tuttavia, è
sempre nella madrepatria Eubea che trovano il loro referente politico
e culturale.
Gli Euboici, nel gestire il movimento migratorio delle proprie
genti, portano avanti una vera e propria strategia occupazionale di
snodi fondamentali nella rotta verso l’Occidente, attraverso lo stretto
di Messina; infatti, sono gli Euboici a fondare, quasi contemporaneamente, due nuove città: Rhegion (Reggio) sulla terraferma e Zancle
(Messina) sull’isola, controllando così la principale porta d’ingresso al
Mediterraneo occidentale; con questi due nuovi insediamenti, accanto
a quelli più antichi di Pithecusa e Cuma, in pratica, gli Euboici diventano, nei decenni finali dell’VIII secolo a.C., i principali protagonisti
dei flussi migratori dall’Egeo, verso l’Italia e la Sicilia.
Nel rapporto con gli indigeni si conferma, nella quasi generalità
dei casi, la loro strategia di alleanza e scambi commerciali con le aristocrazie indigene, che hanno il controllo della piana e del litorale flegreo e hanno già attivi scambi sia con altri Greci che con Etruschi e
Orientali; sarà solo in un secondo momento, quando cambiano i rapporti di forza che agli aristocratici indigeni subentreranno gli aristocratici cumani, in un processo fluido che segna il formarsi di una
nuova realtà politica ed economica.
La storia di Cuma è raccontata da numerose fonti antiche e ancora
una volta è il geografo greco Strabone (60 a.C.-20 d.C.) a conservare,
nelle linee essenziali, la tradizione: «Cuma, antichissima fondazione
dei Calcidesi e dei Cumani; è la più antica delle città siciliane e italiote.
I capi della spedizione erano Ippocle di Cuma e Megastene di Calcide:
essi si accordarono tra di loro che la colonia fosse degli uni e il nome
le derivasse dagli altri; perciò ora è chiamata Cuma, ma è considerata
colonia dei Calcidesi» (Strab. V, 4, 4).
Dunque, la città nasce per volontà di un gruppo misto di coloni
provenienti da Calcide, una delle città dell’Eubea e da una città, Kyme,
identificata, dagli storici, in una fiorente città sita sulla coste dell’Asia
Minore, fondata a sua volta da genti greche emigrate da varie parti
della Grecia e dalla stessa Eubea, in età più antica.
Il sito prescelto è un’ampia fascia costiera dominata da una collina
di tufo, circondata dal mare [fig. 2]. L’area è abitata da una comunità
indigena, già dalla fine del X secolo a.C. che si espande e si consolida
nel corso del IX e dell’VIII secolo a.C. Ed è proprio nella composizione
dei corredi funerari datati nei primi decenni dell’VIII secolo a.C. che
compare, tra gli oggetti indigeni, un tipo di coppa bassa, lavorata al
tornio e dipinta con motivi geometrici, di chiara produzione euboica,
testimonianza materiale di uno scambio di doni tra genti diverse che
vengono in contatto. La tazza è una forma molto peculiare adoperata,
nel mondo ellenico, per il consumo del vino, segno dunque di forme
di convivialità e di cerimonie comunitarie [fig. 3].
262
2. Cuma. Immagine satellitare con ubicazione dell’antico insediamento.
Se ne deduce, sostanzialmente, come l’insediamento ellenico sull’isola, nella prima metà del secolo, e quello sulla terraferma, qualche
decennio più tardi, siano parte integrante di un’unica strategia di occupazione e radicalizzazione nel territorio flegreo, da parte dei Greci che
cominciano a prendere il controllo dapprima delle coste e degli approdi
– dunque un controllo marittimo – per poi espandersi sulla terraferma.
In questa ottica va, parallelamente, considerata la realtà che si va
sviluppando verso Sud (Golfo di Napoli) e verso Nord (approdo naturale
di Miseno e ampio Golfo di Pozzuoli). D’altro canto, per gli antichi, la
pianura flegrea si estendeva, in origine, dal capo Miseno e fino al Vesuvio
che era detto Phlegraeus Vertex (monte flegreo).
