CANNES 2024 Semaine de la Critique
Recensione: Les Reines du drame
- CANNES 2024: Alexis Langlois usa i tropi del musical rock e l'immaginario di De Palma per raccontare una storia d'amore gay estrema, ma avrebbe potuto spingersi ancora oltre
Come saranno i social media e la cultura pop tra 25 anni? Nel primo lungometraggio di Alexis Langlois, Les Reines du drame [+leggi anche:
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scheda film], gli influencer esisteranno ancora nell'anno 2055 e saranno i custodi della storia. Il film della regista francese, presentato in anteprima alla Semaine de la Critique del 77mo Festival di Cannes, si apre con Steevyshady (interpretato dal vero influencer francese Bilal Hassani) che si rivolge direttamente al pubblico e ai suoi follower prima di raccontare l'epica e tumultuosa storia d'amore che ha generato tanti click cinquant’anni prima, ma che nel frattempo è stata dimenticata: quella tra la popstar adolescente Mimi Madamour (Louiza Aura) e la punk emarginata Billie Kohler (Gio Ventura). I loro nomi preannunciano già la loro storia melodrammatica: Mimi è pazza d'amore, mentre Billie ha problemi di rabbia (colère in francese).
Dai titoli di testa in poi, i lustrini riempiono lo schermo e Steevyshady stabilisce il tono campy dell'intera impresa con la loro stravaganza e con l'avvertenza che questo film non sarà adatto né a persone di destra né a persone omofobe. Irriverente e appassionato, il nostro ospite si guarda indietro in occasione del cinquantesimo anniversario dell'album di debutto di Mimi, quello che l'ha resa famosa e ha innescato il vortice romantico che avrebbe definito le vite di lei e Billie.
La musica è infatti una parte importante di questa storia d'amore e del film stesso. Nel 2006, la timida Mimi e la ribelle Billie si incontrano alle audizioni per un concorso canoro televisivo. La prima passa alla fase successiva, mentre la seconda finisce per essere cacciata dalla sala per aver urlato contro la commissione, ma tra le due ragazze, così diverse tra loro, si accende una scintilla irresistibile. La satira musicale rock di Brian De Palma, Il fantasma del palcoscenico, è un'evidente ispirazione per queste scene di casting, in quanto Mimi viene allo stesso tempo criticata per il suo aspetto e le viene detto che tutti i suoi sogni si realizzeranno, ma Langlois traspone i codici del thriller grottesco e sgargiante alla De Palma per raccontare una storia queer, facendo emergere l’affettazione insita nello stile esagerato e conflittuale del regista statunitense. Inevitabilmente, Mimi subisce un restyling completo per essere trasformata in una starlette più mainstream e sessualizzata, una vendita faustiana della sua anima e della sua identità. Abbiamo quindi una storia di clandestinità: Mimi deve nascondere la sua omosessualità se vuole rimanere popolare. Mentre tutte le canzoni del film sono piuttosto ridicole, quelle di Mimi sono inni alle idee etero-patriarcali di femminilità, mentre quelle di Billie sono esplicite, gay all’ennesima potenza ed estremamente arrabbiate.
Le due ragazze cercano di frequentarsi in segreto, scrivendo insieme una canzone che recita "You fist me up to my heart" (lett. "Mi hai pugnalato al cuore"), la cui aperta volgarità mista a tenerezza ricorda le opere di Gregg Araki e Yann Gonzales. Tuttavia, il successo di Mimi le allontana presto e tra le ex amanti inizia una grande faida. Con riferimenti agli scandali da tabloid di Britney Spears e all'appetito di Madonna per il botox, oltre a uno stile visivo e a un tono che a tratti sfiora il territorio di Ru Paul's Drag Race, Les Reines du drame racconta una storia classica abbracciando gli estremi con umorismo e assoluta sincerità. Iniziando il suo racconto nel 2005, Langlois gli conferisce anche un taglio politico, ricordandoci che la Francia era ancora molto omofoba solo vent’anni fa. Quando poi veniamo portati nel 2055, entriamo in un regno fantastico che si adatta allo stile generale del film e al suo tono favolistico: tutto sarà possibile allora.
Con l’intenzione di mostrare la queerness sotto una luce drammatica ma non tragica, Langlois non si spinge sempre abbastanza in là nel dolore che i suoi personaggi sopportano, e Les Reines du drame alla fine è, paradossalmente, piuttosto rassicurante. Le convenienti svolte narrative sgonfiano il film della sua energia e lo rendono prevedibile, ma rimane comunque soddisfacente veder riproporre il cinema di genere per raccontare una storia così sentita, queer e felice.
Les Reines du drame è prodotto dalla francese Les Films du Poisson e dalla belga Wrong Men. Charades gestisce le vendite internazionali.
(Tradotto dall'inglese)
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