Books by Stefano Bartolini
Settegiorni, 2015
Oggi della mezzadria è rimasta un'eredità culturale, paesaggistica ed economica variegata insieme... more Oggi della mezzadria è rimasta un'eredità culturale, paesaggistica ed economica variegata insieme ad una memoria diffusa, a tratti mitizzata e nostalgica. Per secoli la famiglia mezzadrile insediata sul podere era stata una caratteristica del territorio. Intorno ad essa si era consolidata un'etica del fare ed una cultura materiale.
All'inizio del '900 profondi fermenti di rinnovamento ed attivismo iniziarono a percorrere le campagne, dando vita al movimento mezzadrile. Un fenomeno quasi sconosciuto prima di allora, che esplose nel secondo dopoguerra in seguito alle esperienze fatte con la Resistenza e con il nuovo quadro costituzionale nato con la Repubblica, e che si incontrò con uno sviluppo tecnologico senza precedenti.
L'esperienza storica dei mezzadri si è così trovata al crocevia tra la modernizzazione dell'agricoltura e la costruzione della democrazia, dando il proprio contributo fino all'esodo dalle campagne.
Il volume ripercorre le trasformazioni dell'agricoltura pistoiese e le tappe della fuga dalle campagne, ricostruendo la storia del movimento mezzadrile nel corso del secolo, dalle prime leghe contadine alle grandi strutture sindacali fino alla nascita delle cooperative ed al tentativo di imprimere una diversa linea allo sviluppo dell'agricoltura e dell'Italia, basandosi su fonti inedite, come l'archivio della Federmezzadri pistoiese.
Il lavoro è completato da una ricerca di storia orale, che indaga attraverso le testimonianze dei mezzadri i nodi problematici della memoria di queste vicende.
Stefano Bartolini, è curatore dell'archivio storico della Camera del Lavoro di Pistoia per conto della Fondazione Valore Lavoro. Ha pubblicato: Una passione violenta. Storia dello squadrismo fascista a Pistoia 1919-1923, Fascismo antislavo. Il tentativo di “bonifica etnica” al confine nord orientale, Vivere nel call center, in La lotta perfetta. 102 giorni all'Answers.
Francesca Perugi, è ricercatrice presso l'Istituto storico della Resistenza e dell'eta contemporanea. Ha curato il volume Sulle tracce della memoria. Percorsi pistoiesi nei luoghi della guerra.
Edizioni del Comune di Pistoia, 2011
ISRPt editore, 2006
La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnova... more La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale "giorno del ricordo" al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale» Così recita l'Art. 1 della legge 30 marzo 2004 N° 92. Una legge che ha senz'altro il merito di decretare la fine di una lunga epoca di silenzi e omissioni da parte dello Stato, il quale, per ragioni squisitamente politiche, stese un velo di oblio sui tragici fatti sopra menzionati, restituendo dignità alla memoria delle vittime e di tutti coloro che patirono per quei tragici eventi. Una legge che però manca, ancora una volta, di riconoscere le responsabilità italiane nel dramma del confine giuliano, limitandosi e rimandare ad una innocua e fumosa «complessa vicenda del confine orientale», secondo una linea da sempre seguita da tutta la classe dirigente del nostro paese e da tutti i suoi governi, impregnata di vittimismo ed intenta a rimuovere dalla memoria pubblica le macchie del nostro passato, dipingendo gli italiani come un popolo di "brava gente", mai protagonisti di crimini efferati ma solo vittime.