La recente ricerca archeologica a Cuma ha documentato come,
almeno nei primi momenti del nuovo impianto ellenico, le due comunità, quella indigena e quella ellenica, abbiano intessuto rapporti
di convivenza, se non di reciproco rispetto; successivamente, sono
cambiati i rapporti di forza e la Cuma greca si espanderà su un vastissimo territorio, mentre la comunità indigena, praticamente, scompare o assimilata nella nuova compagine sociale se non, piuttosto, arretrata nella fertile pianura dell’entroterra campano.
Le prime fasi di uno stanziamento sulla costa si collocano, così
come l’attuale documentazione archeologica evidenzia, già alla metà
circa dell’VIII secolo a.C.; sulla fascia costiera, prospiciente il mare,
alle pendici della collina (il monte di Cuma) si costruiscono le prime
case con uno o due vani e con le mura costruite con zoccolatura in
pietra, elevato in argilla cruda e copertura in materiale deperibile; le
numerose scorie di ferro, la presenza di un pane di bronzo e frammenti
di ambra grezza sono la testimonianza di una lavorazione artigianale
piuttosto fiorente. Questo frustulo di abitato, risalente ai decenni
finali dell’VIII, viene ampliato e riorganizzato nel corso del VII e
continuerà a vivere fino alla metà circa del VI secolo a.C. A questa
prima riorganizzazione dell’abitato arcaico corrisponde una prima
delimitazione strutturale che segna il perimetro della città; recenti
sondaggi alle mura hanno infatti messo in luce un possente muro arcaico costruito già nei decenni finali del VII secolo a.C.
Il quadro si modifica sensibilmente nei decenni finali del VI secolo
a.C. quando l’abitato viene rimosso, spostato altrove e quest’area viene
3. Cuma. Corredo della tomba Osta n. 3.
4. Cuma. L’area della città bassa con indicazione delle diverse fasi costruttive.
destinata esclusivamente a una funzione pubblica, che conserverà per
tutto l’arco della lunga esistenza della città [fig. 4]. Nell’area vengono
costruiti nuovi edifici, a carattere monumentale, che presentano tecniche costruttive, orientamenti e organizzazione planimetrica del tutto
differenti rispetto alle case dell’abitato arcaico. Si definiscono gli spazi
pubblici della città, divisi da quelli abitativi, da quelli destinati al sacro
e da quelli destinati alle necropoli.
È un processo di riorganizzazione politica, oltre che urbanistica e
territoriale, che coincide, grosso modo, con la comparsa sulla scena
politica cumana della figura di Aristodemo, a cui poi si deve la definizione e il completamento del progetto di revisione urbanistica della
città, la costruzione di due imponenti opere pubbliche, quali il collettore fognario e il grande fossato e, sull’acropoli, l’avvio della costruzione
del monumentale tempio di Giove. Ad Aristodemo si deve la politica
di consolidamento e di espansione dell’influenza politica ed economica
di Cuma, sia sul piano territoriale che su quello marittimo.
Cuma domina un vastissimo territorio che, verso Sud, si estende
fino a Punta della Campanella e verso Nord, fino a Pozzuoli; è città
marittima, dal momento che controlla approdi e sorgenti di acqua,
ma controlla anche un grande territorio agricolo, ricco e fiorente,
fonte di grandi risorse economiche. In questa cornice di riferimento
si comprende sia la definizione che gli storici antichi attribuiscono
al golfo napoletano (Kumaios kolpos) sia la nascita di Partenope.
Partenope
Racconta Lutazio Dafnide (fine del II secolo a.C.): «abitanti di
Cuma, allontanatisi dalla loro gente, fondarono la città di Parthenope,
così chiamata dalla sirena Parthenope il cui corpo, si dice sia ancora lì
sepolto. Poi per la fertilità e l’amenità dei luoghi, la città cominciò a
essere meta di maggiore affluenza; i Cumani, allora, timorosi che
Cuma venisse del tutto abbandonata, decisero di distruggere Parthenope. Colpiti da una pestilenza, restaurarono la città conforme a un
oracolo, ripristinarono il culto di Parthenope e per questa rinnovata
fondazione, posero alla città il nome di Neapolis».
