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Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto

During the excavation of the Roman theatre of Spoletium were brought to light, among the marbles belonging to the decoration of the scaenae frons, also some fragments of a puteal of the third quarter of the I st century B.C., whose decoration can be partially reconstructed. The frieze is composed by Dionysos and a Maenad pouring vine on an altar, by other figures of Satyrs and Maenads and by the god Pan. The libation scene finds a striking comparison on an altar from Puteoli, but it's unusual in the classicistic repertoire of the workshops of the Late Republican and Early Imperial age; it has however a long tradition in classical Athens, because of its religious and cultic meanings, that are examined together with the problem of the circulation of models in the 'neoattic' workshops. Lo studio della decorazione scultorea del teatro di Spoleto è in corso di studio da parte dell'autore. Il lavoro si inquadra in un progetto curato dalla dott.ssa Liliana Costamagna, che ha come fine lo studio e la pubblicazione del monumento. Si ringrazia Elena Ghisellini per i suoi consigli; ringrazio la dott.ssa Rosanna Lancia, già funzionario presso il Museo di Spoleto, per l'assistenza durante le fasi di studio e la dott.ssa Luana Cenciaioli, attuale direttore del Museo. I disegni e le foto sono del dott.

OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico ISSN 2532-0335 DOI XXXXX/otium.v1i1.XXX www.otium.unipg.it No. 1, Anno 2016 – Article 7 Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Giulia Rocco Dipartimento di Lettere, Università di Roma Tor Vergata Abstract: During the excavation of the Roman theatre of Spoletium were brought to light, among the marbles belonging to the decoration of the scaenae frons, also some fragments of a puteal of the third quarter of the Ist century B.C., whose decoration can be partially reconstructed. The frieze is composed by Dionysos and a Maenad pouring vine on an altar, by other figures of Satyrs and Maenads and by the god Pan. The libation scene finds a striking comparison on an altar from Puteoli, but it s unusual in the classicistic repertoire of the workshops of the Late Republican and Early Imperial age; it has however a long tradition in classical Athens, because of its religious and cultic meanings, that are examined together with the problem of the circulation of models in the neoattic workshops. Keywords: puteale, neoatticismo , Spoleto Lo studio della decorazione scultorea del teatro di Spoleto è in corso di studio da parte ικρρ’ζuωτχκ. Iρ ρζvτχτ ψξ ξσquζιχζ ξσ uσ υχτμκωωτ θuχζωτ ιζρρζ ιτωω.ψψζ Λξρξζσζ Cτψωζςζμσζ, che ha come fine lo studio e la pubblicazione del monumento. Si ringrazia Elena Ghisellini per i suoi consigli; ringrazio la dott.ssa Rosanna Lancia, già funzionario presso ξρ Μuψκτ ιξ Sυτρκωτ, υκχ ρ’ζψψξψωκσzζ ιuχζσωκ ρκ λζψξ ιξ ψωuιξτ κ ρζ ιτωω.ψψζ Λuζσζ Cenciaioli, attuale direttore del Museo. I disegni e le foto sono del dott. Leonardo Di Blasi.  Università di Roma Tor Vergata – Macroarea Lettere- Via Columbia, 00133 Roma, Italia. (tel. 06-72595013, cel. 348-7834903, email: [email protected]). G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto La classe di arredi rappresentata dai putealia sigillata, secondo la definizione datane da Cicerone1, offre una significativa attestazione di come le botteghe operanti nel solco della tradizione classicistica in Grecia e poi a Roma, dal II sec. a.C. fino al II sec. d.C., rielaborino con gusto eclettico un repertorio di modelli che spazia dall età arcaica fino a quella ellenistica. Alla già vasta esemplificazione presentata da T. Golda2, è possibile aggiungere un puteale rinvenuto negli scavi del teatro romano di Spoleto, solo parzialmente ricomponibile (Figg. 1-11). I frammenti furono recuperati nel 1955, nel corso dei lavori condotti da U. Ciotti per liberare l edificio dalle strutture del carcere giudiziario che vi si era sovrapposto: Ciotti riferisce della loro scoperta nei taccuini di scavo e negli elenchi inventariali, fornendo l indicazione che erano stati riutilizzatati come materiale edilizio in uno sperone in muratura edificato sull orchestra in epoca post-antica; la notizia è stata in seguito solo brevemente ripresa, senza che si sia giunti tuttavia ad una proposta di ricomposizione dell opera3. Si conservano diciotto frammenti di modeste dimensioni, che restituiscono meno di un quarto della superficie del rilievo e delle cornici, permettendo comunque di ricostruirne il diametro e in maniera approssimativa anche l altezza4. Il marmo, bianco e luminoso, dalla fine granulometria, sembra riconoscibile come pentelico, striato da alcune venature grigiastre di mica e da un ampia fascia dello stesso colore che interessa la parte inferiore. Nonostante le condizioni assai lacunose, le Cic. ad Att. I, 10, 3. GOLDA 1997. Sulle botteghe ‘neoattiche’ CAIN 1995, pp. 893-896; KOKKOROU-ALEVRAS 2001, pp. 319-348; FITTSCHEN 2008, pp. 325-336. 3 CIOTTI 1955, p. 357, n. 4430; CIOTTI 1960, p. 26; FUCHS 1987, p. 76. In generale per il teatro di Spoleto v. la sintesi di MORIGI 2003, p. 93 ss.; BRIZZI, COSTAMAGNA, ROCCO 2015, pp. 843-846. 4 H 68 cm ca; diam. superiore interno 58 cm; esterno 68, 5. Sp. della parete 5 cm. sviluppo della superficie esterna 215,09 cm. 1 2 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 2 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 superfici originali sono fresche, con limitate scheggiature e abrasioni; si distinguono in più punti i segni dello scalpello a punta piatta e della raspa, in particolare sul piano di fondo, che non è stato levigato. La cavità interna, di forma circolare, è lavorata in maniera sommaria e sono ancora visibili le tracce lasciate dalla subbia e dallo scalpello, mentre lungo la breve porzione dell orlo conservatosi non si riscontrano i segni delle corde, frequenti su questo genere di arredi nel caso di un lungo periodo di utilizzo. Il puteale, a corpo cilindrico, è completato in alto da modanature che si articolano in un listello liscio seguito da una gola diritta e un kyma ionico decorato con ovuli tondeggianti inclusi in un guscio, intervallati da sottili foglie di separazione a forma di lancette (Figg. 3-4); al di sotto corre un tondino decorato con perle allungate, astragali ed un listello liscio. In basso non vi sono cornici, ma soltanto un sottile esergo dall aggetto ridotto in corrispondenza delle figure, che ne costituisce il piano di imposta (Figg. 12, 9). La decorazione è scolpita a rilievo molto basso, con una delicata modulazione delle superfici e dei piani: le figure, caratterizzate da una resa morbida dell anatomia, non presentano una netta distinzione dal fondo e per far risaltare alcune parti si è leggermente abbassato il piano circostante, mentre tronchi e fronde degli alberi sembrano in parte dissolversi nello sfondo neutro; molti dettagli sono scolpiti a rilievo bassissimo, altri maggiormente chiaroscurati, con una vivace differenziazione delle pieghe dei panneggi, rese sia plasticamente, sia incidendole leggermente nei volumi delle gambe. 3 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto E possibile ricostruire solo parzialmente lo sviluppo del fregio figurato: da un gruppo di frammenti si ricompongono due figure disposte simmetricamente ai lati di un basso altare, che compiono una libagione (Figg 1-2). A destra Dionysos avanza verso l ara, recando nella sua mano destra un kantharos e tenendo con l altra un tirso; veste un chiton poderes fittamente pieghettato, con lunghe maniche che coprono gli omeri, su cui è gettato un lungo himation, ripiegato trasversalmente sul busto così da lasciare scoperta una spalla e che avvolge tutta la figura, formando un gruppo di fitte pieghe centrali tra le gambe, sopra i piedi calzati di sandali; la schiena è coperta da una chlamys trattenuta dagli avambracci, con i lembi che terminano a coda di rondine. La testa non si conserva, ma si distinguono sulle spalle tre lunghe ciocche di capelli attorti a spirale; un armilla orna il braccio destro. Lo schema iconografico e l attributo del kantharos permettono di riconoscervi l immagine arcaistica di Dionysos del tipo Hauser 105, tipo 2 secondo la classificazione elaborata da U. Cain (Fig. 13 A). La figura di fronte è una Menade, vestita di chiton, himation e di una pardalis legata intorno al busto, che tiene anch essa un tirso leggermente inclinato e tende verso il dio il suo braccio sinistro, ornato di un armilla, con la mano aperta, mentre l altro era probabilmente sollevato, non essendo visibile lungo il fianco; poiché sembra corrispondere al tipo 4 della Baccante di Cain6, la si può ricostruire nell atto di versare da un oinochoe il vino per la libagione nel kantharos del dio (Fig. 13 B). Le figure, con il busto di prospetto e il corpo di profilo, possiedono un modulo estremamente allungato e avanzano sfiorando appena il suolo con la punta dei piedi. Il 5 HAUSER 1889, tav. I, 10; FUCHS 1959, p. 52 ss.; CAIN 1985, p. 107, Beil. 6; GOLDA 1997, p. 42, Dionysos 1. 