This paper presents the results of a detailed re-examination of the Paros marble "small temple" a... more This paper presents the results of a detailed re-examination of the Paros marble "small temple" and "godess" that come to light in Garaguso in 1916, as well their attribution to a metapontine workshop.
Se presenta una asa de bronce fragmentada procedente de la necrópolis de El Molar. La identifica... more Se presenta una asa de bronce fragmentada procedente de la necrópolis de El Molar. La identificación tipológica como un tipo particular de asa de jarra de tipo ‘rodio’ permite una serie de reflexiones sobre su forma, su origen en el Mediterráneo oriental y su cronología en la primera mitad del s. VI a.C.
Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, 2015
La prima parte dell’articolo amplia il precedente catalogo dei vasi a figure rosse di produzione ... more La prima parte dell’articolo amplia il precedente catalogo dei vasi a figure rosse di produzione metapontina giunti nei territori interni della Basilicata con quelli rinvenuti o ristudiati negli ultimi decenni ; in totale si contano cosi 23 esemplari, senza considerare gli skyphoi « a civetta » (almeno 15) : 13 appartengono alle officine dei Pittori di Pisticci e di Amykos, 5 al gruppo dei Pittori dell’Anabates, Creusa e Dolone. In seguito, si propone l’analisi sia della distribuzione geografica di tali ceramiche che dei contesti tombali in cui erano inseriti, osservando in primo luogo che si tratta in prevalenza di vasi singoli, perlopiu crateri. Alcune riparazioni antiche indicano che la loro acquisizione e avvenuta in un momento precedente quello della deposizione in tomba : si avanza quindi qualche riflessione a proposito della composizione dei corredi funerari, che mostrano sensibili differenze. In area daunia (Canosa, Lavello) si segnala, infatti, l’inserimento in corredi femminili di altissimo livello, mentre in territorio nord-lucano (Ruvo del Monte, Serra di Vaglio) emerge il probabile significato salvifico delle scene di ratto ; al contrario, i corredi rinvenuti altrove non sono riconducibili a modelli precisi, specie quelli riferibili ai Lucani. In appendice sono infine elencati altri otto vasi rinvenuti a Rivello - Serra la citta, in un contesto culturale diverso da quello della mesogaia, e di cui e necessario approfondire l'inquadramento filologico in relazione al piu generale problema del « Gruppo intermedio ».
1. L'attenzione particolare su questa polis scaturisce naturalmente dall'ormai ben nota tomba del... more 1. L'attenzione particolare su questa polis scaturisce naturalmente dall'ormai ben nota tomba dell'"uovo di Elena" 1 , la cui interpretazione in chiave misterica fonda sulla eccezionalità del corredo, databile nello scorcio finale del V secolo a.C., ma appare rafforzata anche dalla rarissima presenza di un fregio dipinto all'interno della cassa: elemento quest'ultimo da cui prenderò le mosse. Sulla parte alta delle pareti correva un ramo in verde-azzurro da cui si protendono coppie di foglie lunghe e lanceolate dello stesso colore, alternate (in una sequenza non più ricostruibile) a fiori resi "a macchia", ravvivati in rosso cupo; impossibile escludere con assoluta certezza che si tratti di olivo, ma appare più probabile s'intendesse riferirsi all'alloro (Fig. 1). Gioca a favore la possibilità di ricollegarsi direttamente alla serie di alberi ed arbusti "privilegiati"; secondo un "codice" botanico "pitagorico", l'alloro, al pari di quercia, mirto, "cedro" (probabilmente una varietà di ginepro) e cipresso, è infatti compreso nell'elenco di piante considerate inerenti la sfera divina, di cui, secondo Giamblico di Calcide (Vita di Pitagora, XXVIII, p. 154 ss.), era vietato l'uso per scopi comuni o volgari. Tale "codice", cui sembrano far riferimento i rami probabilmente di mirto delle ghirlande raffigurate sulle pareti della seconda tomba (beta) di Derveni 2 , è richiamato anche dal passo di Plinio il Vecchio (NH XXXV 1,60) relativo alle esequie, nel 27 a.C., di Marco Terenzio Varrone, appunto sepolto «pythagorico modo in myrti et oleae atque populi nigrae foliis». L'attribuzione di un forte valore simbolico alle foglie trova peraltro conferma, in un contesto storico e cronologico diverso, nelle due laminette auree iscritte rinvenute a Pélinna (in Tessalia) in una sepoltura femminile della fine del IV secolo a.C. 3 , ritagliate a forma di foglia d'edera, pianta "dionisiaca" per eccellenza 4 (Fig. 2). * Ministero Beni Culturali, già Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata, Toscana e Roma (angelobottini@ libero.it). 1 Bottini 1988, Bottini 1992, pp. 64-85, cui si rimanda per tutti gli aspetti qui accennati. 2 Bottini 1992, p. 136. 3 Bottini 1992, p. 129 ss. La cassa è stata riaperta per collocarvi un vaso in bronzo contenente le ceneri di un bambino; a questa seconda deposizione va riferita una moneta di bronzo di Antigono Gonata, la cui data di ascesa al trono (283 a.C.) costituisce un terminus ante quem non per la manomissione. All'esterno sono state rinvenute due statuette fittili, una delle quali raffigurante una Menade. La donna inumata recava in bocca una piccola moneta d'oro, raffigurante il volto della Gorgone; le due laminette erano invece poste sul petto, in posizione simmetrica: Bernabé, Jiménez San Cristóbal 2008, p. 61 ss. e p. 297: «Dionysiac ivy, the figure of the maenad, and the Orphic text are associated symbolically in this burial». 4 Tzifopoulos 2010, p. 69 ss.; Ferrari 2014.