Il luogo è strategico: un promontorio a protezione di un facile
approdo e un territorio alle spalle adatto allo sfruttamento agrario
[fig. 5]. Sono i recenti rinvenimenti in città, scaturiti dai lavori per
la metropolitana cittadina, a restituire uno spessore materiale alla
tradizione letteraria e a documentare una presenza stabile greca già
tra la fine dell’VIII e i decenni iniziali del VII secolo a.C. con materiali di chiara matrice ellenica e cumana, accanto a materiali indigeni
e fenici. La forma diffusa dell’occupazione nel territorio, non dunque
limitata solo al promontorio di Pizzofalcone come fino a qualche
decennio fa si sapeva, trova sempre maggiore documentazione e
l’insediamento si configura piuttosto articolato, legato, sul piano
cultuale, sin dal primo momento, al culto della sirena.
Lo stanziamento è, dunque, cumano ed è chiaramente funzionale
al controllo della via marittima, a sud di Cuma, allo sfruttamento di
un approdo naturale ben protetto dal promontorio, all’espansione
territoriale; ed è un insediamento che vive fino agli anni finali del
VI secolo a.C., quando Cuma è saldamente governata da Aristodemo
e dalla sua politica di forza e consolidamento su vasto raggio.
Gli storici hanno ricostruito uno scenario complesso, tratto dall’analisi delle fonti letterarie e archeologiche, che vede, a Cuma, un
momento di crisi e di opposizione politica al tiranno Aristodemo e
la fuga di una fazione di aristocratici verso Capua, da un lato, e,
molto probabilmente, verso Partenope dall’altro; così viene giustificata la ‘distruzione’ di Partenope riferita dalle fonti che diventa
così la Paleopolis, (città vecchia), da parte di quegli stessi cumani
che l’avevano impiantata; questi Cumani, alleatisi con gruppi di Siracusani, Pithecusani e Ateniesi, stando al racconto della fonti, fondano una nuova città, la Neapolis, leggermente spostata più verso il
promontorio, che si configura quasi come una ‘nuova Cuma’.
Le recenti scoperte archeologiche hanno ben dimostrato come
tra le due città non vi sia stata quella frattura, quella interruzione di
vita che si registrava fino a qualche anno fa; in realtà, la documentazione archeologica recuperata in questi ultimi venti anni di intensi
lavori di archeologia urbana hanno magnificamente documentato
come si registri una continuità di vita tra i due insediamenti, certamente con diversità di funzione e come, sia Partenope/Paleopolis
263
5. Napoli. Planimetria della città in età greco-romana. In giallo, il più antico insediamento di Parthenope; in rosso, l’area della città nuova, Neapolis.
che Neapolis (nuova città), siano strettamente correlate alla politica
espansionistica di Cuma.
Napoli, città cumana
Neapolis cresce rapidamente e sensibilmente e fiorisce grazie al
facile approdo, ai commerci, alla fertilità dell’entroterra; ma sono
anche gli equilibri politici ed economici che si andavano instaurando
tra Greci, indigeni ed Etruschi nel Tirreno a consentire uno sviluppo
sempre più vivace della città e del suo porto. La città così rifondata
è organizzata, dal punto di vista urbanistico, su un perfetto impianto
regolare, ortogonale, articolato su larghi assi viari, ancora ben riconoscibili nel tessuto dei quartieri del centro storico; un possente
muro a doppia cortina con briglie di collegamento piuttosto sviluppate ne delimita lo spazio e ne segna la dimensione spaziale e la
forma. L’acropoli con i suoi monumenti sacri doveva sorgere nell’area di Sant’Aniello a Caponapoli, nella parte più alta della città,
dove viene ipotizzata anche la presenza di un santuario dedicato a
Persefone, figlia di Demetra, suggerita dal rinvenimento di una
ricca serie di materiali votivi.