6 CAIN 1985, p. 131, Beil. 13, 4. https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 4 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 ductus dei panneggi, dagli orli frastagliati con i lembi a coda di rondine, è rigidamente schematico e di gusto disegnativo, più che plastico, come consueto nello stile arcaistico, cui si deve anche la convenzione di riprodurre con proporzioni ridotte attributi come il kantharos del dio7. L altare su cui arde il fuoco è costituto da rocce e sassi di forma tondeggiante, disposti a cerchio, indicando così l ambientazione nella natura, cui concorre anche la presenza di diverse specie arboree. In corrispondenza dell altare vi è un pino, riconoscibile dalla chioma caratterizzata da fronde striate per rendere gli aghi, il cui fusto inferiore è appena rilevato sullo sfondo; alle spalle di Dionysos si leva invece un albero dal fusto nodoso e dalla chioma con foglie dai contorni irregolari, forse una quercia o piuttosto un pioppo bianco, se si considera il contesto dionisiaco. Accanto vi è il lembo di una nebris svolazzante a rilievo bassissimo, attributo di una delle altre figure che componevano il fregio (Figg. 1, 12). Non è possibile precisare dove vadano collocati, rispetto al gruppo composto da Dionysos e dalla Menade, i frammenti che permettono di ricomporre la sequenza dei kymatia della cornice superiore (Figg. 3-4), al di sotto di uno dei quali si staglia un albero di alloro o ulivo, a giudicare dal fusto articolato e dalle foglie lanceolate che arrivano a pochi centimetri dalla cornice superiore (Fig. 3). Sopra la chioma rimane uno spazio libero, suggerendo così che le figure non arrivassero a toccare con la testa la cornice. Un altro frammento conserva parte del kyma superiore e, poco sopra la frattura, l estremità di un elemento a rilievo, forse un ramo o un bastone (Fig. 4). Su altri due frammenti si distinguono rispettivamente il lembo inferiore di un panneggio poco sopra il listello di base aggettante 7 JUNG 1986, p. 5 ss. 5 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto (Fig. 5) e una mano che tiene un fusto, forse di un tirso o di una fiaccola (Fig. 6). Il panneggio è differente da quelli arcaizzanti di Dionysos e della ‛accante e riferibile quindi ad un altro componente del thiasos. A questo o ad un diverso personaggio può essere attribuita una mano, protesa a porgere un cesto colmo di frutti, probabilmente pigne per la forma ovoidale e le scaglie squamate che li ricoprono (Fig. 7). Su un altro frammento sono scolpiti il tronco di un albero e, lungo la frattura a sinistra, il lembo di una pelle ferina e le estremità delle dita di una mano che tiene una siringa di canne palustri, consueto attributo di Pan Fig. il dio era presente sul puteale, come conferma l estremità posteriore di zampa caprina su un frammento non contiguo, che conserva anche, lungo le fratture, parte di una pelle ferina e l articolazione dell altra zampa Fig. . L ampio spazio dietro la zampa ferina non permette invece di associare questi frammenti alla figura con la nebris svolazzante lungo il margine della sezione ricomposta con Dionysos e la Menade davanti all altare, e che dovremmo immaginare mentre avanza verso destra Figg. 1, 12). Su un altro frammento si conserva il tronco di un albero, in corrispondenza dell innesto della chioma, lungo cui si appoggiano i tralci di una pianta rampicante e, in basso, lungo la frattura a sinistra, la terminazione a spirale di un elemento non precisabile, probabilmente un virgulto (Fig. 10); su un piccolo frammento si distingue solo parte di un elemento a rilievo lungo la frattura, forse un panneggio (Fig. 11). Nonostante lo stato di conservazione assai lacunoso, si potrebbe suggerire nelle linee generali una ricostruzione della sintassi compositiva che preveda la presenza della coppia composta da Dionysos e dalla ‛accante ai lati dell altare e un fregio con almeno altre quattro figure che https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 6 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 avanzavano da sinistra verso destra, alternate ad alberi, un pino, un pioppo bianco o una quercia, un alloro o ulivo. Questa ipotesi può essere avvalorata grazie al confronto offerto dall ara cilindrica in pentelico ora al Museo di ‛aia, proveniente dall area del tempio di Rione Terra a Pozzuoli 8, corrispondente anche nelle dimensioni a quella di Spoleto (Figg. 14-17). La sua provenienza dal sito di Puteoli è accertata sulla base dei dati inventariali e non è quindi identificabile, come proposto da O. Dräger9, con un altare con soggetti dionisiaci dall orchestra del Teatro di Napoli, citato nella guida di B. Capasso. Il puteale è datato al terzo quarto del I sec. a.C. ed è decorato da una scena di carattere rituale del tutto identica a quella parzialmente ricostruibile dai frammenti di Spoleto; vi compare infatti l immagine arcaistica di Dionysos con il kantharos e la Baccante con l oinochoe, attributi con i quali si apprestano a compiere una libagione sull altare di pietre, separati da un albero di pino che si staglia sullo sfondo. La composizione si ripete simmetrica sul lato opposto, ma a separare le due figure non è più un pino, bensì forse una vite, dal fusto articolato da cui pendono foglie e grappoli; tra le due scene si inseriscono una Menade danzante e un Sileno con una pardalis sulle spalle, intento a suonare l aulos, dietro cui si distingue il fusto di una pianta rampicante, forse anch essa una vite. Sul puteale di Spoleto risulta problematica la ricostruzione delle figure, che può essere tuttavia ipotizzata a partire dai frammenti sulla base del Inv. 315469; C. VALERI, in ZEVI 2008, p. 265. H. 71 cm; diam. superiore 50 cm; diam. inferiore 66, 5. Sul tempio ricostruito in età augustea, in cui si è proposto di riconoscere il Capitolium, ZEVI, CAVALIERI MANASSE 2005, p. 269 ss.; DEMMA 2007, p. 115, con altra bibl. 9 Si ringrazia la dott.ssa Alessandra Villone dell’ufficio inventario del Museo Nazionale di Napoli per le informazioni gentilmente fornitemi. DRÄGER 1994, pp. 208-209, n. 35, tavv. 13-15, con bibl. prec., vide l’esemplare quando ancora si trovava nei magazzini del Museo Nazionale di Napoli e ipotizzava potesse trattarsi dello stesso esemplare citato da CAPASSO 1905, p. 83 come proveniente dal teatro di Napoli. 8 7 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto confronto con schemi iconografici abbastanza standardizzati utilizzati dalle botteghe neoattiche . A destra della scena di sacrificio, separata da un albero di pioppo, vi era una figura con l attributo della nebris, che non può essere Pan, ma piuttosto, come sull altare del Rione Terra, un giovane Sileno che suona il doppio aulos. Il Sileno potrebbe corrispondere al tipo Cain 15a (Fig. 13 C) o Cain 15c10 (Fig. 13 D), benché la foggia della pardalis, con la coda che si dispone tra le due zampe ferine, ricordi maggiormente quella del Sileno che avanza recando un cesto11 (Fig. 13 E); ad avvalorare questa possibilità potrebbe essere la presenza di un frammento che conserva parte di una mano che porge un cesto con pigne (Fig. 7). Tale attributo tuttavia è associabile anche ad una figura femminile, Menade o sacerdotessa; altre figure femminili dovevano infatti essere presenti sul fregio, come suggerisce la presenza di un frammento con una mano che tiene una fiaccola o un tirso (Fig. 6), come quella sul puteale di Terracina, con fiaccola e tympanon12 (Figg. 20-21), o quella che accende il fuoco su un altare rustico raffigurata sulla base di un candelabro del primo periodo augusteo da Pompei13; quest ultimo tipo iconografico (Fig. 13 F) si ripete su una lastra campana con soggetto dionisiaco, nell atto di avvicinare la fiaccola ad un altare rustico, recando anche un cesto 14. Una figura femminile con cesto o lanx colma di pigne, frutti o dolci in contesti dionisiaci (Fig. 13 F), è documentata sui rilievi che ornano puteali, vasi e CAIN 1985, p.127, Beilage 11, 15a, 15c. Per il tipo anche FUCHS 1959, p. 106 ss.; CORSO 2004, pp. 167-175. 11 CAIN 1985, p. 195, Beil. 11, Kat. Nr. 121, base di candelabro di età traianea. 12 GOLDA 1997, p. 103, cat. n. 53, tav. 42, 1.2, 43, 1.2, p. 57; GOLDA 1997, p. 57, Beil. 12, Mänade 2e, corrispondente al tipo CAIN 1985, Mänade 5d, p. 129. 13 CAIN 1985, p. 164, cat. n. 49, Beil. 14, 2, tav. 51, 1. 