Papers by Stefano Bartolini
Studi e saggi, 2024
La scrittura narrativa è una delle attività umane che più riesce a cogliere lo spirito di un temp... more La scrittura narrativa è una delle attività umane che più riesce a cogliere lo spirito di un tempo, i suoi conflitti e contraddizioni, e dove la biografia, la memoria, la testimonianza e l'ascolto si fondono in un unico intreccio. Il lavoro, quell'aspetto centrale della vita umana, sia che lo si declini come saper fare che come fatica, da sempre dà origine a contenuti di tipo letterario capaci di raccontarlo, anche se a lungo tramandati in forme orali-canti, filastrocche, proverbi, poesie-prima che la progressiva appropriazione dell'arte dello scrivere da parte delle classi lavoratrici ne stabilizzasse la parola anche sulla carta. Un ambito che viene anche declinato come di cultura 'popolare' dove tuttavia tra i due termini, il lavoro e il popolare, non sussiste divisione ma identità, ancor più che sovrapposizione, e da cui nel corso del tempo è scaturita una produzione formalizzata, che si rinnova incessantemente e che vanta già una lunga storia dove il racconto è anche presenza, indagine, denuncia. Basti ricordare alcuni titoli da quella che viene chiamata la 'letteratura industriale' 1 : Ottiero Ottieri, Donnaruma all'assalto; Paolo Volponi, Memoriale; Luciano Bianciardi, La vita agra, Tommaso Di Ciaula, Tuta blu. In questo contributo proverò ad esaminare alcune opere uscite all'incirca nell'ultimo decennio e realizzate da penne italiane che parlano del lavoro 1 Per un utile per una panoramica ed un'antologia della produzione italiana di 'letteratura industriale', ma con un punto di vista che si avvicina più alla storia d'impresa che alla storia del lavoro, vedi Fabbrica di carta (Bigatti e Lupo 2013).
HISTORIA MAGISTRA, 2018
Populism is the term which dominates every political and public discussion nowadays. However, wha... more Populism is the term which dominates every political and public discussion nowadays. However, what does one mean by “populism”? A movement? An ideology? A strategy? A communicative model? A dimension? Is populism something unitary, or is it liable to be divided into the classic political categories of right, centre and left, progressive and reactionary? The questions around this word seem to be endless. Also historical sciences are starting to wonder about this word. Can populism be an historic category, or not? Does a history of populism exist, and, if yes, is it a history of political movements or a history of ideas? This contribution tries to reconstruct the origin and the development of the studies of populism, the several attempts to categorize them made in the course of time by human and social sciences, and their links to the different historical periods in which they were produced, trying to arrange a discussion which is more open than ever.
Diacronie: Studi di Storia Contemporanea, 2021
Diritti: gli articoli di Diacronie. Studi di Storia Contemporanea sono pubblicati sotto licenza C... more Diritti: gli articoli di Diacronie. Studi di Storia Contemporanea sono pubblicati sotto licenza Creative Commons 3.0. Possono essere riprodotti e modificati a patto di indicare eventuali modifiche dei contenuti, di riconoscere la paternità dell'opera e di condividerla allo stesso modo. La citazione di estratti è comunque sempre autorizzata, nei limiti previsti dalla legge. Costruire la storia, mattoncino su mattoncino. La "Public Brickstory": i lego come strumento per raccontare la storia
HISTORIA MAGISTRA, 2017
In December 2016, a group of young activists and scholars - Stefano Bartolini, Michelangelo Di Gi... more In December 2016, a group of young activists and scholars - Stefano Bartolini, Michelangelo Di Giacomo, Paolo Gerbaudo, Samuele Mazzolini, Tommaso Nencioni, Stefano Poggi - created a "Manifesto for a Democratic Populism", a few days after the victory of Trump, inaugurated the online platform www.senso-comune.it and started a "Giro d’Italia" discussion on the topics of the document. In this article two of the authors of the Manifesto reflect on the political, social and cultural climate in which they enter their initiative. The thesis, based on the lesson of Ernesto Laclau, is that there is no populist ideology defined as such. There are instead "populist moments" that open up in the acute economic and institutional crisis. Getting on the ground of populism thus means fighting the hegemony, now escaped from the hands of neoliberal oligarchies, of reactionary projects, to reconstruct the bond between democracy and conflict.