The study analyses a series of bronze artefacts, mostly containers, found in graves dating back t... more The study analyses a series of bronze artefacts, mostly containers, found in graves dating back to the period ranging from 7th cent. until 3rd cent. B.C. and belonging to the indigenous populations settled in the territory of coeval Basilicata. The main scope of the paper is to draw a distinction, based inter alia on the manufacturing methodologies, among imported items ( from Etruria, Greece and beyond), metallurgical objects produced by colonial poleis (particularly Sybaris and Metapontion) and by some indigenous centers.
Il V sec. a.C, visto di solito come un periodo di crisi nel mondo della Magna Grecia (ma che vede... more Il V sec. a.C, visto di solito come un periodo di crisi nel mondo della Magna Grecia (ma che vede la comparsa delle nuove compagini italiche), si apre con la distruzione di Sibari. Ad essa corrisponde il disfacimento della cultura degli Enotri, gia in crisi per l'ascesa di Metaponto e della gemella Poseidonia, favorevole invece alla crescita delle genti site nel cuore dell'odierna Basilicata. ; Piu ad Oriente, elemento saliente del periodo sono le guerre che contrappongono gli Apuli a Taranto, pur legati (specie della penisola salentina) da un intenso processo di ellenizzazione destinato peraltro a continuare, seppure in forme diverse, nelle fasi seguenti. Il compiersi dell'etnogenesi lucana (presa di Poseidonia), avviatosi proprio in seguito agli avvenimenti precedenti, costituisce il vero momento di svolta di questo secolo, che termina cosi con la nascita della prima entita statuale italica.
Les Cahiers du Centre de recherches historiques, 1989
Ce document a été généré automatiquement le 19 avril 2019. Article L.111-1 du Code de la propriét... more Ce document a été généré automatiquement le 19 avril 2019. Article L.111-1 du Code de la propriété intellectuelle. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Angelo Bottini Dans son livre The Western Greeks, T.J. Dunbabin commentait par ces mots les quelques pages qu'il y consacrait à Métaponte. Il résumait ainsi notre connaissance du monde indigène de la Basilicate et des rapports que ce monde entretenait avec les colons grecs installés sur les côtes de la région. Aujourd'hui encore, rien, dans ces propos, ne peut être tenu pour complètement faux. Mais un quart de siècle de recherches historiques (qui ont débuté avec la création de la « Surintendance archéologique » de Basilicate, en 1964) nous permet désormais, comme on va le voir, d'esquisser une histoire de ces régions à l'époque antique tout à fait différente de celle que retenaient les chercheurs de la génération précédente-surtout pour la période comprise entre le début de la colonisation grecque et l'entrée dans la sphère d'influence romaine, c'est-à-dire entre le VIII e et le III e siècle avant J.-C. Jetons d'abord un coup d'oeil à la géographie. La Basilicate d'aujourd'hui, c'est l'antique Lucanie, à l'exception de presque toute sa bande côtière le long de la Mer tyrrhénienne, qui est actuellement exclue de la Basilicate et fait partie de la Campanie. Elle se présente comme une région avant tout montagneuse, où l'on ne trouve qu'une seule vraie plaine, sur les côtes de la Mer Ionienne. D'autre part, sur le versant oriental, sa bordure de collines correspond à des bandes de territoire apulien (de Daunie ou de Peucétie) limitées en extension, mais historiquement très importantes, et qui ont été rattachées à la Basilicate après l'époque classique. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009 De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009 AUTEUR ANGELO BOTTINI Angelo BOTTINI est directeur des Antiquités archéologiques de Basilicate.The Basilicata is not an attractive or fertile country, though it was perhaps less barren and treeless in Antiquity. It is now one of the poorest regions of Italy. The Greeks very reasonably stayed in their rich plain and left the windy barren mountains to their own people. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009
Melanges De L Ecole Francaise De Rome Antiquite, Jun 15, 2012
Il cratere a calice a f.r. (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) con la rappresentazione d... more Il cratere a calice a f.r. (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) con la rappresentazione della discesa all'Ade, narrata nel libro XI dell'Odissea, è una delle realizzazioni più importanti del P. di Dolone, operante con certezza a Metaponto; oltre la qualità particolarmente elevata, lo segnala la forma stessa, assai poco frequente, e la sostituzione del consueto lato B di genere con una seconda scena di soggetto epico-mitologico, il giudizio di Paride. Ai piedi di Odisseo, assistito da due compagni, in modo analogo a com'è talora raffigurata quella di Orfeo vaticinante, emerge la testa dell'indovino Tiresia, che godeva del privilegio straordinario di continuare ad essere autoconsapevole anche dopo la morte : lo stesso che anche a Pitagora sosteneva di aveva ottenuto e che i suoi adepti speravano di avere a loro volta, allo scopo-come indicano anche alcune laminette auree iscritte-di sfuggire alla reincarnazione. Appare dunque probabile che la scelta di questo particolare soggetto (presente solo su di un altro vaso a f.r., di fabbrica attica) si debba ad un iniziato, quale testimonianza di fede destinata ad essere compresa solo da coloro che la condividevano. Gli scarsissimi dati circa il luogo di rinvenimento, avvenuto verso il 1840 nel territorio di Pisticci, allora molto più vasto di oggi, fino ad includere la stessa Metaponto, non consentono di stabilire se appartenesse, come numerosi altri vasi a f.r. (fra cui anche il cratere eponimo del Pittore), ad un corredo tombale dell'importantissimo insediamento italico o a quello di un greco abitante nella chora. Dal momento che però nelle tombe contemporanee di questi ultimi proprio il cratere è una delle forme meno frequenti, pur essendone testimoniata la presenza in altri contesti, la prima ipotesi appare al momento più probabile. Si osserva tuttavia che questa incertezza non influisce sulla interpretazione proposta, dal momento che la predicazione pitagorica non distingueva volutamente fra Greci e barbari. Metaponto, Pisticci, Tiresia, Pitagora, P. di Dolone, cratere a calice One of the most important Dolon Painter works, definitely active in Metaponto, is the red-figured calyx krater (today at The National Library in Paris) with the descent to the Underworld, mentioned in the XI th Odyssey book. At Odysseus' feet, that is assisted by two of his fellows, emerges the fortune-teller Tiresias' head, who had the extraordinary power of self-consciousness after death : also Pythagoras claimed to have it and his followers hoped to obtain it to avoid reincarnation. Probably this rare subject (known just on another attic red-figured vase) belongs to a initiate. It seems to be a testimony of faith understandable just by who shared it. The discovery dates back to 1840 in Pisticci territory (at that time much wider than now), but the scant finding data do not allow to relate it to the near italic settlement, as many other red-figured vases, or to a Greek inhabitant of the chora. Given that the (well preserved) krater is one of the most unusual shapes known in Metaponto, the first hypothesis seems to be most likely. However, this uncertainty does not influence the suggested interpretation, because Pythagorean preaching does not discern between Greeks and barbarians.