14 VON ROHDEN 1911, p. 98, tav. CXXII. (R 349 (4, 1-2) KL Fol. 10 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 8 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 altri arredi marmorei ed è ripresa nella ceramica sigillata italica 15. Ad una Menade poteva forse essere pertinente il frammento che conserva il lembo di una lunga veste svolazzante, il cui orlo termina poco sopra l esergo di base, con un ductus delle pieghe simile a quello della Menade danzante sull ara di Puteoli (Tipo Hauser 31)16 (Fig. 13 H) oppure a quella con fiaccola e tympanon del puteale di Terracina sopra citato (Figg. 13 G, 20-21). Certa è invece la presenza di Pan, caratterizzato da una pelle ferina che pende dal braccio con cui tiene la siringa, come nel tipo Cain 3 17, o piuttosto Cain 518 (Fig. 13 I), benché alle sue spalle non sembri distendersi la nebris. La pianta rampicante intorno al tronco di un albero, forse di alloro o ulivo (Fig. 10), ricorda quella raffigurata sull ara di Puteoli (Figg. 15, 17) e potrebbe forse, per l elemento a spirale che richiama un viticcio, essere identificata con una vite; il motivo della vite con grappoli e viticci che si appoggia ad un ulivo, secondo un sistema adottato nella pratica agricola romana e noto come vite maritata , si osserva sui rilievi conservati nel Museo Gregoriano Profano del Vaticano e datati in età claudia 19. La sequenza delle figure è ricostruibile solo in parte dalla ricomposizione dei frammenti e nel disegno ricostruttivo sono stati restituiti con i contorni in azzurro quelli la cui posizione risulta ipotetica 15 GOLDA 1997, p. 62, Beilage 14, pp. 104-105, cat. n. 55C, tavv. 38, 1-2, 39, 2 (‘Priesterin 1’); cfr. la base di candelabro di età tardo-repubblicana-primo augustea a Broadlands GRASSINGER 1994, pp. 96-99, cat. 29, tav. 173, con figure dionisiache, sileno, menade e una sacerdotessa, figura messa in rapporto da U. Cain con la tradizione ellenistica; lo stesso attributo è adottato per le figure di Horai, BOL 1990, p. 227 ss., cat. n. 218, tav. 164; CVA New York, Metropolitan Museum 1, 1943 (C. Alexander), tavv. 2, 3, 1b, 4, 1c; DRAGENDORFF 1948, p. 78 ss.; STENICO 1966, p. 28, cat. N 8 P., tav. 4, 8a. 16 HAUSER 1889, tav. II, 31. 17 Cfr. CAIN 1985, p. 123, Beil. 9, Pan 3. 18 CAIN 1985, p. 123, Beil. 9, Pan 5, con bibl. e discussione del problema, in cui si mette in evidenza l’associazione di questo tipo con i rilievi delle Ninfe, sulla base di un modello iconografico ideato o alla metà del IV secolo a.C. oppure di età ellenistica. 19 SINN 1991, p. 56 ss., n. 26, figg. 73-77, 81; BRACONI 2012, pp. 291-306 con bibl. prec. 9 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. . Rispetto all ara del Rione Terra, non vi sono frammenti che suggeriscano il ripetersi del gruppo di Dionysos e della Menade sul lato opposto e ad esso potevano sostituirsi altre figure nell atto di avanzare verso destra, alternate ad essenze arboree. I puteali con immagini di divinità o tematiche di carattere sacrificale potevano essere utilizzati per accogliere libagioni e offerte, rivestendo spesso la funzione di altari a pozzo, sebbene in genere i temi prescelti intendessero soltanto evocare una dimensione sacra nei contesti in cui erano allestiti con scopo prevalentemente decorativo20. La presenza di kymatia ornamentali sugli esemplari con figure arcaistiche non è consueta21, poiché sono in genere preferite cornici superiori articolate in listelli lisci, mentre un semplice esergo aggettante, come quello con cui doveva concludersi in basso il fregio sul puteale di Spoleto, indica la linea del terreno22. La cornice superiore si caratterizza per il plasticismo poco accentuato dei singoli elementi, con ovuli schiacciati e di forma tondeggiante, il cui modellato si distingue tuttavia da quello dei gusci aderenti in cui sono completamente racchiusi e delle sottili lancette che li separano. Per queste caratteristiche trova confronto nelle partiture ornamentali anteriori la media età augustea, quando la lavorazione comincia a prevedere profondi sottosquadri per isolare i singoli elementi, creando un più marcato contrasto chiaroscurale23; in particolare, può essere JAVIS 1949, pp. 200-203; GOLDA 1997, pp. 1-2, 19, 26-29. Cfr. ad esempio il puteale con rilievo deliaco al Museo Nazionale Romano, CANDIDA 1979, pp. 104-105, cat. 45, tavv. 3637. 21 GOLDA 1997, p. 35 e come esempi pp. 76-77, cat. 6, tav. 10, 1, p. 80, cat. 14, tav. 14, 3-4, pp. 97-98, cat. 42, tav. 11, 1 (anche per la lavorazione sommaria della parte interna). 22 Per questo dettaglio in particolare JUNG 1986, pp. 29-32. 23 LEON 1971, p. 181 ss. 20 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 10 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 assimilata al primo dei due gruppi di kymatia ionici distinti da Golda24 su alcuni puteali di età tardo-repubblicana, tra i quali si ricordano, per la somiglianza delle cornici, l esemplare da Via della Travicella a Roma, datato ancora in epoca tardo-repubblicana, forse nel periodo cesariano25 (Fig. 18), il puteale di M. Barbatius Pollio, questore del 41 a.C. dal Lacus Iuturnae26, e quello del Museo di Terracina27 (Fig. 20), entrambi già della prima età augustea. Alla fase di passaggio tra la tarda età repubblicana e la prima età augustea rimanda anche la consuetudine di rifinire sommariamente le superfici interne delle pareti28. Se può essere utilizzato come confronto l altare del Rione Terra, è ipotizzabile che la sintassi compositiva alternasse, come su quell esemplare, i ritmi vivaci di figure in movimento a quelli statici e solenni della scena di sacrificio. La sequenza prevedeva sia la presenza di tipi iconografici arcaistici, rappresentati dall immagine di Dionysos e dalla rivisitazione, secondo formule arcaistiche, della ‛accante con l oinochoe di ispirazione ellenistica, sia altre derivate da modelli tardo-classici, quali Pan, un Sileno e Menadi o sacerdotesse. L analisi dell iconografia delle singole figure e la loro composizione nel fregio permettono di inserire in maniera più puntuale l esemplare di Spoleto e l ara così simile di Puteoli nella seriazione proposta per manufatti che presentano un analogo repertorio decorativo. GOLDA 1997, pp. 15-16. Inv. 2421, prima nel Museo dei Conservatori, Braccio Nuovo, sala III, ora Centrale Montemartini, Sala Macchine, FUCHS 1959, p. 198; CAIN 1985, p. 129, nota 756, età cesariana, primo-augustea; DRÄGER 1994, p. 209, nota 1012; GOLDA 1997, pp. 95-96, cat. n. 38, tavv. 1, 2, 41, 1-2, 70, 1-2, con bibl. prec. 26 GOLDA 1997, p. 117, cat. L Nr. 1, 27, tavv. 6, 1, 70, 5-6, Beil. 4, 1-3. Come confronto per i kymatia viene citato un altare quadrangolare al Museo Nazionale Romano con il choros delle Charites, CANDIDA 1979, p. 111, cat. 47, tav. 37, metà del I sec. a.C. 27 GOLDA 1997, pp. 103-104, cat. n. 53, tavv. 42, 1-2, 43, 1-2. 28 V. nota 21. 24 25 11 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto I tipi iconografici utilizzati per il Sileno, per la Menade e/o sacerdotessa sul puteale di Spoleto derivano da modelli tardo-classici, riproposti secondo i medesimi schemi sopra ricordati su una vasta serie di oggetti decorativi nel caso di Pan, si è ugualmente prospettata l esistenza di un modello della metà del IV sec. a.C. o di età ellenistica, ripreso nelle opere di gusto classicistico, da solo o in scene che prevedono la presenza di Hermes e delle Ninfe, come sul rilievo in marmo pentelico della prima età imperiale rinvenuto nei pressi delle mura romane di Nikopolis, caratterizzato dalla commistione di stilemi arcaistici e classicistici29. W. Fuchs30 aveva suggerito di identificare il prototipo della figura di Dionysos in una creazione attica della metà del IV sec. a.C., una delle cui prime attestazioni sarebbe rappresentata da un rilievo votivo da Chalandri che datava al 340-330 a.C.; nel IV secolo a.C. compare il tipo del Dionysos Sardanapalos, barbato e con lunghi capelli, con vesti solenni, che si è ipotizzato possa forse essere stato creato nella cerchia prassitelica31. La proposta di Fuchs, pur ritenuta valida per l individuazione della cronologia tardo-classica del modello cui si ispira l immagine del dio 32, in realtà è stata riconsiderata da Grassinger, suggerendo di abbassare la V. rispettivamente note 10-16 e 17-18; per il rilievo di Nikopolis, KARANASTASI 2007, p. 462 ss., figg. 2-5. 30 FUCHS 1959, pp. 52-53, 58, tav. 9, a per il rilievo da Chalandri. 31 GASPARRI 1986, pp. 431 ss., 511, con altra bibl.; CAIN 1997, pp. 54-58. Per l’immagine di Dionysos che compie una libagione accompagnato da Nike sulla base di un tripode dedicato per una vittoria coregica, datato variamente al IV sec. a.C. con attribuzione a Prassitele o considerato opera della metà del I sec. a.C., JUNG 1986, p. 3 ss., proponeva un’attribuzione alla corrente ‘neoattica’; CORSO 2004, p. 175 ss., con bibl., che si orienta per l’attribuzione all’ambito prassitelico e una cronologia nel IV sec. a.C.; A. PASQUIER, in PASQIER, MARTINEZ 2007, pp. 106-109, n. 15, ritiene possa essere datata al III secolo a.C. 32 ZAGDOUN 1989, pp. 124, 189 ss., con bibl. prec. che ricorda anche un altro rilievo nel Museo di Calcide, datato nella prima metà del IV sec. a.C. per cui p. 124, tav. 40, fig. 147; GRASSINGER 1991, p. 103 ss. mette in rilievo le differenze tra le versioni arcaistiche dell’immagini di Dionysos nei rilievi della serie Pourtalès-Gorgier con quello di Chalandri per molti dettagli delle vesti. GASPARRI 1986, p. 432, n. 90, con altra bibl. e p. 473, n. 597 per i rilievi della serie Pourtalés-Gorgier. 