Un altro 1969? Periferie, centro e storia d'Italia fabrizio loreto Nell'ultimo ventennio la ricer... more Un altro 1969? Periferie, centro e storia d'Italia fabrizio loreto Nell'ultimo ventennio la ricerca storica ha permesso di ampliare e consolidare la conoscenza degli avvenimenti che si verificarono nel corso del 1969, un anno molto importante nella storia italiana (e non solo), le cui vicende modificarono in profondità non solo il panorama delle relazioni industriali ma anche le dinamiche economiche, gli equilibri sociali e politici, la mentalità collettiva. Fu soprattutto in occasione del trentennale, sul finire del Novecento, che alcuni storici iniziarono a indagare in modo più compiuto e organico le cause, gli sviluppi e gli esiti di quella stagione così rilevante dell'epoca repubblicana 1. Fino ad allora non erano mancati significativi contributi sul tema, a partire dal corposo studio di taglio sociologico, coordinato da Alessandro Pizzorno, apparso in sei volumi negli anni Settanta e dedicato ad analizzare l'imponente ciclo di lotte operaie e sindacali del 1968-72, con un'attenzione particolare rivolta al contesto lombardo e ai diversi settori della metalmeccanica (automobile, elettrodo-1. Si vedano, ad esempio, i saggi pubblicati nei due numeri monografici che
Farestoria, 2019
Intervista collettiva sul 1968 e gli anni Settanta nel pistoiese
Officina della storia , 2020
Le attività della Fondazione Valore Lavoro L'esplodere dell'attenzione in Italia intorno alla Pub... more Le attività della Fondazione Valore Lavoro L'esplodere dell'attenzione in Italia intorno alla Public history ha fornito una cornice dentro alla quale inserire innumerevoli attività, offrendo molteplici spunti di riflessione sulla natura, l'utilità, la metodologia e il fine di una maniera di "fare storia" diffusa ma ancora percepita come poco convenzionale dagli addetti ai lavori, nonostante sia quella che più frequentemente incontra il "pubblico". Questioni deontologiche, prassi operative, buone pratiche espositive e narrative, connessioni con il mondo della ricerca, uso di molteplici fonti-dagli oggetti ai documenti alle fotografie alle interviste orali-e rapporto con il pubblico, natura democratica e "partecipativa" della Public history, tematiche dell'autorialità, abusi della storia e l'infinita discussione sulla Historia magistra vitae, per fare una rapida carrellata, sono state e sono a tutt'oggi le questioni aperte sulle quali siamo chiamati a ragionare e intorno alle quali si dipana il nostro modo di fare storia in pubblico e con il pubblico, che è poi uno degli elementi più profondi sollecitati dalla Public history[2]. Quest'ultima circostanza significa in primo luogo accettare una negoziazione costante con la memoria. La Public history porta con sé un'istanza democratica di partecipazione e inclusione nel processo del "fare storia", non solo nel passaggio dal semplice ricordo del passato alla storiadalla memoria-ripetizione alla memoria-ricostruzione[3]-ma anche, ed in particolare, nel trasformare il pubblico da consumatore a coautore di storia. Un tema costitutivo dell'Oral history[4] così come della Public history, che anzi proprio nella storia orale affonda alcune delle sue radici, chiamando in causa quella che Michael Frisch ha chiamato la shared autorithy[5]. Al di là delle suggestioni più "militanti" lanciate a suo tempo dalla People's history sviluppata da Raphael Samuel e dall' History Workshop Journal con le sue istanze per una "storia dal basso"[6], attraverso le pratiche "partecipative" la storia può diventare un "bene comune", non più una narrazione alta ed esterna ma la risposta a una domanda sociale, rimettendo in primo piano la funzione sociale dello studioso, che scatena processi di recupero di una memoria finalizzata alla restituzione di una storia patrimonio della comunità, ancorché "immaginata"[7]. Un approccio che ci porta lontani dalla mera ricerca di forme comunicative efficaci e cool della storia, dalla pura divulgazione, per arrivare più vicini ad una sorta di community history, la cui genealogia può essere fatta risalire di nuovo alla People's history[8] ma evocata in qualche modo
Clionet, 2019
Labour Public History. Tracciare una rotta rivista.clionet.it/vol3/societa-e-cultura/lavoro/barto... more Labour Public History. Tracciare una rotta rivista.clionet.it/vol3/societa-e-cultura/lavoro/bartolini-labour-public-history-tracciare-una-rotta 2/19 l3/societa-e-cultura/lavoro/bartolini-labour-public-history-tracciare-una-rotta. Ultimo accesso 26-01-2020.