This paper presents the results of a detailed re-examination of the Paros marble "small temple" a... more This paper presents the results of a detailed re-examination of the Paros marble "small temple" and "godess" that come to light in Garaguso in 1916, as well their attribution to a metapontine workshop.
Se presenta una asa de bronce fragmentada procedente de la necrópolis de El Molar. La identifica... more Se presenta una asa de bronce fragmentada procedente de la necrópolis de El Molar. La identificación tipológica como un tipo particular de asa de jarra de tipo ‘rodio’ permite una serie de reflexiones sobre su forma, su origen en el Mediterráneo oriental y su cronología en la primera mitad del s. VI a.C.
Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, 2015
La prima parte dell’articolo amplia il precedente catalogo dei vasi a figure rosse di produzione ... more La prima parte dell’articolo amplia il precedente catalogo dei vasi a figure rosse di produzione metapontina giunti nei territori interni della Basilicata con quelli rinvenuti o ristudiati negli ultimi decenni ; in totale si contano cosi 23 esemplari, senza considerare gli skyphoi « a civetta » (almeno 15) : 13 appartengono alle officine dei Pittori di Pisticci e di Amykos, 5 al gruppo dei Pittori dell’Anabates, Creusa e Dolone. In seguito, si propone l’analisi sia della distribuzione geografica di tali ceramiche che dei contesti tombali in cui erano inseriti, osservando in primo luogo che si tratta in prevalenza di vasi singoli, perlopiu crateri. Alcune riparazioni antiche indicano che la loro acquisizione e avvenuta in un momento precedente quello della deposizione in tomba : si avanza quindi qualche riflessione a proposito della composizione dei corredi funerari, che mostrano sensibili differenze. In area daunia (Canosa, Lavello) si segnala, infatti, l’inserimento in corredi femminili di altissimo livello, mentre in territorio nord-lucano (Ruvo del Monte, Serra di Vaglio) emerge il probabile significato salvifico delle scene di ratto ; al contrario, i corredi rinvenuti altrove non sono riconducibili a modelli precisi, specie quelli riferibili ai Lucani. In appendice sono infine elencati altri otto vasi rinvenuti a Rivello - Serra la citta, in un contesto culturale diverso da quello della mesogaia, e di cui e necessario approfondire l'inquadramento filologico in relazione al piu generale problema del « Gruppo intermedio ».