29 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 12 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 datazione del rilievo da Chalandri all età augustea per gli effetti di trasparenza della stoffa dell himation. Questa iconografia del dio compare associata alla processione delle Horai del tipo Pourtalès-Gorgier, il cui archetipo secondo Fuchs è stato elaborato in ambiente attico intorno al 300 a.C. e soltanto intorno alla metà del II sec. a.C. o nella seconda metà di esso vi sarebbe stata associata l immagine arcaistica di Dionysos con il medesimo schema iconografico del rilievo di Chalandri; questa proposta è stata accolta negli studi successivi, che hanno cercato di precisare una seriazione cronologica della documentazione scultorea, utilizzando anche criteri diversi da quelli unicamente stilistici adottati da Fuchs nella sua disamina33. Alcuni frammenti di un rilievo da Efeso datato in età augustea, che prevede l adozione dei medesimi tipi iconografici ed un analogo schema compositivo della processione delle Horai tipo Pourtalès-Gorgier, permette di ricostruire figure alte poco meno di un metro, ben superiori a quelle degli altri rilievi, comprovando l ipotesi dell esistenza di un modello di grandi dimensioni, come del resto già suggerito dall esemplare monumentale di Chalandri34. L immagine arcaistica di Dionysos che avanza con il kantharos ed il tirso è trasmessa sia nella versione che prevede il corteggio delle Horai, sia limitatamente al solo dio, in una cospicua produzione a suo tempo riunita da E. Schmidt e perfezionata da Fuchs35, che comprende anche are, puteali, crateri e candelabri. Si è tuttavia suggerito che esista anche una tradizione copistica indipendente del tipo, limitata alla figura isolata del dio, che FUCHS 1959, p. 51 ss., p. 53 in particolare per la cronologia e per la serie di opere che riproducono questa iconografia fino al II sec. d.C.; ZAGDOUN 1989, p. 123 ss., con cronologia del rilevo Pourtalès-Gorgier intorno al 100 a.C. con bibl. prec. 34 HARL 1973, p. 133 ss. 35 SCHMIDT 1922, p. 92 ss., Beil 4 II, 1-3, III, 1. 33 13 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto sarebbe documentata da un rilievo da Aydin/Tralles al Museo di Istanbul, della seconda metà del I sec. a.C.36 (Fig. 22). Tra i confronti più prossimi per l immagine del dio sul puteale di Spoleto si può citare l esemplare di Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptothek37, decorato con due cortei guidati da Dionysos del tipo Cain 4, con Ninfe del tipo Pourtalés-Gorgier e dallo stesso dio, ma del tipo Cain 3 con corto chitone, seguito dalle Horai del tipo Louvre-Freibourg38. Il dio nella processione delle Ninfe tipo PourtalèsGorgier appare identico a quello sul puteale di Spoleto per i dettagli dell himation, con il lembo ripiegato sul petto solcato da pieghe parallele e non a zig-zag, da cui fuoriesce, in corrispondenza del braccio, un lembo stilizzato del chitone, la chlaina a coda di rondine, più corta in corrispondenza del braccio che teneva il tirso, perfettamente verticale, come nella versione in cui è accompagnato dalle Horai, e l attributo del kantharos. Secondo Fuchs il puteale di Copenhagen appartiene alle prime produzioni di gusto neoattico , agli inizi del I secolo a.C., mentre Golda confronta il trattamento del rilievo con quello di un candelabro a Villa Borghese, datato in età cesariana o al più tardi primo-augustea, cronologia accolta dalla Zagdoun, mentre Grassinger opta per la metà del I sec. a.C. Per il trattamento delle vesti, ricche di pieghe, esso presenta molti elementi in comune con il candelabro di Palestrina (Fig. 23), per cui da ultimo si è riproposta una cronologia in età tardo-ellenistica39, sul quale tuttavia non si Per una illustrazione, PERDRIZET 1896-1897, tav. 12 a; GRASSINGER 1991, p. 105, nota 11, con bibl. prec. 37 FUCHS 1959, p. 55, tav. 11a; ZAGDOUN 1989, p. 125, cat. 148; GRASSINGER 1991, p. 106, nota 19; GOLDA 1997, p. 80, cat. 14, tav. 14. Ad esso correlato dal punti di vista stilistico il rilievo da Aydin con lo stesso tipo iconografico, FUCHS 1959, p. 56; ZAGDOUN 1989, p. 125. 38 Per questo soggetto GASPARRI 1986, p. 473, nn. 596-597 e MONACO 1999-2000, pp. 85104. 39 CAIN 1985, p. 168, cat. 58, tavv. 9, 1-3, 68, 3 che propone una sua cronologia in età tardoellenistica, accolta da GRASSINGER 1991, p. 105 e AGNOLI 2002, pp. 199-203, n. III. 1 (II sec. 36 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 14 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 colgono quegli effetti di trasparenza nei panneggi sulle gambe dell esemplare di Copenhagen. Sul candelabro di Villa ‛orghese, di età cesariano-augustea40, nonostante la semplificazione dovuta al modulo minore della figura, si osservano corrispondenze nella disposizione delle terminazioni a coda di rondine delle pieghe dell himation e della chlaina e caratteristiche stilistiche analoghe alla figura di Dionysos scolpita sull ara coeva a Wilton House41, dal teatro di Cerveteri. Identica sul piano iconografico è l immagine di Dionysos sul cratere del museo Barracco Fig. con il risvolto dell himation sul petto articolato in pieghe rese con linee parallele e non più a zig-zag, e per le increspature del chitone e l effetto di trasparenza della veste che aderisce ai volumi delle gambe, sebbene tenda a perdersi la delicata modulazione dei piani che caratterizza sia l esemplare spoletino che quello della Ny Carlsberg considerato da Fuchs opera tardo-repubblicana, forse di provenienza attica perché in pentelico42, il cratere viene invece datato dal Grassinger nella media età augustea, intorno al 10 a.C.43, mentre la Zagdoun vi ravvisa alcune affinità con le prime lastre Campana, datandolo tra la fine dell età ellenistica e l inizio di quella augustea44: rispetto agli esemplari sopra citati, appare infatti svincolato dal gusto ellenistico e mostra una freddezza classicistica e il diradarsi delle pieghe delle vesti. a.C.), che anche per l’utilizzo del pentelico avvalora l’ipotesi di una produzione attica. ZAGDOUN 1989, pp. 125, 245, cat. 310, tav. 41, fig. 151, accoglie invece la cronologia a suo tempo proposta dal FUCHS 1959, p. 57 in età tardo-adrianea, primo-antonina. 40 CAIN 1985, pp. 174-175, cat. n. 73, tav. 8, 4, 9, 4, 16, 5, 68, 2, 4. 41 DRÄGER 1994, pp. 264-265, cat. 115, tav. 16, con bibl. prec. Essa tuttavia rivela alcune piccole differenze e semplificazioni nella resa delle pieghe di chiton e himation. 42 FUCHS 1959, p. 56, tav. 9, b. 43 GRASSINGER 1991, p. 187, cat. 29, tav. 112. 44 ZAGDOUN 1989, pp. 116, 125, cat. 391, tav. 40, fig. 149. 15 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Grassinger45 ritiene indipendente dalla composizione dei rilievi Pourtalès-Gorgier l immagine di Dionysos che compare sulla base di candelabro da Palestrina (Fig. 23), poiché il lungo lembo a coda di rondine della chlaina alle spalle del dio non si concilierebbe con la presenza di una delle Horai che ne tiene l orlo su quella serie di rilievi l immagine divina estrapolata dalla processione sarebbe contraddistinta da una limitata ricaduta del manto, come sul candelabro di Villa ‛orghese, sull ara del Rione Terra e sul puteale di Spoleto. Su quest ultimo il lembo di stoffa ripiegato del panneggio dell himation che fuoriesce sotto il braccio con il tirso è reso in maniera incongrua, come un occhiello, quasi cifra decorativa semplificata e non più compresa, come del resto anche sul candelabro del Museo Borghese, rispetto a come viene tradotto sul candelabro di Palestrina, sul puteale di Copenhagen e sull ara di Pozzuoli. L accentuarsi di alcuni tratti di leziosità arcaistica si coglie sia su quest ultima opera che sul puteale di Spoleto nel dettaglio dei piedi, che sfiorano appena il suolo. Queste convenzioni suggeriscono di inquadrare le due opere nella fase di transizione tra i bassorilievi caratterizzati da una vitalità naturalistica del movimento, di ascendenza tardo-ellenistica, un esempio dei quali è rappresentato dal puteale di Copenhagen, e quelli già irrigiditi in forme accademiche, come ad esempio il cratere del Museo Barracco (Fig. 25), fino ad arrivare alla semplificazione del panneggio sul frammento di rilievo a Ginevra, datato alla metà del I sec. d.C.46. Il ricorrere di piccole varianti rispetto ad un modello codificato su una serie di esemplari può forse essere spiegato con l adozione di cartoni o modelli nell ambito della tradizione copistica. 45 GRASSINGER 1991, pp. 105-106. 