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Palazzo Antonini

Coordinate: 46°03′59″N 13°14′01″E
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Palazzo Antonini
Palazzo Antonini a Udine
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneFriuli-Venezia Giulia
LocalitàUdine
Indirizzovia Gemona
Coordinate46°03′59″N 13°14′01″E
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1556 - ?
Stilepalladianesimo
UsoUniversità degli studi di Udine
Realizzazione
ArchitettoAndrea Palladio
ProprietarioUniversità degli studi di Udine
CommittenteFloriano Antonini

Palazzo Antonini a Udine è una residenza urbana progettata dall'architetto Andrea Palladio alla metà del XVI secolo per la famiglia Antonini, proprietaria di vari altri palazzi in città.[1]

Palazzo Antonini, pianta (Ottavio Bertotti Scamozzi, 1781)

L'inizio della sua costruzione viene fatto tradizionalmente risalire al 1556, in concomitanza con la costruzione dell'arco Bollani, altra opera di Palladio a Udine.[1]

Palazzo Antonini, sezione (Ottavio Bertotti Scamozzi, 1781)
Dettaglio della facciata
Scorcio del giardino

Il committente è Floriano Antonini, giovane e ambizioso esponente di una delle famiglie più in vista dell'aristocrazia udinese che, desideroso di riscoprire una tradizione erudita, fece coniare una medaglia di fondazione del palazzo, probabilmente per dimostrare che il gusto sofisticato non era patrimonio esclusivo dei circoli aristocratici della capitale della Serenissima, Venezia. Nel 1559 il palazzo è già parzialmente abitabile, ma nel 1563 il cantiere risulta ancora in attività.[1]

Il progetto di Palladio

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Il progetto apre la sezione del trattato di Palladio I quattro libri dell'architettura (1570) dedicata ai palazzi di città, anche se, come già villa Pisani a Montagnana o villa Cornaro a Piombino, palazzo Antonini è un edificio ambivalente, benché di segno opposto: è infatti un palazzo urbano con tipologia di villa suburbana. Del resto va considerato che sorgeva ai margini del centro urbano, in un'area aperta con giardini, come palazzo Chiericati o palazzo Civena a Vicenza. Il disegno delle facciate è affascinante. In particolar modo quella sulla strada, con semicolonne ioniche ottenute da rocchi di pietra che preannunziano quelle di villa Serego a Santa Sofia, costituisce una vera eccezione nella poetica palladiana. Per altro, una fitta trama di forature rende la loggia sulla strada una sorta di diaframma trasparente alla luce. L'intero edificio è come serrato da fasce continue di pietra, dal basamento delle semicolonne alla trabeazione, sino alla fascia corrispondente al fregio superiore dove si aprivano le piccole finestre senza cornice del granaio.[1]

Eventi successivi

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Nel Seicento almeno due campagne di lavori modificarono pesantemente l'aspetto dell'edificio, arrivando a sostituire tutte le finestre, tranne quella sulla destra della loggia nel prospetto posteriore, e le scale interne.

Nel 1709 Martino Fischer realizzò gli apparati decorativi, mentre più tardi Luigi Zandomeneghi realizzò gli stucchi; in questo modo si contribuisce a snaturare definitivamente gli interni palladiani. In sostanza, ciò che rimase del progetto palladiano sono la planimetria (a meno delle scale) e la volumetria generale dell'edificio, le logge anteriori e posteriori (di cui però non vennero realizzati i frontoni) e gli elementi della "sala a quattro colonne".[1]

Nel 1866, con l'annessione del Friuli all'Italia, viene piantata nel giardino una sequoia californiana ancora vivente. Nel 1867, Pietro Quaglia riprogetta il giardino che si affaccia su Piazzale Primo Maggio.

Dagli anni Trenta del Novecento fino a dicembre 2009 il palazzo fu sede della filiale della Banca d'Italia.[2]

Nel 2018 il palazzo è stato acquistato dal professor Attilio Maseri, e da lui donato all'Università degli Studi di Udine. A seguito della donazione il palazzo è stato ribattezzato Palazzo Antonini-Maseri[3].

  1. ^ a b c d e Palazzo Antonini, in Mediateca, Palladio Museum.
  2. ^ Palazzo Antonini, su bancaditalia.it. URL consultato il 1º marzo 2018.
  3. ^ Palazzo Antonini, il “Palazzo Palladio”, sarà di proprietà dell'Università di Udine, su qui.uniud.it. URL consultato il 22 aprile 2021.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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