1. L'attenzione particolare su questa polis scaturisce naturalmente dall'ormai ben nota tomba del... more 1. L'attenzione particolare su questa polis scaturisce naturalmente dall'ormai ben nota tomba dell'"uovo di Elena" 1 , la cui interpretazione in chiave misterica fonda sulla eccezionalità del corredo, databile nello scorcio finale del V secolo a.C., ma appare rafforzata anche dalla rarissima presenza di un fregio dipinto all'interno della cassa: elemento quest'ultimo da cui prenderò le mosse. Sulla parte alta delle pareti correva un ramo in verde-azzurro da cui si protendono coppie di foglie lunghe e lanceolate dello stesso colore, alternate (in una sequenza non più ricostruibile) a fiori resi "a macchia", ravvivati in rosso cupo; impossibile escludere con assoluta certezza che si tratti di olivo, ma appare più probabile s'intendesse riferirsi all'alloro (Fig. 1). Gioca a favore la possibilità di ricollegarsi direttamente alla serie di alberi ed arbusti "privilegiati"; secondo un "codice" botanico "pitagorico", l'alloro, al pari di quercia, mirto, "cedro" (probabilmente una varietà di ginepro) e cipresso, è infatti compreso nell'elenco di piante considerate inerenti la sfera divina, di cui, secondo Giamblico di Calcide (Vita di Pitagora, XXVIII, p. 154 ss.), era vietato l'uso per scopi comuni o volgari. Tale "codice", cui sembrano far riferimento i rami probabilmente di mirto delle ghirlande raffigurate sulle pareti della seconda tomba (beta) di Derveni 2 , è richiamato anche dal passo di Plinio il Vecchio (NH XXXV 1,60) relativo alle esequie, nel 27 a.C., di Marco Terenzio Varrone, appunto sepolto «pythagorico modo in myrti et oleae atque populi nigrae foliis». L'attribuzione di un forte valore simbolico alle foglie trova peraltro conferma, in un contesto storico e cronologico diverso, nelle due laminette auree iscritte rinvenute a Pélinna (in Tessalia) in una sepoltura femminile della fine del IV secolo a.C. 3 , ritagliate a forma di foglia d'edera, pianta "dionisiaca" per eccellenza 4 (Fig. 2). * Ministero Beni Culturali, già Soprintendente per i Beni Archeologici della Basilicata, Toscana e Roma (angelobottini@ libero.it). 1 Bottini 1988, Bottini 1992, pp. 64-85, cui si rimanda per tutti gli aspetti qui accennati. 2 Bottini 1992, p. 136. 3 Bottini 1992, p. 129 ss. La cassa è stata riaperta per collocarvi un vaso in bronzo contenente le ceneri di un bambino; a questa seconda deposizione va riferita una moneta di bronzo di Antigono Gonata, la cui data di ascesa al trono (283 a.C.) costituisce un terminus ante quem non per la manomissione. All'esterno sono state rinvenute due statuette fittili, una delle quali raffigurante una Menade. La donna inumata recava in bocca una piccola moneta d'oro, raffigurante il volto della Gorgone; le due laminette erano invece poste sul petto, in posizione simmetrica: Bernabé, Jiménez San Cristóbal 2008, p. 61 ss. e p. 297: «Dionysiac ivy, the figure of the maenad, and the Orphic text are associated symbolically in this burial». 4 Tzifopoulos 2010, p. 69 ss.; Ferrari 2014.
The study analyses a series of bronze artefacts, mostly containers, found in graves dating back t... more The study analyses a series of bronze artefacts, mostly containers, found in graves dating back to the period ranging from 7th cent. until 3rd cent. B.C. and belonging to the indigenous populations settled in the territory of coeval Basilicata. The main scope of the paper is to draw a distinction, based inter alia on the manufacturing methodologies, among imported items ( from Etruria, Greece and beyond), metallurgical objects produced by colonial poleis (particularly Sybaris and Metapontion) and by some indigenous centers.
Il V sec. a.C, visto di solito come un periodo di crisi nel mondo della Magna Grecia (ma che vede... more Il V sec. a.C, visto di solito come un periodo di crisi nel mondo della Magna Grecia (ma che vede la comparsa delle nuove compagini italiche), si apre con la distruzione di Sibari. Ad essa corrisponde il disfacimento della cultura degli Enotri, gia in crisi per l'ascesa di Metaponto e della gemella Poseidonia, favorevole invece alla crescita delle genti site nel cuore dell'odierna Basilicata. ; Piu ad Oriente, elemento saliente del periodo sono le guerre che contrappongono gli Apuli a Taranto, pur legati (specie della penisola salentina) da un intenso processo di ellenizzazione destinato peraltro a continuare, seppure in forme diverse, nelle fasi seguenti. Il compiersi dell'etnogenesi lucana (presa di Poseidonia), avviatosi proprio in seguito agli avvenimenti precedenti, costituisce il vero momento di svolta di questo secolo, che termina cosi con la nascita della prima entita statuale italica.
Les Cahiers du Centre de recherches historiques, 1989
Ce document a été généré automatiquement le 19 avril 2019. Article L.111-1 du Code de la propriét... more Ce document a été généré automatiquement le 19 avril 2019. Article L.111-1 du Code de la propriété intellectuelle. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Angelo Bottini Dans son livre The Western Greeks, T.J. Dunbabin commentait par ces mots les quelques pages qu'il y consacrait à Métaponte. Il résumait ainsi notre connaissance du monde indigène de la Basilicate et des rapports que ce monde entretenait avec les colons grecs installés sur les côtes de la région. Aujourd'hui encore, rien, dans ces propos, ne peut être tenu pour complètement faux. Mais un quart de siècle de recherches historiques (qui ont débuté avec la création de la « Surintendance archéologique » de Basilicate, en 1964) nous permet désormais, comme on va le voir, d'esquisser une histoire de ces régions à l'époque antique tout à fait différente de celle que retenaient les chercheurs de la génération précédente-surtout pour la période comprise entre le début de la colonisation grecque et l'entrée dans la sphère d'influence romaine, c'est-à-dire entre le VIII e et le III e siècle avant J.