46 inv. 8940, CHAMAI, MAIER 1989, p. 104, n. 130, tav. 108, 2. https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 16 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Nella scena di sacrificio, a Dionysos era associata una Baccante che, per il suo incedere sulle punte, quasi danzando, e per la foggia delle vesti, ha un parallelo nelle danzatrici che accompagnano Apollo sul fregio del propylon del temenos di Samotracia, datato sulla base delle strutture architettoniche al 340 a.C. o piuttosto al 330-320 a.C.47 e considerato un esempio di tendenza ionica nell arte arcaizzante del IV secolo a.C. La sua iconografia corrisponde a quella attestata su un rilievo greco di carattere funerario al British Museum, datato in età tardo-ellenistica, nel I sec. a.C.48, con la figura femminile nell atto di libare davanti ad un guerriero, priva tuttavia dei tratti arcaizzanti nella resa delle vesti e senza la nebris avvolta intorno ai fianchi; a questo esemplare fa capo una serie di rilievi a suo tempo riuniti da F. Poulsen49, decorati con un guerriero di fronte ad una figura femminile nell atto di versare una libagione sollevando il braccio sopra la testa, che ripropone la medesima iconografia documentata dall esemplare nel museo britannico. Sulla maggior parte di essi alla figura femminile che liba, priva di attributi che ne specifichino l identità, si è sostituita Nike in vesti arcaistiche, affine per l impostazione e le caratteristiche della veste dai tratti arcaizzanti a quelle che versano una libagione nelle scene coregiche 50 o alle fanciulle affrontate ai lati di un candelabro o di un motivo composto da girali di acanto sulle lastre Campana51, riconducibili ad un tipo creato ZAGDOUN 1989, p. 163 ss., n. 443, p. 253, tav. 48, fig. 176. SMITH 1892, pp. 347-348, n. 750; SMITH 1916, p. 82 ss., n. 14, fig. 13; SCHMIDT 1922, p. 63, che interpreta la proposta di una cronologia alta suggerita da Smith come riferibile al III sec. a.C.; POULSEN 1935, p. 51 ss., sul gruppo di rilievi con guerriero e figura femminile, in particolare per quello di Londra, p. 52, n° IV, p. 54, nota 18 per cui avvalora una cronologia in età tardo-ellenistica; CAIN 1985, p. 131, Beil. 13, 4. 49 POULSEN 1935, p. 51 ss.; ZAGDOUN 1989, pp. 110, 186, 246, n. 342, tav. 57, fig. 208; pp. 186, 240, n. 250, tav. 57, fig. 209. 50 ZAGDOUN 1989, p. 105 ss., con bibl.prec. 51 BORBEIN 1968, pp. 189-195, tavv. 42-48. FUCHS 1959, p. 45 ss. e ZAGDOUN 1989, p. 96 ss., per i prototipi. 47 48 17 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto intorno al 100 a.C. per Artemis e poi liberamente riproposto in diverse composizioni. L altare di forma circolare, innalzato con pietre irregolari, intorno a cui si svolge la scena di libagione evoca anch esso un rito praticato in un ambiente primordiale in cui domina la natura; benché raffigurati più raramente rispetto a quelli costituiti da blocchi quadrangolari, sono tuttavia documentati, oltre che da testimonianze sul piano archeologico, nella pittura vascolare di VI secolo a.C.52 e su rilievi, tra cui si ricorda quello votivo datato al 350 a.C.53 da Ekali (Attica) con Pan e le Ninfe, divinità appartenenti alla sfera della natura come in origine le Menadi e i Satiri; non sono invece attestati con queste stesse caratteristiche sui rilievi decorativi di gusto classicistico, ove pure compaiono altari rustici, come quello sul candelabro da Pompei sopra citato; la sua presenza sul puteale appare quasi un eredità derivata dai rilievi votivi o comunque da modelli di età tardo-arcaica e classica. Un interesse particolare rivela la scena di libagione sull altare, che ha come protagonisti Dionysos e la Menade, poiché è attestata con questa iconografia solo sull ara da Pozzuoli e sul puteale di Spoleto, mentre le due figure compaiono isolate in due pannelli distinti sul candelabro sopra ricordato da Palestrina (Figg. 23-24), datato in età tardo-ellenistica l unico altro parallelo è offerto da un frammento di rilievo, forse votivo, da Aydin 54 (Fig. 22), datato nella prima metà del I sec. a.C. e caratterizzato da un aggetto ridottissimo sullo sfondo neutro, di cui si può giudicare solo AKTSELI Atene, Museo Nazionale 3874, 350 a.C., TRAVLOS 1971, p. 90, fig. 101; AKTSELI 1996, p. 102, n. 26. 54 PERDRIZET 1896-1897, pp. 157-158, tav. 11. 52 53 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 18 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 parzialmente, poiché della figura di fronte al dio rimane solo l estremità del tirso. Accanto a questi esempi scultorei di epoca tardo-ellenistica, il confronto più significativo è rappresentato da una matrice rinvenuta a Pergamo, utilizzata per la produzione di ceramiche decorate con appliques55, che riproduce una scena identica dal punto di vista compositivo e per l iconografia delle due figure Fig. l unica differenza è costituita dalla presenza di un tripode alle spalle della Baccante, dettaglio che costituisce una preziosa indicazione dello spazio sacro in cui si svolge la scena poiché, come attributo di Apollo, connota i Pytheia, oppure il suo santuario a Delfi56. La matrice, sulla base delle caratteristiche tecniche e delle dimensioni, è databile nella prima fase di questa produzione vascolare, intorno al 170- a.C., riproponendo l importanza rivestita da matrici e calchi in gesso nella riproduzione di fortunati modelli iconografici nella media e tarda età ellenistica nelle più diverse classi di materiali, che favorirono la loro circolazione in Grecia, nell Oriente ellenistico e poi a Roma57. La scena sull ara di Pozzuoli, sul puteale di Spoleto, sui rilievi tardoellenistici e sulla matrice pergamena si ispira probabilmente ad un modello di cui tuttavia non è possibile precisare la cronologia, se ancora della seconda metà del IV secolo a.C., epoca cui viene ascritta l elaborazione dei tipi iconografici del Dionysos tipo Hauser 10 e della Baccante (Figg. 13 A, 13 B), oppure sia stato creato associando liberamente iconografie già HÜBNER 1990, pp. 597-598; HÜBNER 1993, pp. 48-49, 136 ss., p. 207, n. 299, fig. 37, tav. 65. H. 8; L 8; S 1,2. 56 Per il legame di Pergamo con Dionysos e il santuario di Delfi v. la sintesi di CANEVA 2016, pp. 102-103, con bibl. prec. 57 REEDER WILLIAMS 1976, p. 41 ss.; REINSBERG 1980. 55 19 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto codificate, come spesso si riscontra nelle produzioni eclettiche di gusto classicistico. Esiste tuttavia una tradizione iconografica molto più antica cui sembra rifarsi questa composizione, che aveva come soggetto non una generica libagione, bensì l offerta al dio del vino ottenuto dalla prima spremitura e associata ad alcuni rituali dionisiaci. La pittura vascolare attica permette di ripercorrere l elaborazione di questo soggetto a partire da un kantharos della fine del VI sec. a.C. firmato da Nikosthenes come ceramista58, sul quale il vino viene versato direttamente dal kantharos, quasi fonte inesauribile della bevanda, sull altare fiammeggiante, mettendo in evidenza i poteri prodigiosi della divinità. A partire dal VI sec. a.C., è ampiamente documentato soprattutto dalle ceramiche a figure nere59 e in quelle a figure rosse del primo decennio del V sec. a.C., sulle quali tuttavia un satiro o una menade versano il vino al dio, oppure alcuni efebi lo circondano tenendo fronde di edera e oinochoai60. Solamente nella prima età classica viene dato particolare rilievo alla dimensione propriamente cultuale, esplicitata dalla presenza di un altare che i ceramografi cominciano ad inserire tra le due figure, su cui verrà compiuta la libagione. E. Simon61 ha mostrato come le anfore attribuite al Pittore di Copenhagen/Syriskos (Londra, British Museum) 62 (Fig. 27), al Pittore di Eucharides (a Würzburg)63 e al Pittore dei Niobidi a Boston MFA 00.334: ARV2 100, 20; Para. 333; Add.2 176; BAPD 201055. p. 57 ss.; , p. 459 ss., nn. 413-421, p. 502. 60 Sul problema della lettura in una dimensione mitologica o meno di queste scene, ANGIOLILLO 1981, p. 13 ss.; SHAPIRO 1989, p. 95 ss., con bibl. prec.; ISLER-KERENYI 2001, p. 134 ss. 61 SIMON 1953, p. 48 ss., 52-53. 62 London E 350, ARV2 256, 2; Add.2 204; BAPD 202921. 63 Würzburg, Martin von Wagner Museum, 533, ARV2 155, 34; BAPD 202254. 