Alla fine del V secolo a.C. (421 a.C.), a Cuma arrivano i Sanniti, che avevano già preso il controllo di Capua, e la città greca
modifica il suo volto e la sua strutturazione politica. A Napoli, è
un diverso rapporto con gli indigeni, nelle alterne vicende di conflitto e di convivenza, a segnare l’avvio di un processo di trasformazione, il cui esito porterà alla formazione di una nuova società.
Infatti, la comunità politica neapolitana adotta un sistema di integrazione e di alleanza con queste potenti popolazioni italiche e
le accoglie nell’organismo politico, conferendo loro alcune magi264
strature prestigiose e dividendo così il governo della città che
conserva, fortemente tuttavia, la sua identità ellenica così come
la lingua, le istituzioni e gli dei.
Sempre più sarà Neapolis a dominare il golfo in un rapporto del
tutto modificato con Cuma; il porto neapolitano diventa il referente
dei commerci sul Tirreno, quello di Cuma è ormai da tempo impaludato; la politica di alleanza porta a uno sviluppo economico fiorente; la città si attrezza con una flotta da guerra, una flotta da
pesca; occupa Capri e Ischia; sostanzialmente prende pienamente
il controllo di quello che era stato, una volta, il golfo cumano.
Ma le origini euboiche e cumane della nuova città, Neapolis,
sono saldamente preservate ed è possibile leggerne le tracce nei
culti, nell’organizzazione politica, nelle tradizioni, nella cultura materiale. Napoli, città cumana, è una felice espressione di Alfonso
Mele che ne ha delineato il profilo culturale.
Un dato significativo è restituito dall’istituzione politica e amministrativa delle fratrie (ne sono state calcolate circa tredici) in cui
è suddivisa la comunità politica; e i nomi delle fratrie, se si escludono
alcuni che fanno riferimento all’etnico (Eubei, Cumani), sono per
la maggior parte patronimici di discendenza aristocratica che si collegano a Cuma o, direttamente, alla madrepatria euboica; riportano,
in pratica, il nome di un capostipite (leggendario o reale) da cui discende un determinato gruppo di famiglie (ghenos). Non abbiamo
alcuna informazione circa l’organizzazione sociale della Cuma ellenica e, dunque, non siamo informati come fossero le fratrie cumane,
tuttavia è opinione corrente tra gli storici che le fratrie napoletane
siano una filiazione di quelle cumane.
La lingua conserva molti residui del dialetto euboico, mentre la
moneta adotta il sistema ponderale in uso a Cuma; gli emblemi
sulla moneta (la testa della sirena Partenope e il toro a volto umano,
personificazione di Acheloo, un dio fluviale) rimandano, per stile e
confronti tipologici, a Cuma.
Ma è soprattutto nella grande varietà di culti e divinità che si
coglie lo stretto legame culturale con Cuma e la madrepatria greca.
Stazio, poeta neapolitano del I secolo d.C., in un famosissimo
passo, riporta quelli che sono considerati gli dei patri della città,
ovvero quelle divinità collegate direttamente alla fondazione della
città: Apollo, Demetra e i Dioscuri, divinità, tutte, proprie del pantheon cumano.
Il culto di Demetra, a Cuma, è implicito nella tradizione che
racconta della concubina di Aristodemo, Xenocrite, sacerdotessa
della dea; ma trova documentazione in fonti epigrafiche che, sebbene
di età imperiale, parlano del ripristino dei sacra Demetros, quindi il
ripristino di un culto antico e ben radicato, e in fonti materiali,
quali una fontana marmorea, sempre di età romana, dove è riportata
il simbolo demetriaco della spiga. Il carattere spiccatamente eleusino
e tesmoforico del culto cumano si ritroverà, identico, a Neapolis.