-C. Jetons d'abord un coup d'oeil à la géographie. La Basilicate d'aujourd'hui, c'est l'antique Lucanie, à l'exception de presque toute sa bande côtière le long de la Mer tyrrhénienne, qui est actuellement exclue de la Basilicate et fait partie de la Campanie. Elle se présente comme une région avant tout montagneuse, où l'on ne trouve qu'une seule vraie plaine, sur les côtes de la Mer Ionienne. D'autre part, sur le versant oriental, sa bordure de collines correspond à des bandes de territoire apulien (de Daunie ou de Peucétie) limitées en extension, mais historiquement très importantes, et qui ont été rattachées à la Basilicate après l'époque classique. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009 De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009 AUTEUR ANGELO BOTTINI Angelo BOTTINI est directeur des Antiquités archéologiques de Basilicate.The Basilicata is not an attractive or fertile country, though it was perhaps less barren and treeless in Antiquity. It is now one of the poorest regions of Italy. The Greeks very reasonably stayed in their rich plain and left the windy barren mountains to their own people. De l'archéologie à l'histoire : le cas de la Basilicate italique Les Cahiers du Centre de Recherches Historiques, 4 | 2009
Melanges De L Ecole Francaise De Rome Antiquite, Jun 15, 2012
Il cratere a calice a f.r. (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) con la rappresentazione d... more Il cratere a calice a f.r. (oggi alla Bibliothèque Nationale di Parigi) con la rappresentazione della discesa all'Ade, narrata nel libro XI dell'Odissea, è una delle realizzazioni più importanti del P. di Dolone, operante con certezza a Metaponto; oltre la qualità particolarmente elevata, lo segnala la forma stessa, assai poco frequente, e la sostituzione del consueto lato B di genere con una seconda scena di soggetto epico-mitologico, il giudizio di Paride. Ai piedi di Odisseo, assistito da due compagni, in modo analogo a com'è talora raffigurata quella di Orfeo vaticinante, emerge la testa dell'indovino Tiresia, che godeva del privilegio straordinario di continuare ad essere autoconsapevole anche dopo la morte : lo stesso che anche a Pitagora sosteneva di aveva ottenuto e che i suoi adepti speravano di avere a loro volta, allo scopo-come indicano anche alcune laminette auree iscritte-di sfuggire alla reincarnazione. Appare dunque probabile che la scelta di questo particolare soggetto (presente solo su di un altro vaso a f.r., di fabbrica attica) si debba ad un iniziato, quale testimonianza di fede destinata ad essere compresa solo da coloro che la condividevano. Gli scarsissimi dati circa il luogo di rinvenimento, avvenuto verso il 1840 nel territorio di Pisticci, allora molto più vasto di oggi, fino ad includere la stessa Metaponto, non consentono di stabilire se appartenesse, come numerosi altri vasi a f.r. (fra cui anche il cratere eponimo del Pittore), ad un corredo tombale dell'importantissimo insediamento italico o a quello di un greco abitante nella chora. Dal momento che però nelle tombe contemporanee di questi ultimi proprio il cratere è una delle forme meno frequenti, pur essendone testimoniata la presenza in altri contesti, la prima ipotesi appare al momento più probabile. Si osserva tuttavia che questa incertezza non influisce sulla interpretazione proposta, dal momento che la predicazione pitagorica non distingueva volutamente fra Greci e barbari. Metaponto, Pisticci, Tiresia, Pitagora, P. di Dolone, cratere a calice One of the most important Dolon Painter works, definitely active in Metaponto, is the red-figured calyx krater (today at The National Library in Paris) with the descent to the Underworld, mentioned in the XI th Odyssey book. At Odysseus' feet, that is assisted by two of his fellows, emerges the fortune-teller Tiresias' head, who had the extraordinary power of self-consciousness after death : also Pythagoras claimed to have it and his followers hoped to obtain it to avoid reincarnation. Probably this rare subject (known just on another attic red-figured vase) belongs to a initiate. It seems to be a testimony of faith understandable just by who shared it. The discovery dates back to 1840 in Pisticci territory (at that time much wider than now), but the scant finding data do not allow to relate it to the near italic settlement, as many other red-figured vases, or to a Greek inhabitant of the chora. Given that the (well preserved) krater is one of the most unusual shapes known in Metaponto, the first hypothesis seems to be most likely. However, this uncertainty does not influence the suggested interpretation, because Pythagorean preaching does not discern between Greeks and barbarians.
La expresión del estatus social del difunto a través del lenguaje del ritual funerario es un fenó... more La expresión del estatus social del difunto a través del lenguaje del ritual funerario es un fenómeno común en muchísimas sociedades. En la Italia prerromana, sobretodo en área etrusco-lacial, son bien conocidos los casos de las sepulturas de época orientalizante, connotadas por la acumulación y la exhibición de bienes de prestigio, a menudo de finísima factura. Superando los límites culturales y cronológicos del Orientalizante existen casos de sepulturas excepcionales, sea desde el punto de vista del número de materiales de su ajuar y del significado que estos transmiten, sea por lo que respecta a la complejidad del ritual funerario al que fueron sometidos. El evento traumático que simbolizan-la pérdida de individuos fuera del común-justifica el recurso a formas de lujo extremo y, quizás, el aislamiento del difunto en la necrópolis. Más allá de la transposición en términos materiales del prestigio y del rango del difunto, ¿qué nos dicen estas sepulturas sobre los grupos sociales a los que pertenecían? ¿Cómo se posicionaron estas figuras en el contexto histórico que entre finales del s. VI e inicios del s. V a.C. estaba por transformar el Mediterráneo antiguo? Para reflexionar sobre estas preguntas presentaremos y discutiremos en el presente encuentro algunos ejemplos de tumbas singulares de la Magna Grecia y del Piceno cuyo nexo de unión es la exageración en la organización de sus ajuares. El objetivo es el de superar el nivel de fascinación que provoca este tipo de hallazgos para alimentar un debate sobre los contextos históricos y arqueológicos del que formaron parte.