Diacronie, 2021
Nel contributo, dopo aver delineato come l’azienda LEGO ha rappresentato nei propri sets i temi s... more Nel contributo, dopo aver delineato come l’azienda LEGO ha rappresentato nei propri sets i temi storici e militari, esamineremo anzitutto il fenomeno socioculturale della “Lego History”, ovvero gli
appassionati lego che si dedicano a soggetti e a costruzioni a tema storico. Secondariamente, discuteremo alcuni possibili impieghi dei lego – in quanto “media” con una forte presa sul pubblico – ai fini della Public History, trattandone le problematicità, le metodologie e gli obbiettivi, e presentando alcuni progetti avviati all’estero. Infine, illustreremo il nostro progetto, Italian BrickHistory, un sito web che si propone come punto di incontro tra i “lego historical builders”, gli appassionati, gli storici e gli operatori culturali impegnati nella Public History attraverso i lego.
Report sulle attività archivistiche, culturali e di ricerca storica della FVL
Quaderni di Farestoria, 2018
Farestoria, 2019
Il fascicolo affronta il periodo storico compreso tra il 1968 e gli anni Settanta e mira a indaga... more Il fascicolo affronta il periodo storico compreso tra il 1968 e gli anni Settanta e mira a indagare come quegli anni incisero sulla cultura politica, sociale e religiosa degli italiani, con effetti visibili ancora oggi sulla società. Il numero si inserisce quindi nel dibattito storiografico sul tema del “lungo Sessantotto”, senza dare per scontato che quanto avvenne in Italia negli anni Settanta possa definirsi una diretta conseguenza delle proteste scoppiate in quell’anno. I contributi mettono in luce il cambiamento, in particolare sociale e culturale, che l’Italia affrontò alla fine degli anni Sessanta e nel decennio successivo.
Erodoto 108, 2014
Forse è la celebrazione della Resistenza più peculiare che si svolga in Italia. Transnazionale, e... more Forse è la celebrazione della Resistenza più peculiare che si svolga in Italia. Transnazionale, e un po' sospesa in un tempo tutto suo. A Basovizza, nei dintorni di Trieste, a una manciata di metri dal connne con la Slovenia, tutti gli anni all'inizio di settembre si svolge questo rito che è al tempo stesso una pratica di memoria e un'aaermazione forte di identità.
Negli ultimi anni in Italia abbiamo letteralmente assistito all'esplosione del fenomeno della Pub... more Negli ultimi anni in Italia abbiamo letteralmente assistito all'esplosione del fenomeno della Public history, con la nascita di un'associazione dedicata, l'AIPH, che ha dato vita dal 2017 a oggi a tre conferenze nazionali, capaci di mettere in mostra la ricchezza di esperienze presenti nel nostro paese in tutte le branche della disciplina storica. Questo successo si spiega anche con la circostanza che l'arrivo nella penisola del concetto di Public history-elaborato negli Stati Uniti fin dagli anni Settanta-ha risposto all'esigenza diffusa di dare un nome alle tante pratiche già poste in essere de facto dagli storici italiani e da un variegato universo di enti, musei, associazioni, fondazioni, biblioteche e archivi, che finalmente trovavano un contenitore concettuale capace sia di racchiuderle che di elevarle a una dignità che fino a quel momento faticavano a conquistare. Il "riconoscimento" ha poi stimolato, come era prevedibile, un effervescente dibattito che sta contribuendo a mettere a fuoco le specificità della Public history e la molteplicità di declinazioni che può assumere. La storia del lavoro non è stata assente dalla scena, ma nemmeno presente in maniera proporzionale alla sua effettiva consistenza. Nelle tre conferenze dell'AIPH infatti la storia del lavoro è stata partecipe con un panel promosso da un gruppo di archivi della CGIL, in altri sei sotto forma di singole relazioni e con un poster sugli archivi di mestiere, a cui si aggiungono una tavola rotonda e una relazione sul movimento cooperativistico nonché-ma con un focus diverso-un panel e una relazione sui musei d'impresa. Momenti in cui sono stati illustrati