58 59 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 20 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Würzburg (Figg. 28-29) e a Londra, British Museum64 permettano di seguire l elaborazione di questa composizione dal secondo quarto del V sec. a.C. fino al 450-440 a.C. e la sua progressiva trasformazione, che prevede non soltanto l introduzione dell altare, ma l isolamento della coppia di figure, cui si conferisce una calma solenne, sconosciuta alle composizioni arcaiche ancora vivacemente animate dalle danze dei satiri e delle menadi che accompagnano il dio, il cui incedere sulla punta dei piedi nelle elaborazioni arcaistiche sembra recuperarne lo spirito. La studiosa ha dato giustamente rilievo all anfora datata al a.C. del Pittore di Copenhagen/Syriskos sopra ricordata, (Fig. 27), del tipo a punta, raramente rappresentato tra le forme vascolari decorate e strettamente associato, come quelle da trasporto cui si ispira, alla conservazione del vino puro, sulla quale la figura femminile con l oinochoe è identificata dall iscrizione come Nynphaia : ciò permette così di riconoscerla come una delle Ninfe montane di Nisa, nutrici del dio che allevarono bambino e di cui costituirono il seguito di Menadi con il ruolo anche di sacerdotesse65, evidenziando come l aspetto propriamente mitico e quello cultuale della scena siano inscindibili, in quanto il vino miscelato con acqua è la bevanda sacra al dio. Non è possibile precisare quale relazione questo soggetto possedesse con le festività ateniesi che onoravano il dio, rappresentato in procinto di libare secondo una tradizione che trova i suoi antecedenti tra la fine del VI e la prima metà del V sec. a.C., quando si diffondono immagini di divinità impegnate in scene di carattere cultuale, a rappresentare quasi un modello 64 Würzburg, Martin von Wagner Museum, ARV2 611, 32; 1661; Add.2 268; BAPD 207079 e London, British Museum E 257, ARV2 604, 50; Add.2 267; BAPD 206989. 65 Per il rapporto originario tra ninfe e Menadi, CARPENTER 1986, p. 76 ss.; HEDREEN 1994, p. 34 ss., p. 47 ss.; CARPENTER 1997, p. 85 ss.; BRIDGES JOYCE 1997, p. 160 ss.; con bibl. prec. 21 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto programmatico per le pratiche rituali dell umanità 66. Si è ipotizzata una relazione con la festa delle Antesterie, che prevedevano il consumo del vino nuovo attinto nel giorno dei Pithoigia e in quello dei Choes, mescolato ritualmente per la libagione con l acqua ed offerto agli dei in quanto primizia. I rituali si svolgevano nel santuario di Dionysos ἐ ί 67 , sottolineando il collegamento con l acqua, componente essenziale al consumo del vino, e proprio le Ninfe, protettrici delle acque, erano legate all infanzia del dio, facendo così assumere una valore rilevante alla didascalia Nynphaia apposta sull anfora del Pittore di Copenhagen/Syriskos68. La Simon ha spiegato l atmosfera solenne e la compostezza che caratterizza la trasformazione, nel corso del V secolo a.C., di queste scene, così diverse da quelle che illustrano nel VI sec. a.C. la danza vivace del dio intorno all altare, sulla base di un intento programmatico ben preciso, che consiste nell elaborare un iconografia della libagione di Dionysos modellata su quella che ha come protagonista Apollo, presente spesso sul lato opposto delle stesse anfore (Fig. 29). Si andava in tal modo ad evidenziare, sul piano iconografico, lo stretto legame che esisteva tra il culto di Apollo Pythios e quello di Dionysos a Delfi, ove il figlio di Semele occupava in inverno la sede del santuario, mentre Apollo soggiornava nel paese degli Iperborei, a sancire così la vicinanza tra le due 66 Sulle immagini di divinità che compiono una libagione, SIMON 1953, p. 8 che si orienta per una lettura in chiave mitologica; al contrario ritengono la o l’atto della libagione ; HIMMELMANN finalizzati a connotare la natura sacrale della scena 1996, p. 54 ss. Per un quadro generale HIMMELMANN 2003, pp. 7-51. 67 Eur. Bacch. 704; Plat. Ion. 534 A; Paus. IV, 36, 7; Strab. VIII, 5.1. Sul santuario di Atene v. nota 68. 68 Su questo aspetto già JEANMAIRE 19702, pp. 26, 50; SPINETO 2005, p. 13 ss. e p. 37 ss. in particolare, p. 61 ss. per il santuario ἐ ί e per le associazioni tra le feste, lo spazio sacro, le acque, l’aldilà e i defunti. Per il legame delle Ninfe e delle Charites con Apollo e Dionysos, LAMBRINOUDAKIS, BRUNEAU, PALAGIA et alii 1984, p. 280, n. 780, s.v. Apollon. https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 22 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 divinità e il loro legame fraterno, in quanto entrambe figli di Zeus che condividevano lo stesso santuario. L associazione dei due culti era riproposta anche in Attica nel più antico santuario del dio ad Ikaria, che ha restituito un immagine arcaica del dio seduto con il kantharos69, e ove esisteva un tempio dedicato ad Apollo Pythios; questa stretta associazione tra le due divinità in ‚ttica coincide con l impulso dato dai Pisistratidi al culto di Dionysos tra il 530 e il 520 a.C., con la fondazione degli agoni dionisiaci che avevano avuto origine proprio in quel demo 70. Ad Ikaria la tradizione ricollegava la nascita degli spettacoli drammatici, vi era stato costruito il più antico teatro71 e il mito di Ikarios, da cui il demo trae il nome, era legato all arrivo del dio in città, al dono della vite, alla produzione del vino e quindi all istituzione delle ‚ntesterie72 l esistenza di una relazione tra gli agoni dionisiaci e il culto di Apollo Pythios è suggerita dalla tradizione che attribuiva alla volontà dell oracolo di ‚pollo Pythios l introduzione ad ‚tene del culto di Dionysos Eleuthereus, il dio del teatro73. Sul piano cultuale la Simon ha suggerito una relazione tra queste scene della pittura vascolare attica e la celebrazione congiunta delle due divinità nel settimo giorno del mese autunnale di Pyanopsion, consacrato, come ogni settimo giorno dell anno, ad Apollo, ma in cui si festeggiavano anche le Oschoforie74, di cui si è riconosciuto il carattere dionisiaco, che segnavano l inizio della stagione invernale. IERANÒ 1992, p. 171 ss.; ANGIOLILLO 1997, p. 91 ss. Sul problema del legame tra Apollo Pythios e Pisistrato v. nota 69 e DUBBINI 2014, p. 62 ss., con bibl. 71 ANGIOLILLO 1997, pp. 92-94, con bibl. prec. 72 SPINETO 2005, p. 95 ss. 73 SPINETO 2005, p. 193 ss. 74 SIMON 1998, p. 456 ss., con bibl. 69 70 23 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Il riferimento al dio di Delfi, citato dalla Simon come parallelo per l elaborazione della scena di carattere rituale di Dionysos e di una Menade, trova un riscontro significativo nel tripode sulla matrice da Pergamo (Fig. 26) e probabilmente nella pianta a lui sacra sul puteale di Spoleto (Fig. 3), su cui tuttavia le lacune non permettono di ipotizzare la presenza di altri personaggi o simboli della sfera apollinea. In relazione alla corrente arcaistica, una particolarità è anche dovuta all inserimento di elementi naturalistici quali alberi di almeno tre specie diverse, un pino, un pioppo bianco e un alloro. Sui puteali della tarda età repubblicana e del primo periodo imperiale essi connotano un paesaggio sacro, con un insistenza nella resa dei loro tronchi nodosi intesa a sottolinearne la vetustà, come sugli esemplari da Terracina 75 (Fig. 20), Tarquinia76 e Roma, Via della Travicella77 (Fig. 19). Queste essenze arboree non sembrano essere state inserite per indicare soltanto la dimensione silvestre in cui è ambientata la scena sia il pino che l abete, infatti, sono piante associate a Dionysos, il primo utilizzato talvolta come tirso 78, il secondo con un ruolo centrale nell episodio dell uccisione di Penteo le fonti ricordano il legame tra il culto dell albero ed il dio e come da quella stessa pianta si fossero ricavate le sue statue conservate a Corinto, che lo raffiguravano come Lysios e Bakcheios79. Il pioppo bianco, secondo la V. nota 12. GOLDA 1997, pp. 102-103, cat. 52, tav. 46, 1-2, epoca tardo-repubblicana, decorato con un sacrificio dionisiaco. Cfr. anche l’ara di Amelia, v. BLANCK 1969, pp. 174-182, pp. 180182 in particolare, anche per la sequenza che prevede l’associazione tra la figura di Pan e quella di un Sileno, accompagnati da figure femminili, ninfe nel caso dell’ara di Amelia, datata al primo quarto del I sec. a.C. 77 V. nota 25. 78 Eurip. Bacch. 1064 ss. 79 Paus. 2, 2, 7; BURKERT 20103, pp. 326, 416 ss.; Plut. Quaest. Conviv. 5, 3, per il pino come pianta sacra a Dionysos e su Dionysos Dendrites e le altre fonti che lo menzionano e per i 75 76 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 24 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 tradizione, cresceva lungo le sponde dell ‚cheronte e per la sua valenza ctonia era associato sia a Dionysos, sia ad Herakles, avendo entrambi varcato le soglie dell ‚de per poi ritornare nel mondo dei viventi80. L alloro è invece essenza tradizionalmente simbolo di Apollo 81, ma non vi sono tuttavia elementi sufficienti per precisare se fosse presente sul puteale ad evocare questa divinità. Su rilievi, are, basi e puteali della tarda età repubblicana e del periodo augusteo l elemento vegetale si carica di valori simbolici, come riferimento sia alle divinità e personificazioni cui questi monumenti sono associati, sia agli ideali promossi dal princeps che trovano attraverso di esso la loro esemplificazione82, con i concetti di pietas e di pax, esemplificati dalla libagione sull altare e dall ambientazione in una natura di carattere sacrale che evoca ρ’“uχκζ Aetas83; nel caso del puteale di Spoleto le specie arboree sono state scelte in funzione delle immagini divine che componevano la scena e la loro vetustà, espressa attraverso i tronchi nodosi, sottolinea l aura di antica sacralità dei luoghi. Il puteale di Spoleto e l ara di Pozzuoli rientrano nella produzione di gusto eclettico delle botteghe di epoca tardo-repubblicana e primoimperiale che ripropongono copie di fortunati modelli; la loro decorazione è stata creata estrapolando singole figure, sia arcaistiche che classicistiche, culti istituiti dal dio negli spazi selvaggi dei boschi. Per un riflesso nella pittura vascolare attica di V sec. a.C. di questo culto, BEZERRA DE MENESE 1963, p. 309 ss. 80 BURKERT 20103, p. 526 ss., con elenco delle fonti e bibl. prec.; DRÄGER 1994, p. 129, nota 665, sul problema della identificazione delle due specie nella documentazione iconografica. 