I volumi pubblicati in questa collana si avvalgono di peer review da parte di due referees di cui... more I volumi pubblicati in questa collana si avvalgono di peer review da parte di due referees di cui uno esterno al comitato scientifico. L'elenco dei referees è conservato presso la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici di Matera e pubblicato ogni due anni sul sito
Ogni volume è sottoposto a doppio referee anonimo. identità e conflitti tra daunia e lucania prer... more Ogni volume è sottoposto a doppio referee anonimo. identità e conflitti tra daunia e lucania preroMane a cura di
Bottini / Graells 2019: A. Bottini, R. Graells i Fabregat, Armi ed armamento nella mesogaia fra V... more Bottini / Graells 2019: A. Bottini, R. Graells i Fabregat, Armi ed armamento nella mesogaia fra VI e IV secolo. In O. de Cazanove / A. Duplouy (Éds.), La Lucanie entre deux mers, Paris 5-7 Novembre 2015, Collection du Centre Jean Bérard, 50, Napoli, pp. 831-863.
R. Graells / A. Bottini, Una jarra ‘rodia’ en la necrópolis de El Molar (San Fulgencio, Alicante)... more R. Graells / A. Bottini, Una jarra ‘rodia’ en la necrópolis de El Molar (San Fulgencio, Alicante). LVCENTVM, XXXVI, 2017, 33-40.
L'ultimo cavalliere: una nuova datazione della seconda
deposizione della tomba 669 di Lavello. Bo... more L'ultimo cavalliere: una nuova datazione della seconda deposizione della tomba 669 di Lavello. Bollettino di Archeologia Online. Roma (Italy): Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, ISSN 2039-0076
Scopo di questo lavoro è la revisione della documentazione riguardante la panoplia trovata nella ... more Scopo di questo lavoro è la revisione della documentazione riguardante la panoplia trovata nella tomba 103 di Braida di Vaglio grazie a un'analisi filologica e allo studio del più ampio contesto delle armi e armature italiche rinvenute nell'area nord-lucana e nella Daunia ofantina tra il VI e l'inizio del V sec. a.C.
ANGELO BOTTINI – AZZURRA SCARCI
Torre di Satriano: old discoveries, new dates
This paper takes ... more ANGELO BOTTINI – AZZURRA SCARCI
Torre di Satriano: old discoveries, new dates
This paper takes a further look at a small group of graves first published in the 1960s by R. Ross Holloway. They were from two burial grounds. One lies “some 700 metres northwest of the hilltop”. The other is on the “Faraone 1” site in the Torre Satriano area, home to an important “nord-lucana” Italic community researched by M. Osanna.
The original fifth century date given to the graves has been backdated to the seventh or the first decades of the sixth century. This has followed a philological reexamination of the grave goods, in the light of recent research into the differences between offensive and defensive weapons. This now places the graves among the
earliest yet found in the area.
MARIANNA CASTIGLIONE
The Kharayeb (Tyre) models in a Mediterranean landscape:
evidence of Greek culture in Hellenistic Phoenicia?
The paper presents some terracotta Hellenistic statuettes found in the Kharayeb sanctuary in Lebanon, active between the seventh and first centuries BCE. It illustrates just how much Greek culture had seeped into such a “peripheral” context as the hinterland of ancient Tyre. The images chosen are for the most part so-called Hellenistic koinè. These can be found throughout the Mediterranean world. The debate revolves around how much these are evidence for the local culture’s servile adhesion to, or autonomous adaption to the Greek, or whether they are nothing more than local craftsmen’s adaption to market trends.
LUCILLA DE LACHENAL
Giustiniani digressions: the «Fauno antico ... in atto di gridare» and its restoration.
A collector’s item
The paper discusses the bust of a satyr of the same type as a bronze example found in Herculaneum. In the first decades of the seventeenth century it was in the Giustiniani Collection. The extraordinary quality of its manufacture has made it celebrated and appreciated through the centuries. Even its careful and limited restoration in the 1600s has been considered a mark of distinction, tying it to
a very specific cultural mood, until now little noted by the critics. The brothers Benedetto and Vincenzo Giustiniani were no doubt a part of this movement, both refined collectors and the first owners of this ancient marble.
SYLVIA DIEBNER – FRANCESCA LEMBO FAZIO
A museum to house the Torlonia collection of ancient artefacts:
two of Vincenzo Fasolo’s projects in the post war years
Post 1940 the architect Vincenzo Fasolo found himself drawing up plans for a “Museum for ancient artefacts” within Villa Torlonia in Roma. The idea was to transfer the Torlonia Collection from the rooms it was housed in in Via della Lungara. The blueprints for his work are in the Fasolo Archives kept in the Archivio Storico Capitolino. Fasolo had two differing architectural approaches to the job. They illustrate the stylistic and museographic changes going on in said debate during the years after the Second World War. Neither of the two proposals ever saw the light of day.
LUCILLA DE LACHENAL
From the Torlonia Museum in Via della Lungara to the exhibition in Palazzo Caffarelli.
A history of protecting archaeological patrimony in private hands
The paper, as can be seen from the subtitle above, presents the history of the Ministry’s activity in the preservation of a particularly excellent collection of antiquities, that of Prince Torlonia. This activity has run from the late 1800s up to the present day.
The various operations that the State undertook are illustrated, in its protection of one of the largest and interesting patrimonies of Rome. On top of this, following the demolition, in 1892, of the family’s palace that had stood in what is now Piazza Venezia, the Galleria Nazionale di Arte Antica was enriched with a
donation of paintings and sculptures. The draughting of better articulated protective legislation since the early 1900s has placed many important restrictions on the collections of antiquities housed in the Torlonia
family’s various palaces and villas. At the same time a better and more adequate arrangement is being sought for the collection of marble sculpture housed in Via della Lungara, which over the years has remained closed to the public.