progetti e prodotti importanti nati negli ultimi anni, dal documentario Il polline e la ruggine al blog La CGIL nel Novecento, alle attività dell'Archivio del Lavoro e della Fondazione Valore Lavoro. Tuttavia la storia del lavoro può vantare un'articolazione molto più ampia, fatta da un arcipelago di musei, archivi e iniziative disparate. Potendone qui richiamare solo alcune, senza nessuna pretesa di esaustività, basti pensare all'organizzazione a Venezia del seminario Ascoltare il lavoro, giunto alla sua decima edizione, dalla chiara implicazione Public, alla realizzazione di un libro collettivo come Meccanoscritto (Alegre 2017), felice combinazione di letteratura, storia e lavoratori, alle attività dei numerosi archivi sindacali (in particolare quelli della CGIL) sparsi sul territorio, all'attenzione dedicata al tema dalla rivista Clionet, dichiaratamente di impostazione Public, fino all'organizzazione del primo Festival della storia del lavoro a Lecce. Quello che manca non sono quindi le pratiche e le esperienze, ma la concettualizzazione, anche in Italia, di una declinazione della storia del lavoro come storia pubblica capace di attivare una maggior consapevolezza in questo senso. Una mancanza che risalta ancor di più
Oral History, 2017
Stefano Bartolini, researcher at the Fondazione Valore Lavoro – a cultural research institute – i... more Stefano Bartolini, researcher at the Fondazione Valore Lavoro – a cultural research institute – introduces an oral history project in Pistoia, Tuscany, that he is undertaking together with Giovanni Contini.
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Books by Stefano Bartolini
All'inizio del '900 profondi fermenti di rinnovamento ed attivismo iniziarono a percorrere le campagne, dando vita al movimento mezzadrile. Un fenomeno quasi sconosciuto prima di allora, che esplose nel secondo dopoguerra in seguito alle esperienze fatte con la Resistenza e con il nuovo quadro costituzionale nato con la Repubblica, e che si incontrò con uno sviluppo tecnologico senza precedenti.
L'esperienza storica dei mezzadri si è così trovata al crocevia tra la modernizzazione dell'agricoltura e la costruzione della democrazia, dando il proprio contributo fino all'esodo dalle campagne.
Il volume ripercorre le trasformazioni dell'agricoltura pistoiese e le tappe della fuga dalle campagne, ricostruendo la storia del movimento mezzadrile nel corso del secolo, dalle prime leghe contadine alle grandi strutture sindacali fino alla nascita delle cooperative ed al tentativo di imprimere una diversa linea allo sviluppo dell'agricoltura e dell'Italia, basandosi su fonti inedite, come l'archivio della Federmezzadri pistoiese.
Il lavoro è completato da una ricerca di storia orale, che indaga attraverso le testimonianze dei mezzadri i nodi problematici della memoria di queste vicende.
Stefano Bartolini, è curatore dell'archivio storico della Camera del Lavoro di Pistoia per conto della Fondazione Valore Lavoro. Ha pubblicato: Una passione violenta. Storia dello squadrismo fascista a Pistoia 1919-1923, Fascismo antislavo. Il tentativo di “bonifica etnica” al confine nord orientale, Vivere nel call center, in La lotta perfetta. 102 giorni all'Answers.
Francesca Perugi, è ricercatrice presso l'Istituto storico della Resistenza e dell'eta contemporanea. Ha curato il volume Sulle tracce della memoria. Percorsi pistoiesi nei luoghi della guerra.
Papers by Stefano Bartolini
appassionati lego che si dedicano a soggetti e a costruzioni a tema storico. Secondariamente, discuteremo alcuni possibili impieghi dei lego – in quanto “media” con una forte presa sul pubblico – ai fini della Public History, trattandone le problematicità, le metodologie e gli obbiettivi, e presentando alcuni progetti avviati all’estero. Infine, illustreremo il nostro progetto, Italian BrickHistory, un sito web che si propone come punto di incontro tra i “lego historical builders”, gli appassionati, gli storici e gli operatori culturali impegnati nella Public History attraverso i lego.