81 ALFÖLDI 1973, pp. 11-18, 36 e ss., 50 e ss., 55 e ss.; KIENAST 1994, p. 192 ss.; MAGGIULLI 1987, pp. 144-146. 82 Cfr. solo come esempio l’esperimento rappresentato dall’Ara Pacis, per cui CANEVA 2010. 83 DRÄGER 1994, pp. 141, 151-153; cfr. per questa ambientazione, espressa con una maggiore ricchezza di dettagli e riferimenti nella pittura, KOTSIDU 1998-1999, p. 91 ss. 25 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto da composizioni ideate in età ellenistica e tramandate da una serie numerosa di repliche, combinandole per ideare nuove associazioni anche al di fuori di sequenze collaudate. Le creazioni di gusto eclettico, che comportano la giustapposizione di stili diversi, sono espressione consueta di questa corrente artistica e proprio l associazione in uno stesso fregio di figure di tipo classicistico e arcaistico è comune tra la fine dell età repubblicana e il primo periodo augusteo, come attesta anche la base semicilindrica rinvenuta a Nikopolis presso l altare del monumento eretto per celebrare la vittoria di Azio, sulla quale compaiono dieci divinità ed eroi in stile arcaistico e classicistico84. Come per altri esempi di rilievi di carattere decorativo, rimane il problema del rapporto con i prototipi anche nel caso di creazioni originali, realizzate associando modelli diversi e riproponendoli secondo un gusto eclettico, che prevede, nel caso della scena di libagione di Dionysos e della Menade, il recupero di iconografie elaborate nell età arcaica, ma codificate secondo i principi dell arte del primo classicismo ed illustrate con uno stile retrospettivo; la riproduzione meccanica di fortunate iconografie da parte degli artigiani comportava la perdita di alcuni dettagli, in origine significanti del contesto in cui si inseriva la scena, o la loro sostituzione con altri di uguale valenza, ritenuti più in linea con il gusto della clientela. Non sempre tuttavia l adattamento per arredi con una primaria valenza ornamentale fa assumere un semplice valore decorativo a soggetti e motivi che possedevano in origine uno specifico significato, poiché, come documentano le fonti, dietro queste opere vi era in genere una committenza che orientava la selezione delle tematiche. 84 ZACHOS 2007, p. 314 ss.; ZACHOS 2009, p. 276 ss. https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 26 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Sull esemplare spoletino, proveniente da un teatro, spazio dionisiaco per eccellenza, questa scena permetteva forse di richiamare una più antica tradizione iconografica, legata non soltanto a rituali bacchici, e in particolare all istituzione del culto di Dionysos in Attica, ma anche al loro collegamento con la sfera delle rappresentazioni sceniche che avevano avuto origine in quella stessa regione. Il soggetto, cui si sono ispirati gli scultori tardo-ellenistici, sembra trovare almeno in parte la sua origine nell ‚tene del tardo ‚rcaismo, come mostra la documentazione offerta dalla pittura vascolare, rielaborato nel corso del I secolo a.C. e poi adattato nella scultura di ambito privato, rappresentata da rilievi decorativi e arredi marmorei. Non è possibile precisare se il modello fosse di ascendenza scultorea o sia rintracciabile nella pittura, come proposto per altri fortunati soggetti recepiti dalle botteghe neoattiche , ad esempio l episodio della seduzione di Elena riprodotto su varie tipologie di arredi e in diversi materiali nella Roma dell età tardo repubblicana e augustea85. È ignota la collocazione del puteale nel teatro di Spoleto; la presenza di altari e are, spesso di carattere dionisiaco 86, è documentata negli edifici scenici, come del resto anche fontane e più in generale apprestamenti idrici, che contemplano la presenza di figure di Sileni come decorazione87. A dispetto delle condizioni di conservazione e del suo reimpiego come materiale edilizio in una muratura, è probabile, come si evince dalle provenienze dell arredo scultoreo del teatro registrate nei taccuini di scavo, che sia stato rinvenuto non molto distante da dove era collocato in antico. MICHELI 2009, p. 65 ss. Ad esempio le are dal teatro di Caere, ora una a Wilton House (con Dionysos nello stesso schema iconografico di quello di Spoleto), l’altra ai Musei Vaticani: DRÄGER 1994, pp. 264265, nn. 115, tav. 16 e pp. 247-248, n. 87, tav. 17 87 FUCHS 1987, p. 141 ss., 143-144, 146. Per i luoghi di culto dedicati al dio all’interno dei teatri, MAUDUIT, MORETTI 2009, p. 11 ss. 85 86 27 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Alle spalle della parodos di destra, in corrispondenza dell ambulacro orientale, esisteva una sorgente naturale e non è escluso che negli ambienti annessi all edificio un elemento di arredo come un puteale avrebbe potuto trovare la sua collocazione, forse come decorazione per l imbocco di una cisterna88. Il gusto eclettico nel combinare modelli estrapolati come citazioni da composizioni di gusto arcaistico e classicistico, l ampio spazio sopra le figure e il senso dell ambientazione naturalistica per la presenza degli alberi e dell altare di rocce, l allungamento delle proporzioni, la leziosità e il manierismo dei gesti, accompagnato da una delicata modulazione e differenziazione dei piani del rilievo89, si accordano con il gusto tardoellenistico e avvalorano una datazione al terzo quarto del I sec. a.C. per l esemplare, periodo che coincide con l apice della produzione di questi arredi. Con una cronologia ancora nel I sec. a.C. concorda la resa del panneggio, a rilievo molto basso, come si osserva dopo il secondo quarto del I sec. a.C., con alcune pieghe rese in negativo, elemento tipico anche delle terrecotte campana90. Nonostante l esiguità delle parti conservate di chiome e tronchi, anch essi mostrano una delicata modellazione che tende a differenziarne i piani e in alcuni casi a dissolverne i contorni, come si osserva nelle opere della tarda età repubblicana e della prima età augustea, MORIGI 2003, p. 98. Per il collegamento tra questi monumenti e tali forme di conserve d’acqua, che giustifica la loro maggiore diffusione anteriormente all’età augustea, GOLDA 1994, p. 19. 89 FUCHS 1959, p. 55; ZAGDOUN 1989, p. 23 ss., 166. 90 FUCHS 1959, p. 54; CAIN 1985, p. 130, s. cat. 73, per quelli dell’età cesariana e primoaugustea. 88 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 28 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 ad esempio sui puteali a Newby Hall91 e a Roma, Musei Vaticani, datati alla prima età augustea92. Rispetto all ara di Pozzuoli, il puteale di Spoleto è forse di poco successivo per la maggiore schematizzazione del modellato, ma è comunque ad essa correlato dall appartenenza alla stessa fase cronologica e per l utilizzo di prototipi, forse disegnativi, comuni o interdipendenti. Su entrambi le figure arcaistiche e classicistiche sono inserite in un contesto che denota non soltanto il gusto per una ambientazione naturalistica, con alberi o altari di rocce, assente nella corrente arcaizzante, ma anche un richiamo a motivi simbolici espressi attraverso le essenze arboree. D. Grassinger ha messo in evidenza come sia possibile associare produzioni di carattere decorativo riconducibili alla stessa bottega soprattutto sulla base di caratteristiche tipologiche, ad esempio le sequenze dei kymatia delle cornici, poiché il gusto eclettico porta ad utilizzare in maniera eterogenea gli stessi modelli per un lungo arco di tempo e su diversi prodotti93. Le coincidenze tra il puteale spoletino e l ara di Pozzuoli interessano anche i dettagli minori dei panneggi e degli attributi nella composizione, derivata almeno in parte dallo stesso modello o cartone . O. Dräger evidenziava delle coincidenze nella resa delle cornici tra l ara da Pozzuoli e il puteale proveniente da via della Travicella, datato tra l età cesariana e il primo periodo augusteo, che tuttavia manifesta un maggior dinamismo nella composizione del fregio, con l assenza di figure di gusto arcaistico e un ambientazione paesistica, composta da alberi, altari e GOLDA 1997, p. 88 ss., cat. 27, tav. 62. GOLDA 1997, pp. 98-99, cat. 44, tav. 63. Cfr. anche l’esemplare da Capri, GOLDA 1997, p. 87, cat. 24, tav. 65, datato in età tardo-augustea, tiberiana, ma di cui lo studioso tende a rialzare la cronologia all’età augustea. 