DANIELE SANGUINETI
Precisions over Van Dyck and the altarpiece for Francesco Orero in the Church of San Michele di Pagana
The paper examines the only altarpiece left by Anton Van Dyck in the ancient Republic of Genoa. It was commissioned by the merchant Francesco Orero for the noble chapel in the Church of San Michele di Pagana, near Rapallo.
Until now it was believed that the parish accounts indicated that Orero, in 1627, had funded the construction of a “new chapel”. Actually, more careful reading of the accounts entry shows that it refers to a shrine dedicated to Sant’Orsola, furnished with an altarpiece in 1628 by Orazio Bisagno. From a detailed analysis of Orero’s will, drawn up in 1643, it becomes clear that the family chapel was as yet unfinished. The importance of the role of his brother Bernardo in finishing the furnishings also emerges. Just two months after the death of his brother in 1644, he drew up a contract to commission two sculptors, Francesco Falcone and Battista Barberino,
active in Genova at the time.
CRISTIAN PRATI
The Oratorio del Serraglio in San Secondo Parmense:
reflections, news and observations on the restoration
The paper pieces together the main events during the construction of the Oratorio del Serraglio in San Secondo Parmense, with its extraordinary decoration by Ferdinando Galli Bibiena (1657–1743) and Sebastiano Ricci (1659–1734). It hopes to shed light on a series of as yet unpublished observations made during the recent restoration and consolidation, part of a broader and more complex operation to conserve the Oratory. Thanks to scaffolding it was possible to get a privileged close up view of the work. As a result it we could check things that had previously been left undocumented. Though there is no new archive evidence, the paper illustrates certain elements that have so far only marginally been treated in the past. These include the numerous restorations the work was subject to during the 1900s, unfortunately not always well documented.
GILDA P. MANTOVANI – FABRIZIO LOLLINI
Giovanni Sabadino degli Arienti, Martino da Modena and a refound codex for Ercole I d’Este
The paper focuses on a manuscript that was destroyed during the Second World War. There is, however, one photograph left and a description from an early 1900s pubblication. Until now overlooked, it was probably a dedicated copy of the anonymous Historia di Piramo et Tisbe, derived from the Ovidian tradition and staged
by Giovanni Sabadino degli Arienti, a celebrated humanist. His hand is clearly identifiable in the text. It documents the relationship with members of the court of Ferrara, Ercole in particular, to whom the codex is dedicated.
This was some time prior to Ercole’s rise to power following the death of his brother Borso in the summer of 1471.
RICCARDO LATTUADA
A new ‘Saint Michael’ by Cavalier d’Arpino:
the travels of a creation from Rome to Macerata, and from Macerata to Gragnano
The paper deals with the identification of a Saint Michael the Archangel by Giuseppe Cesari, Cavaliere d’Arpino (Arpino 1568 – Roma 1640). It was found in the Church of San Giovanni Battista in Gragnano, near Naples. The work is almost certainly the “cartoon” presented by the painter prior to the laying of Giovan Battista Calandra’s first micromosaic as an altarpiece in St Peter’s Basilica. The painting may have been part of the Barberini Collection in Rome. It was intended for the main altar of the church in the Franciscan monastery of Saint Michael the Archangel al Trivione in Gragnano. It’s not clear when it arrived at the monastery, but it may have been thanks to the Cardinal of Naples, Ascanio Filomarino.
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Papers by ANGELO BOTTINI
3rd cent. B.C. and belonging to the indigenous populations settled in the territory of coeval Basilicata. The main scope of the paper is to
draw a distinction, based inter alia on the manufacturing methodologies, among imported items ( from Etruria, Greece and beyond),
metallurgical objects produced by colonial poleis (particularly Sybaris and Metapontion) and by some indigenous centers.
3rd cent. B.C. and belonging to the indigenous populations settled in the territory of coeval Basilicata. The main scope of the paper is to
draw a distinction, based inter alia on the manufacturing methodologies, among imported items ( from Etruria, Greece and beyond),
metallurgical objects produced by colonial poleis (particularly Sybaris and Metapontion) and by some indigenous centers.
deposizione della tomba 669 di Lavello. Bollettino di Archeologia Online. Roma (Italy): Direzione Generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio, ISSN 2039-0076
Torre di Satriano: old discoveries, new dates
This paper takes a further look at a small group of graves first published in the 1960s by R. Ross Holloway. They were from two burial grounds. One lies “some 700 metres northwest of the hilltop”. The other is on the “Faraone 1” site in the Torre Satriano area, home to an important “nord-lucana” Italic community researched by M. Osanna.
The original fifth century date given to the graves has been backdated to the seventh or the first decades of the sixth century. This has followed a philological reexamination of the grave goods, in the light of recent research into the differences between offensive and defensive weapons. This now places the graves among the
earliest yet found in the area.
MARIANNA CASTIGLIONE
The Kharayeb (Tyre) models in a Mediterranean landscape:
evidence of Greek culture in Hellenistic Phoenicia?
The paper presents some terracotta Hellenistic statuettes found in the Kharayeb sanctuary in Lebanon, active between the seventh and first centuries BCE. It illustrates just how much Greek culture had seeped into such a “peripheral” context as the hinterland of ancient Tyre. The images chosen are for the most part so-called Hellenistic koinè. These can be found throughout the Mediterranean world. The debate revolves around how much these are evidence for the local culture’s servile adhesion to, or autonomous adaption to the Greek, or whether they are nothing more than local craftsmen’s adaption to market trends.
LUCILLA DE LACHENAL
Giustiniani digressions: the «Fauno antico ... in atto di gridare» and its restoration.