Apollo è il dio che guida e protegge la spedizione coloniale euboica e la leggenda racconta di come il dio abbia guidato i Calcidesi
dell’Eubea verso l’Occidente, sotto forma di una bianca colomba e
a Cuma, Apollo è divinità poliadica; è venerato sull’acropoli in un
santuario che occupa la terrazza inferiore dell’acropoli e il suo culto,
profondamente radicato, continuerà a esistere per tutta la vita della
città. L’eredità cumana, nel culto neapolitano di Apollo, diventa
palese, oltre che nella tradizione, nella documentazione archeologica.
Apollo compare raffigurato nel frontone del tempio dei Dioscuri
(attuale basilica di San Paolo Maggiore) e come emblema, insieme
al tripode, in alcuni conii monetali della città. L’ubicazione di un
tempio di Apollo nell’area dell’attuale duomo è ancora molto discutibile, ma alcuni indizi, quale la presenza di una via chiamata
Radii Solis o di un rilievo, citato dagli antiquari napoletani, con la
rappresentazione del carro del Sole tra segni zodiacali, potrebbero
avvalorare la suggestione della presenza di un culto ad Apollo in
quell’area (attuale Santa Restituta).
Di origine euboica o cumana sono anche gli altri culti della
“nuova città”: da quello di Aristeo a Herakles, da Leukothea ad
Artemide.
Infine, una riflessione sul culto di Partenope e più in generale
sul rapporto tra l’ambiente euboico e le sirene che costituiscono un
complesso omogeneo di tradizioni mitiche riconducibili a Odisseo;
la localizzazione nel golfo cumano delle sirene avviene, secondo la
lettura di molti studiosi, proprio ad opera dei primi frequentatori
dell’area e segna la rotta marittima delle navigazioni euboiche e i
loro insediamenti tirrenici. La leggenda racconta di tre sirene (Partenope, Leukosia e Ligeia) che segnano una precisa rotta lungo il
Tirreno e danno il nome ai luoghi dove sono sepolte; così Ligeia
identifica un’isoletta di fronte a Terina, Leukosia, attuale Licosa, di
fronte a Poseidonia, e Partenope, sepolta nel golfo napoletano, di
fronte all’isolotto di Megaride; in pratica segnano la rotta tirrenica
percorsa dalla prime navi dei Greci dall’Eubea e rimandano, ancora
una volta, a un orizzonte originario di matrice cumana.
Una complessità di fattori lega, dunque, la nuova città, Neapolis, alla più antica fondazione euboica nel golfo e così come
Stazio racconta, le tradizioni relative a Cuma, si trasferiscono nella
nuova fondazione dove, d’altra parte, confluiscono, dopo l’arrivo
dei Sanniti, moltissimi cittadini cumani, accolti pienamente nella
cittadinanza neapolitana, accentuando ancor più il profilo cumano
della città.
Abstract
This paper offers a reflection on the area of the Bay of Naples
during the period of the earliest Greek colonisation in the West (8th
century BC). A new comparative analysis of literary sources, in light
of the archaeological data coming from the discoveries of the last
decades, allowed us to explain the arrival of the Euboeans on the
isle of Ischia, the foundation of Cumae and its progressive territorial
acquisitions as the result of a coherent strategy: in fact, the Phlaegrean Fields and the Bay of Naples were once called respectively
Campanian Plain and Cumean Gulf.
The Cumeans themselves created the Parthenope seaport on
the Pizzofalcone cape, and later, they founded Neapolis, the “New
city” characterised by a typical “Cumean” cultural identity as it is
inferred from cults, traditions, socio-political organization, and
from archaeological data and materials as well.
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Harris, E. Lo Cascio, Luciano, Napoli 2005, pp.
49-80.