All'inizio del '900 profondi fermenti di rinnovamento ed attivismo iniziarono a percorrere le campagne, dando vita al movimento mezzadrile. Un fenomeno quasi sconosciuto prima di allora, che esplose nel secondo dopoguerra in seguito alle esperienze fatte con la Resistenza e con il nuovo quadro costituzionale nato con la Repubblica, e che si incontrò con uno sviluppo tecnologico senza precedenti.
L'esperienza storica dei mezzadri si è così trovata al crocevia tra la modernizzazione dell'agricoltura e la costruzione della democrazia, dando il proprio contributo fino all'esodo dalle campagne.
Il volume ripercorre le trasformazioni dell'agricoltura pistoiese e le tappe della fuga dalle campagne, ricostruendo la storia del movimento mezzadrile nel corso del secolo, dalle prime leghe contadine alle grandi strutture sindacali fino alla nascita delle cooperative ed al tentativo di imprimere una diversa linea allo sviluppo dell'agricoltura e dell'Italia, basandosi su fonti inedite, come l'archivio della Federmezzadri pistoiese.
Il lavoro è completato da una ricerca di storia orale, che indaga attraverso le testimonianze dei mezzadri i nodi problematici della memoria di queste vicende.
Stefano Bartolini, è curatore dell'archivio storico della Camera del Lavoro di Pistoia per conto della Fondazione Valore Lavoro. Ha pubblicato: Una passione violenta. Storia dello squadrismo fascista a Pistoia 1919-1923, Fascismo antislavo. Il tentativo di “bonifica etnica” al confine nord orientale, Vivere nel call center, in La lotta perfetta. 102 giorni all'Answers.
Francesca Perugi, è ricercatrice presso l'Istituto storico della Resistenza e dell'eta contemporanea. Ha curato il volume Sulle tracce della memoria. Percorsi pistoiesi nei luoghi della guerra.
appassionati lego che si dedicano a soggetti e a costruzioni a tema storico. Secondariamente, discuteremo alcuni possibili impieghi dei lego – in quanto “media” con una forte presa sul pubblico – ai fini della Public History, trattandone le problematicità, le metodologie e gli obbiettivi, e presentando alcuni progetti avviati all’estero. Infine, illustreremo il nostro progetto, Italian BrickHistory, un sito web che si propone come punto di incontro tra i “lego historical builders”, gli appassionati, gli storici e gli operatori culturali impegnati nella Public History attraverso i lego.
portato di ambiguità che si tira dietro e che non può mai del tutto essere eliminato. Al tempo
stesso però li stuzzica con la sua forza, da una parte in quanto fonte, dall’altra per le vastissime
possibilità che apre nel campo della scrittura storica – la storiografia – così come nell’ampio
paesaggio di pratiche che oggi definiamo di public history.
I temi e le linee di ricerca di particolare interesse sono i seguenti.
1. Come la storia orale consente di studiare:
- i sistemi di produzione e la costruzione del sindacato
- i rapporti di genere e/o generazionali nei luoghi di lavoro e all’interno di comunità di lavoratori
- il lavoro e la costruzione/acquisizione dei saperi e della conoscenza
- il lavoro e il territorio: le tre italie e le “periferie” produttive
- le ristrutturazioni, le crisi, la deindustrializzazione: lavoratori e lavoratrici di fronte alle trasformazioni dall’alto
- i nuovi lavori (gig economy, piattaforme, logistica, telelavoro e smart working).
2. Come le pratiche dell’oralità sono entrate ed entrano:
- nelle relazioni di lavoro e negli spazi di socializzazione tra lavoratori
- nell’organizzazione e nel conflitto: l’assemblea, il comizio, il congresso, la contrattazione, lo sciopero come ambiti della parola detta, ricordata, trascritta
- nella definizione delle identità e nella trasmissione della memoria dei “mondi del lavoro” sia del passato sia contemporanei.