A collector’s item
The paper discusses the bust of a satyr of the same type as a bronze example found in Herculaneum. In the first decades of the seventeenth century it was in the Giustiniani Collection. The extraordinary quality of its manufacture has made it celebrated and appreciated through the centuries. Even its careful and limited restoration in the 1600s has been considered a mark of distinction, tying it to
a very specific cultural mood, until now little noted by the critics. The brothers Benedetto and Vincenzo Giustiniani were no doubt a part of this movement, both refined collectors and the first owners of this ancient marble.
SYLVIA DIEBNER – FRANCESCA LEMBO FAZIO
A museum to house the Torlonia collection of ancient artefacts:
two of Vincenzo Fasolo’s projects in the post war years
Post 1940 the architect Vincenzo Fasolo found himself drawing up plans for a “Museum for ancient artefacts” within Villa Torlonia in Roma. The idea was to transfer the Torlonia Collection from the rooms it was housed in in Via della Lungara. The blueprints for his work are in the Fasolo Archives kept in the Archivio Storico Capitolino. Fasolo had two differing architectural approaches to the job. They illustrate the stylistic and museographic changes going on in said debate during the years after the Second World War. Neither of the two proposals ever saw the light of day.
LUCILLA DE LACHENAL
From the Torlonia Museum in Via della Lungara to the exhibition in Palazzo Caffarelli.
A history of protecting archaeological patrimony in private hands
The paper, as can be seen from the subtitle above, presents the history of the Ministry’s activity in the preservation of a particularly excellent collection of antiquities, that of Prince Torlonia. This activity has run from the late 1800s up to the present day.
The various operations that the State undertook are illustrated, in its protection of one of the largest and interesting patrimonies of Rome. On top of this, following the demolition, in 1892, of the family’s palace that had stood in what is now Piazza Venezia, the Galleria Nazionale di Arte Antica was enriched with a
donation of paintings and sculptures. The draughting of better articulated protective legislation since the early 1900s has placed many important restrictions on the collections of antiquities housed in the Torlonia
family’s various palaces and villas. At the same time a better and more adequate arrangement is being sought for the collection of marble sculpture housed in Via della Lungara, which over the years has remained closed to the public.
DANIELE SANGUINETI
Precisions over Van Dyck and the altarpiece for Francesco Orero in the Church of San Michele di Pagana
The paper examines the only altarpiece left by Anton Van Dyck in the ancient Republic of Genoa. It was commissioned by the merchant Francesco Orero for the noble chapel in the Church of San Michele di Pagana, near Rapallo.
Until now it was believed that the parish accounts indicated that Orero, in 1627, had funded the construction of a “new chapel”. Actually, more careful reading of the accounts entry shows that it refers to a shrine dedicated to Sant’Orsola, furnished with an altarpiece in 1628 by Orazio Bisagno. From a detailed analysis of Orero’s will, drawn up in 1643, it becomes clear that the family chapel was as yet unfinished. The importance of the role of his brother Bernardo in finishing the furnishings also emerges. Just two months after the death of his brother in 1644, he drew up a contract to commission two sculptors, Francesco Falcone and Battista Barberino,
active in Genova at the time.
CRISTIAN PRATI
The Oratorio del Serraglio in San Secondo Parmense:
reflections, news and observations on the restoration
The paper pieces together the main events during the construction of the Oratorio del Serraglio in San Secondo Parmense, with its extraordinary decoration by Ferdinando Galli Bibiena (1657–1743) and Sebastiano Ricci (1659–1734). It hopes to shed light on a series of as yet unpublished observations made during the recent restoration and consolidation, part of a broader and more complex operation to conserve the Oratory. Thanks to scaffolding it was possible to get a privileged close up view of the work. As a result it we could check things that had previously been left undocumented. Though there is no new archive evidence, the paper illustrates certain elements that have so far only marginally been treated in the past. These include the numerous restorations the work was subject to during the 1900s, unfortunately not always well documented.
GILDA P. MANTOVANI – FABRIZIO LOLLINI
Giovanni Sabadino degli Arienti, Martino da Modena and a refound codex for Ercole I d’Este
The paper focuses on a manuscript that was destroyed during the Second World War. There is, however, one photograph left and a description from an early 1900s pubblication. Until now overlooked, it was probably a dedicated copy of the anonymous Historia di Piramo et Tisbe, derived from the Ovidian tradition and staged
by Giovanni Sabadino degli Arienti, a celebrated humanist. His hand is clearly identifiable in the text. It documents the relationship with members of the court of Ferrara, Ercole in particular, to whom the codex is dedicated.
This was some time prior to Ercole’s rise to power following the death of his brother Borso in the summer of 1471.
RICCARDO LATTUADA
A new ‘Saint Michael’ by Cavalier d’Arpino:
the travels of a creation from Rome to Macerata, and from Macerata to Gragnano
The paper deals with the identification of a Saint Michael the Archangel by Giuseppe Cesari, Cavaliere d’Arpino (Arpino 1568 – Roma 1640). It was found in the Church of San Giovanni Battista in Gragnano, near Naples. The work is almost certainly the “cartoon” presented by the painter prior to the laying of Giovan Battista Calandra’s first micromosaic as an altarpiece in St Peter’s Basilica. The painting may have been part of the Barberini Collection in Rome. It was intended for the main altar of the church in the Franciscan monastery of Saint Michael the Archangel al Trivione in Gragnano. It’s not clear when it arrived at the monastery, but it may have been thanks to the Cardinal of Naples, Ascanio Filomarino.