265
Autori
Authors
Prefazione
Aldo AVETA, Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni architettonici
e del Paesaggio, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Introduzione
Bianca Gioia MARINO, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi
di Napoli Federico II
I - Il paesaggio storico come natura ed espressione geologica
Ines ALBERICO, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Giuliana ALESSIO, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione
di Napoli Osservatorio Vesuviano
Luisa ALTERIO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Luca APPOLLONI, Laboratorio di Ecologia Marina, Dipartimento di Scienze
e Tecnologie, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Stefano AVERSA, Dipartimento di Ingegneria, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Antonio BERTINI, Istituto di Studi sulle Società Mediterranee - Consiglio Nazionale delle Ricerche
Domenico CALCATERRA, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Piergiulio CAPPELLETTI, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Elena CUBELLIS, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di
Napoli, Osservatorio Vesuviano
Paolo CUPO, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II
Marco D’AMORE, Università degli Studi di Napoli Federico II
Maria DANZI, Geofotogrammetrica srl
Claudia DI BENEDETTO, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Diego DI MARTIRE, Università degli Studi di Napoli Federico II
Maurizio DE’ GENNARO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Germana GAUDIOSI, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione
di Napoli Osservatorio Vesuviano
Sossio Fabio GRAZIANO, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Vincenza GUARINO, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e
delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Alessio LANGELLA, Dipartimento di Scienze e Tecnologie, Università del Sannio di Benevento
Gian Piero LIGNOLA, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giuseppe LUONGO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Gaetano MANFREDI, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura , Università degli Studi di Napoli Federico II
Stefano MAZZOLENI, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di Napoli Federico II
Antonello MIGLIOZZI, Dipartimento di Agraria, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Marina MONTRESOR, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Napoli
Rosa NAPPI, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione di Napoli, Osservatorio Vesuviano
Nicola NOCILLA, Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, Aerospaziale, dei Materiali, Università degli Studi di Palermo
Francesco PEPE, Geofotogrammetrica srl
Paola PETROSINO, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e delle
Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Sabina PORFIDO, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Andrea PROTA, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura,
Università degli Studi di Napoli Federico II
Giancarlo RAMAGLIA, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Concetta RISPOLI, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle
Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Ciro ROMANO, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Consiglio Nazionale
delle Ricerche
Gianpiero RUSSO, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile Ambientale, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giovanni Fulvio RUSSO, Laboratorio di Ecologia Marina, Dipartimento di
Scienze e Tecnologie, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Diana SARNO, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Napoli
Anna SCOTTO DI SANTOLO, Università Telematica Pegaso
Francesco SILVESTRI, Università degli Studi di Napoli Federico II
Efisio SPIGA, ricercatore
Crescenzo VIOLANTE, Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, Consiglio
Nazionale delle Ricerche
Adriana ZINGONE, Stazione Zoologica Anton Dohrn, Napoli
II - Peculiarità e identità dell’architettura e del paesaggio storico urbano
Consuelo Isabel ASTRELLA, Phd Student, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Gemma BELLI, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Alfredo BUCCARO, Dipartimento di Architettura, Centro Interdipartimentale
di Ricerca sull’Iconografia della Città Europea, Università degli Studi di
Napoli Federico II
469
Vito CAPPIELLO, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Valeria CARRERAS, PhD Student, Dipartimento di Architettura, Università
degli Studi di Napoli Federico II
Ugo CARUGHI, Docomomo Italia Onlus
Roberto CASTELLUCCIO, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giovanna CENICCOLA, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Paolo CEROTTO, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale,
Università degli Studi di Napoli Federico II
Daniela DE CRESCENZO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Carolina DE FALCO, Dipartimento di Ingegneria Civile Design Edilizia Ambiente, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Antonella DI LUGGO, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi
di Napoli Federico II
Luisa DI NARDO, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale,
Università degli Studi di Napoli Federico II