L’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea di Pistoia ha deciso di riprendere, nel corso del 2019, le pubblicazioni della propria rivista, Farestoria, recuperando la tradizione del precedente omonimo periodico pubblicato dal 1981 al 1998 e lanciando una nuova serie che andrà a sostituire i Quaderni di Farestoria, usciti dal 1999 al 2018. La scelta è l’esito di un processo di rinnovamento interno all’Istituto e nella Redazione della rivista, che con l’occasione diventerà anche semestrale.
Per rimarcare la novità la Redazione ha scelto di lanciare una Call for paper per il primo numero, la cui uscita è prevista per luglio 2019 e che sarà incentrato sul fascismo italiano, stante la ricorrenza del centenario della fondazione dei Fasci di combattimento nel 1919.
Il tema individuato è quello della violenza, nella duplice accezione di violenza fascista e di violenza nel fascismo. Un aspetto che negli ultimi anni ha catturato un rinnovato interesse da parte degli studiosi e del quale la rivista si propone di presentare una rassegna.
Ereditata, praticata, celebrata, esaltata, teorizzata, osannata, raccontata, mitizzata ed infine negata, la violenza sta alle origini del fascismo stesso, quando lo squadrismo ne fece in maniera inedita uno strumento e un linguaggio politico dirompente. Lungo tutto l’arco dell’esperienza storica del movimento mussoliniano, da piazza San Sepolcro al crepuscolo della RSI, la violenza è stata un elemento centrale, declinato in forme diverse e rinnovatosi più volte, tanto dell’ideologia che della prassi politica del fascismo, sia come movimento politico che come Stato.
Quali e quante furono le sue forme specifiche, gli ambiti di azione e le sue declinazioni in epoca fascista? Quali equilibri si realizzarono storicamente fra gli obiettivi politici ricercati attraverso la violenza e la propensione connaturata dei fascisti e del fascismo al suo esercizio? Vi furono dei picchi temporali o settoriali nella concentrazione della violenza? Che bilancio storiografico possiamo trarre oggi dalle ricerche in merito?
Le linee di ricerca suggerite sono:
- La rappresentazione della violenza nella pubblicistica, nel discorso pubblico e nei linguaggi visuali come la fotografia, il cinema, il teatro, i monumenti ecc.
- La violenza nel sistema educativo e nella costruzione del consenso
- La violenza in prospettiva di genere
- La violenza come strumento di controllo politico e sociale
- La violenza come arma di politica interna
- La violenza come arma di politica estera
- La violenza nello spazio coloniale e imperiale fascista
- La violenza nazionalista e razzista
- La violenza in guerra
- La violenza nei sistemi di internamento fascisti
- La ritualità e il culto della violenza
Le proposte, di un massimo di 3000 caratteri spazi inclusi più un titolo, dovranno pervenire entro il 10 aprile 2019 insieme a un breve curriculum (2000 caratteri).
Alle persone selezionate sarà data tempestiva comunicazione dell’esito entro una settimana circa, insieme con le norme redazionali. Il lavoro finale, tra i 20 e i 50mila caratteri, dovrà essere consegnato entro il 3 giugno 2019.
Le proposte dovranno essere inviate all’indirizzo mail: [email protected]
570, in maggioranza donne, 494, entravano in assemblea
permanente, “occupando” di fatto l’azienda, per salvare il proprio
impiego e ottenere il pagamento degli arretrati. Un’esperienza che
alla fine durerà ben 102 giorni.
Una vicenda che poneva le premesse per affrontare anche un’altra
duplice sfida: indagare e raccontare una lotta collettiva dell’oggi
ma allo stesso tempo anche il lavoro nel call center, negli ultimi
anni sinonimo di dequalificazione e precarietà, ma raramente letto
oltre gli stereotipi che lo circondano. Il lavoro e il conflitto colti
insieme cioè, dentro a una storia del presente ma permeata
intrinsecamente da elementi di comparazione con il passato, sia
come quadro di riferimento immaginario, sia dal punto di vista
dell’immediato rimando interpretativo, sia, infine, per le
caratteristiche del lavoro in quanto tale.