93 GOLDA 1997, p. 21 ss. 91 92 29 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto santuari agresti con i loro idoli e offerte, che richiama il gusto ellenistico. ‚ffini a questi esemplari per la lavorazione delle cornici e per l adozione di alcuni schemi iconografici comuni sono anche il puteale di Terracina e quello di M. Barbatius Pollio. Le figure, di gusto manierato e con le linee di contorno irrigidite, trovano un parallelo nel puteale con rilievo deliaco del Museo Nazionale Romano, realizzato in marmo lunense e datato nella seconda metà del I sec. a.C.94. Le coincidenze di carattere iconografico e stilistico, oltre che la datazione, potrebbero suggerire l attribuzione dell ara di Puteoli e del puteale di Spoleto alla stessa officina, sebbene la circolazione di cartoni , calchi in gesso e matrici abbia favorito certamente l adesione agli stessi modelli di riferimento in diverse botteghe. Non vi sono invece sufficienti elementi per associarle ad altre opere citate, come prodotti della medesima officina, ma piuttosto appaiono il risultato di una comune temperie stilistica e del gusto eclettico, permeato di classicismo e di tendenze arcaizzanti, della fine dell età repubblicana e del primo periodo augusteo. Il marmo pentelico non necessariamente è determinante per considerarli importati dalla Grecia, poiché esistevano atelier attivi in Italia che lo utilizzavano per sculture decorative in un epoca in cui non erano ancora attive le cave di Luni95. I due esemplari potrebbero infatti essere attribuiti anche ad una bottega urbana che esporta i suoi prodotti in area umbra e flegrea, oppure ad un officina localizzata in quest ultima regione, ove la presenza di ville dell aristocrazia e residenze imperiali favorì non solo l arrivo di opere V. nota 20. Sul problema della attribuzione di molti oggetti decorativi tardo-repubblicani alla produzione attica o piuttosto a quella di botteghe ‘neoattiche’ impiantate a Roma che continuano a lavorare anche in età augustea, FUCHS 1959, p. 171 ss. 94 95 https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 30 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 realizzate a Roma ma, già a partire dall età augustea e fin nel II sec. d.C. 96, l attività in loco di scultori e copisti ateniesi con il loro repertorio di modelli. Come documentano i dati archeologici ed epigrafici, l officina del vicus Lartidianus è un esempio dell attività artistica insediata sul litorale di Puteoli, ma con un ampia rete di contatti, che nel caso specifico, per quanto riguarda l origine del nome del vicus, riporta alla gens Lartidia97, per la quale le attestazioni epigrafiche rimandano proprio all Umbria. Si è ipotizzato che questa bottega di scultori, legata alla committenza imperiale, abbia svolto un ruolo rilevante nella produzione e nel commercio di opere che prendevano come modello originali greci del V secolo a.C., contribuendo alla formazione e alla diffusione di un repertorio ispirato a modelli classici nell arte di epoca romana. BIBLIOGRAFIA Add.2 : TH. Carpenter, Beazley Addenda. Additional References to ABV, ARV2 and Paralipomena, Oxford University Press, Oxford 1989. AGNOLI 2002: N. Agnoli, Museo Archeologico Nazionale di Palestrina. Le sculture, "L Erma" di ‛retschneider, Roma . AKTSELI 1996: D. 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Spoleto, Museo Archeologico. Frammenti della cornice superiore e chioma di un albero, forse di alloro (Foto L. Di Blasi). 41 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 4. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento della cornice superiore (Foto L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 42 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 5. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento con lembo di panneggio (Foto L. Di Blasi). 43 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 6. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento con una mano che tiene una fiaccola o il fusto di un tirso (Foto L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 44 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 7. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento con una mano che porge un cesto con frutti (Foto L. Di Blasi). 45 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 8. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammenti con mano che tiene una siringa e lembo di panneggio (Foto L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 46 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 9. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammenti con zampe caprine (Foto L. Di Blasi). 47 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 10. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento con albero di alloro su cui si appoggia una pianta rampicante, forse una vite (Foto L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 48 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 11. Puteale dal teatro romano di Spoleto. Spoleto, Museo Archeologico. Frammento con panneggio? (Foto L. Di Blasi). 49 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 12. Restituzione grafica dello sviluppo della decorazione; scontornati di blu i frammenti per i quali non è certa la collocazione nello sviluppo del fregio (Disegno L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 50 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 13. A. Dionysos tipo Cain 2; B. ‛accante del tipo Cain C. Sileno del tipo Cain 15a; D. Sileno del tipo Cain 15c; E. Sileno; F. Menade del tipo Golda 2e; G. Menade del tipo Hauser 10; H. Menade del tipo Hauser 31; I. Pan del tipo Cain 5 (Foto da Cain 1985 e Golda 1997). 51 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 14. Ara dal Rione Terra di Pozzuoli. Baia, Museo Archeologico dei Campi Flegrei inv. 315469. Dionysos e una Menade davanti all altare Foto L. Di ‛lasi . https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 52 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 15. Ara dal Rione Terra di Pozzuoli. Baia, Museo Archeologico dei Campi Flegrei inv. 315469. Dionysos e una Menade davanti all altare Foto L. Di ‛lasi . 53 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 16. Ara dal Rione Terra di Pozzuoli. Baia, Museo Archeologico dei Campi Flegrei inv. 315469. Menade (Foto L. Di Blasi). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 54 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 17. Ara dal Rione Terra di Pozzuoli. Baia, Museo Archeologico dei Campi Flegrei inv. 315469. Sileno (Foto L. Di Blasi). 55 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 18. Puteale da Roma, Via della Travicella. Roma, Centrale Montemartini, Sala Macchine, inv. 2421 (Foto D-DAI-ROM 42.1.201). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 56 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 19. Puteale da Roma, Via della Travicella. Roma, Centrale Montemartini, Sala Macchine, inv. 2421 (Foto D-DAI-ROM 42.1.203). 57 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 20. Puteale da Terracina. Terracina, Museo Archeologico inv. 60 (Foto D-DAI-ROM 29.2.35). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 58 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 21. Puteale da Terracina. Terracina, Museo Archeologico inv. 60 (Foto D-DAI-ROM 29.2.37). 59 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 22. Rilievo da Aydin/Tralles. Istanbul, Museo Archeologico (Foto da PERDRIZET 18961897, tav. 11). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 60 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 23. Candelabro. Museo Archeologico Nazionale di Palestrina inv. 140. Dionysos (Foto Musei Capitolini d.07669). 61 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 24. Candelabro. Museo Archeologico Nazionale di Palestrina inv. 140. Baccante (Foto Musei Capitolini d.07668). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 62 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 25. Frammento di cratere di marmo. Roma, Museo Barracco inv. 169 (Foto DDAI-ROM 57.1.387). 63 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 26. Calco di matrice da Pergamo (Foto da HÜBNER 1993, tav. 65). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 64 OTIVM. Archeologia e Cultura del Mondo Antico, Vol.1, 2016, Article 7 Fig. 27. Anfora a punta del Pittore di Copenhagen/Syriskos. London, British Museum E 350 (Foto da CVA London, British Museum 3, III.I c, 1927, tav. 18). 65 G. Rocco. Un puteale con soggetti dionisiaci dal teatro di Spoleto Fig. 28. Anfora del Pittore dei Niobidi. Würzburg, Martin von Wagner Museum inv. H 4533 (Foto da CVA Würzburg 2, 1981, tav. 14, 1-2). https://www.otium.unipg.it/otium/article/view/7 66 OTIVM. 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