Gerardo DOTI, Scuola di Architettura e Design ‘Eduardo Vittoria’, Università degli Studi di Camerino
Marina FUMO, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale, Università degli Studi di Napoli Federico II
Fabio MANGONE, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Fatima MELIS, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli
Federico II
Niroscia PAGANO, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Andrea PANE, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli
Federico II
Angela PECORARIO MARTUCCI, Dipartimento di Ingegneria Civile, Design,
Edilizia e Ambiente, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Amanda PIEZZO, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giuseppe PIGNATELLI, PhD, Dipartimento di Lettere e Beni Culturali, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Maria Chiara RAPALO, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II Université de Liège
Pasquale ROSSI, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Silvia SUMMA, Politecnico di Torino
Damiana TRECCOZZI, Specialista SBAP, Università degli Studi di Napoli Federico II
Luigi VERONESE, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Roberto VIGLIOTTI, Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale,
Università degli Studi di Napoli Federico II
Mariarosaria VILLANI, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Massimo VISONE, Centro Interdipartimentale di Ricerca sull’Iconografia della
Città Europea, Università degli Studi di Napoli Federico II
Alessandro VIVA, Politecnico di Torino
III - Paesaggi di rovine come criticità e risorsa
Serena AMODIO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Carmela ARIANO, Soprintendenza Archivistica della Campania e della Calabria
Maria Luce AROLDO, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Gigliola AUSIELLO, Dipartimento di Ingegneria Civile Edile e Ambientale,
Università di Napoli Federico II
470
Chiara BARBIERI, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Alessandra BENINI, Archeologa subacquea
Adriana BERNIERI, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Bruno BILLECI, Dipartimento di Architettura design e urbanistica di Alghero,
Università degli Studi di Sassari
Serena BOREA, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Matteo BORRIELLO, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Antonella CANGELOSI, Dipartimento d’Architettura, Università degli Studi
di Palermo
Piergiulio CAPPELLETTI, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Lucrezia CASCINI, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giuseppe Alberto CENTAURO, Dipartimento di Architettura, Università
degli Studi di Firenze
Luigi CICALA, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Francesca COPPOLINO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Silvia CRIALESI, Università di Roma Sapienza
Alberto DE BONIS, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e delle
Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Barbara DEL PRETE, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Antonio DE SIMONE, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Maria DESSÌ, Dipartimento di Architettura Design e Urbanistica di Alghero,
Università degli Studi di Sassari
Caterina DE VIVO, Made in Culture
Claudia DI BENEDETTO, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente
e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Ferdinando DI MARTINO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Bruna DI PALMA, Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali, Consiglio Nazionale delle Ricerche
Renata ESPOSITO, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi
di Napoli Federico II
Giuseppe FEOLA, PhD, Università degli Studi di Napoli Federico II
Bianca FERRARA, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi
di Napoli Federico II
Nicola FLORA, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli
Federico II
Domenico FORNARO, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Segretariato Regionale per il Molise
Costanza GIALANELLA, Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio
della città metropolitana di Napoli
Sossio Fabio GRAZIANO, Dipartimento di Scienze della Terra, dell’Ambuiente e delle Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giovanna GRECO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Gervasio ILLIANO, Vrije Universiteit Amsterdam
Francesca IARUSSO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Guido IANNONE, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Firenze
Raffaele LANDOLFO, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Marianna MASCOLO, Specializzanda SBAP, Università degli Studi di Napoli
Federico II
Alessio MAZZA, Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa
Rossella MAZZA, Specializzanda SBAP Università degli Studi di Napoli Federico II
Carmine PELLEGRINO, Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale,
Università degli Studi di Salerno
Renata PICONE, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Francesco PORTIOLI, Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Concetta RISPOLI, Dipartimento di Scienze della Terra dell’Ambiente e delle
Risorse, Università degli Studi di Napoli Federico II
Francesco RISPOLI, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Umberto SANSONE, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo,
Direzione Generale Grande Progetto Pompei
Salvatore SESSA, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Arianna SPINOSA, Parco Archeologico di Pompei
Pierfrancesco TALAMO, Museo Archeologico dei Campi Flegrei, Castello di
Baia
Gianluca VITAGLIANO, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, Direzione Generale Grande Progetto Pompei
IV - Beni mobili e beni immateriali come fattori di identità
Federico ALBANO LEONI, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli
Studi di Napoli Federico II
Maria AMODIO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Gioconda CAFIERO, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Napoli Federico II
Sara CALDARONE, Università degli Studi di Napoli Federico II
Domenico CARRO, Ammiraglio
Ornella CIRILLO, Dipartimento di Ingegneria Civile, Design, Edilizia e Ambiente, Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli
Concetta DAMIANI, Università degli Studi di Salerno
Francesca M. DOVETTO, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli
Studi di Napoli Federico II
Renata ESPOSITO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Illuminata FAGA, Università degli Studi di Napoli Federico II
Stefania FEBBRARO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Marialucia GIACCO, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli
Studi di Napoli Federico II
Giovanna GRECO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Ewa KAWAMURA, Università di Tokyo
Riccardo LAURENZA, Università degli Studi di Napoli Federico II
Sara LONGOBARDI, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Claudia MIGNOLA, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Elena MIRANDA DE MARTINO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Marina NICEFORO, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Valeria PAGNINI, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Napoli Federico II
Raffaella PAPPALARDO, Università degli Studi di Napoli Federico II
Raffaella PIEROBON BENOIT, Università degli Studi di Napoli Federico II
Lydia PUGLIESE, Università degli Studi di Napoli Federico II
Giorgio RUBERTI, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli Studi
di Napoli Federico II
Rosario SCADUTO, Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di
Palermo
Rosanna SORNICOLA, Dipartimento di Filologia Moderna, Università degli
Studi di Napoli Federico II
Maria Luisa TARDUGNO, Dipartimento di Studi Umanistici, Università degli
Studi di Napoli Federico II
Jacopo VARCHETTA, Università degli Studi di Napoli Parthenope
471
Finito di stampare
nel mese di ottobre 2017
Bay of Naples. Integrated strategies for the conservation and fruition of the cultural landscape
The volumes contain the results of the multidisciplinary confrontation about The Bay of Naples. Integrated
Strategies for the Conservation and the use of Cultural Landscape.
The Bay of Naples, whose image is celebrated all over the world through numerous old pictures, photographs and
paintings, is a real paradigm of natural and cultural landscape in the collective historical imagery. Its resources and
criticalities, physical connotations and immaterial expressions – related to the most ancient roots of a world that
had its development and extraordinary history in the Mediterranean – have been here analysed.
The multidisciplinary collection is composed of two volumes: the first one concerns different disciplinary fields, such
as nature, geography and history, urbanism, architecture, archaeology, and different forms of cultural production.
The second books treats interpretative topics related to the cultural landscape, investigating their nature and declinations from the viewpoint of the bay enhancement.
In the two volumes, heterogeneity and richness meld blend together and it is hoped to have reached a knowledge
and interpretative state hopefully harbinger of methodological approaches, aware of the resources and the complexity
of their management.
I volumi contengono i risultati di un confronto tra studiosi ed esperti di discipline umanistiche e scientifiche sul
tema della Baia di Napoli. Strategie Integrate per la Conservazione e la Fruizione del Paesaggio Culturale.
Della Baia di Napoli, la cui immagine è celebrata in tutto il mondo attraverso innumerevoli vedute, fotografie,
dipinti, fino a farne diventare un paradigma di paesaggio culturale nell’immaginario storico collettivo, sono state
indagate risorse e criticità, connotazioni fisiche ed espressioni immateriali, afferenti alle radici culturali più antiche
del mondo che ha avuto nel Mediterraneo il suo straordinario svolgimento.
La raccolta pluridisciplinare trova posto nei due volumi: il primo riguarda diversi ambiti tematici, dalla natura alla
geostoria, dall’urbanistica e l’architettura all’archeologia, fino alle diverse forme di espressione culturale.
Il secondo volume accoglie le questioni interpretative del paesaggio culturale, indagandone natura e declinazioni
in un’ottica di valorizzazione.
Eterogeneità e ricchezza trovano una fusione dei due tomi oggetto di questa corposa pubblicazione con cui si
spera di avere raggiunto uno stato conoscitivo ed interpretativo foriero di approcci metodologici consapevoli delle
risorse e della complessità della loro gestione.
Primo di due volumi indivisibili
Euro 150,00 (per i due volumi)
ISSN 2421 034X
ISBN 978 88 99130 688